Sviluppato e pubblicato da PATRONES & ESCONDITES, PINEAPPLE: A Bittersweet Revenge è un singolare nonché stravagante avventura narrativa story-driven con fugaci mini giochi, tutto in 2D in stile cartoon che fornisce al gioco una forte identità. Noi abbiamo affrontato questa inusuale vendetta su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione. Pronto a scoprire come affrontare i bulli con stile?
PINEAPPLE: A Bittersweet Revenge e la condanna dei bulli
PINEAPPLE: A Bittersweet Revenge sembra un’opera surreale e invece ha solide basi “realistiche” oltre a un messaggio di fondo che merita attenzione. Per quanto riguarda la nascita stessa del progetto, bisogna andare su 4chan e, in particolare, su un post di un utente anonimo che affermava di aver affrontato il proprio bullo usando l’ananas… “In che senso?” ti starai chiedendo, ebbene lo scopriamo subito.
Ma prima partiamo dall’incipit: il protagonista della storia ha quindici anni ed è totalmente anonimo. Non sappiamo se è un maschio o una femmina e non ha alcuna importanza ai fini della storia. Non conosciamo neanche il suo volto visto che questi viene letteralmente bollato da un bollino della frutta con su scritto “Don’t Panic, it’s organic”. Siamo però a conoscenza del fatto che impersoniamo uno studente “nuovo”, appena arrivato a scuola e che si ritrova sin da subito col fare i conti con la bulla più temuta dell’istituto.

Tale bulla, denominata “Strega”, inizia sin da subito a bullizzarci esordendo su schermo chiedendoci di leccare un bombolone che ha amorevolmente gettato in un WC. Ma è quando nello stesso WC ci finisce il nostro cellulare che la situazione cambia. Il nostro anonimo protagonista, infatti, decide di non voler più sopportare le angherie della Strega e inizia a pedinarla e ad appuntare ogni sua mossa, luogo visitato, persone conosciute, hobby e quant’altro. Tutto.
Non per niente, ad accompagnarci durante l’avventura, avremo sempre a portata di mano un piccolo quaderno con su scritte innumerevoli note e appunti proprio inerenti la vita della Strega. Tali note sono solo un cenno del background che compone la nostra nemesi che, neanche a dirlo, diventerà presto la nostra vittima. Come? Grazie al sapiente utilizzo di un ananas. PINEAPPLE: A Bittersweet Revenge viene definito dai suoi stessi sviluppatori come un “simulatore di scherzi” ma diventa ben presto molto di più, quasi un trattato sul bullismo e sulle sue conseguenze.

Tornando all’ananas, però, il suo stravagante utilizzo è molto semplice: posizionarla in punti e momenti propri e “personali” della Strega, spingendola così in una sorta di follia. Questo perché l’ananas diventerà una forma di ossessione “surreale” e da elemento inizialmente ironico, si trasformerà in una vera e propria “arma”. Tutto questo in un arco narrativo dalla durata decisamente bassa (bastano un paio d’ore per completare il gioco) e senza finali alternativi.
PINEAPPLE: A Bittersweet Revenge è infatti un racconto lineare e discretamente “rapido” ma che riesce, nonostante la durata sotto la media, a comunicare con efficacia il suo messaggio e a lasciare un segno su una tematica, quella del bullismo, da non sottovalutare mai, soprattutto oggi che ha conquistato “nuovi volti” e sfumature. Possiamo quindi definire la narrazione di PINEAPPLE: A Bittersweet Revenge quasi “pedagogica” nella sua immediatezza e delicatezza.

Una storia interattiva
PINEAPPLE: A Bittersweet Revenge è un’avventura narrativa in 2D incentrata su una serie di stravaganti minigiochi che ricordano, neanche troppo velatamente, Wario Ware. Inutile dire che ogni attività è legata all’atto pratico di dar vita allo scherzo di turno e sì, oltre al protagonista anonimo non manca mai l’ananas. La durata dei mini giochi e la loro complessità sono molto bassi e il motivo è dovuto alla natura mobile del titolo.
Infatti, nella versione da noi testata, ossia per Nintendo Switch, è proprio la modalità portatile a spiccare per immediatezza ed efficacia, grazie a comandi touch immediati e coinvolgenti. Viceversa, la modalità in doc presenta comandi non sempre pratici e intuitivi e rende il tutto leggermente meno coinvolgente. A ciò si sommano anche alcune piccole sbavature di gameplay come il dover procedere orizzontalmente senza farsi vedere dagli altri studenti ma con alcuni di questi che noi stessi non riusciamo a vedere… essendo così impossibilitati dal prevedere la loro posizione.

Piccolezze in un titolo che, più che ludico, vuole fornire un messaggio importante attraverso una storia surreale e gradevole usando l’ironia per parlare di qualcosa di molto serio. E se tecnicamente non possiamo elogiarlo più di tanto, sulla varietà di situazioni possiamo spendere qualche parola in più. Se è vero che si tratta di “momenti ludici” è altrettanto vero che sono variegati a sufficienza spaziando da situazioni più fisiche ad altre di precisione, spaziando da puzzle a rudimentali fasi stealth.
Oltre al momento “mini gioco” c’è quasi sempre un enigma testuale da risolvere che sia la combinazione di un lucchetto o una password. In questi momenti, il quaderno a nostra disposizione diventa essenziale nonché unico e concreto strumento in grado di fornirci le risposte che cerchiamo. Banalmente, si tratta di leggere una serie di appunti, accompagnati da simpatici scarabocchi, e individuare la combinazione e/o indizio di turno.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, nonostante animazioni abbastanza grezze, soprattutto quando PINEAPPLE: A Bittersweet Revenge diventa più ludico, abbiamo molto apprezzato lo stile cartoonesco del titolo che riesce a dare una buona identità all’opera. Il suo essere surreale, ironico e quasi no-sense da forma a un’esperienza a suo modo unica e memorabile che colpisce nel segno e si lascia godere da inizio alla fine.
Anche il sonoro occupa un ruolo essenziale considerando che in ogni capitolo, gli “scagnozzi” della strega si esibiranno in una sorta di grezza canzoncina riassuntiva. Anche in questo caso, le sonorità sono spesso ovattate, “lontane” e non sempre limpide ma la loro natura imprecisa, fusa allo stile del titolo e al suo tono scanzonato e folle, dona vita a una coesione efficace. Nota finale per la mancata presenza dei sottotitoli in lingua italiana, un’assenza che si percepisce non poco considerando l’importanza della narrazione del gioco.