Il fragore dei proiettili, la luce al neon che filtra tra le macerie e il ritmo martellante di una colonna sonora elettronica che scandisce la violenza. Fin dai suoi primi minuti, Metal Eden non lascia spazio ai dubbi: è un titolo che vuole scuoterti, trascinarti in un universo distopico dove la bellezza si nasconde tra fumo, metallo e sangue digitale. Sviluppato dallo studio indipendente ScatheWorks, il gioco si colloca a metà strada tra gli sparatutto old-school e le esperienze moderne isometriche in stile Ruiner, proponendo un cocktail esplosivo di estetica cyberpunk, gameplay adrenalinico e un mondo narrativo intriso di simbolismi religiosi e visioni apocalittiche.
Metal Eden si presenta come un omaggio al caos controllato, al ritmo forsennato e al desiderio di redenzione in un universo corrotto. Un titolo che non cerca di essere comodo né accessibile: vuole farti sudare, farti reagire e ricordarti che, anche in mezzo a un inferno di acciaio e pixel, l’uomo continua a cercare un paradiso perduto.
Dopo anni in cui il panorama degli shooter cyberpunk sembrava essersi cristallizzato tra reinterpretazioni di DOOM e varianti roguelite, Metal Eden tenta di riportare brutalità e stile in un genere spesso abusato. E ci riesce, almeno in parte, con un’identità forte, una direzione artistica potente e un gameplay che alterna estasi e frustrazione in parti quasi uguali.

Gli eventi di Metal Eden
La narrazione di Metal Eden si muove in un futuro in cui la Terra è ormai un campo di rottami. Le grandi corporazioni hanno vinto, l’umanità si è rifugiata in città verticali governate da IA e tecnosette religiose. In questo scenario, interpreti un mercenario privo di memoria — un “Risen”, risvegliato da un esperimento fallito — catapultato in una guerra che mescola ideali di purificazione e controllo.
L’obiettivo è apparentemente semplice: risalire i livelli della megalopoli di Eden Prime, eliminando gli agenti corrotti che ne difendono il nucleo centrale, un’intelligenza artificiale nota come Mother Eden, che promette salvezza attraverso la sottomissione totale. Tuttavia, dietro la superficie metallica e la narrazione da sparatutto lineare, si nasconde una trama più stratificata. Ogni missione rivela frammenti di un passato in cui il protagonista — e forse il giocatore stesso — è complice della distruzione che cerca di fermare.
Il racconto di Metal Eden non si limita a fornire un pretesto per le sparatorie. È un’esperienza che parla di fede e di colpa, di tecnologia come nuova divinità e dell’uomo che tenta di ritrovare un senso in un mondo ormai privo di umanità. La scrittura, pur asciutta, è ricca di simbolismi: i boss rappresentano peccati capitali trasformati in macchine senz’anima, le aree di gioco sono veri e propri “livelli dell’inferno digitale”, ognuno con un tono e un tema distintivo.
L’ambientazione è ciò che colpisce di più. Eden Prime è una metropoli stratificata, un dedalo di luci artificiali, catene industriali e architetture gotiche in acciaio. Ogni distretto racconta visivamente la decadenza di una civiltà che ha sostituito la carne con il ferro. L’atmosfera cyber-religiosa del gioco è così coerente e immersiva da risultare ipnotica, e anche nei momenti di pausa la sensazione di oppressione non scompare mai.
Pur non puntando tutto sulla narrativa, Metal Eden costruisce un universo solido, disturbante e affascinante, in cui l’azione è solo una delle tante espressioni del caos.

Gameplay solido, coinvolgente e divertente
Al centro dell’esperienza c’è il gameplay: rapido, violento, preciso. Metal Eden riprende la struttura dei twin-stick shooter, ma la arricchisce con una mobilità sorprendente e un sistema di potenziamenti che fonde elementi da roguelite e hack’n’slash. Il giocatore può alternare armi da fuoco, attacchi corpo a corpo e poteri cibernetici in una danza letale che richiede riflessi e intuito.
Ogni arma ha un peso, un ritmo, un feedback visivo e sonoro che restituiscono una sensazione di fisicità quasi tangibile. Le pistole a impulsi aprono varchi tra i nemici, i fucili al plasma creano esplosioni devastanti, le lame energetiche permettono di scattare in mezzo ai proiettili in una frenesia visiva che ricorda i migliori momenti di DOOM Eternal. A differenza di quest’ultimo, però, Metal Eden preferisce una prospettiva isometrica e un ritmo più tattico: sopravvivere non significa solo uccidere in fretta, ma capire come usare l’ambiente a tuo vantaggio.
Le arene di combattimento sono costruite come piccoli labirinti dinamici, pieni di coperture distruttibili e trappole ambientali. Ogni scontro è un puzzle d’azione, dove movimento e mira contano quanto la gestione delle risorse. L’intelligenza artificiale nemica, pur non perfetta, è aggressiva e costringe il giocatore a restare in movimento costante.
Uno degli elementi più riusciti è il sistema di potenziamento biomeccanico. Durante l’esplorazione raccogli frammenti di dati e materiali che ti permettono di innestare nuove capacità: scatti potenziati, riflessi temporali, scudi di energia, droni alleati. Queste abilità possono essere combinate in modo libero, creando build uniche che modificano profondamente il modo di affrontare i combattimenti.
Il gioco alterna sezioni d’azione frenetica a momenti di esplorazione più calma, in cui puoi scoprire terminali, collezionare log narrativi e migliorare l’equipaggiamento. Tuttavia, non mancano gli aspetti ruvidi: alcuni checkpoint sono mal posizionati, costringendo a ripetere intere sequenze; e la difficoltà, già alta di base, può diventare frustrante nelle boss fight più avanzate, dove la finestra d’errore è minima.
Nel complesso, però, Metal Eden riesce a unire intensità e profondità. Ogni scontro è un test di abilità, ogni upgrade una scelta che conta. Non si tratta solo di sparare: è un balletto di sangue, acciaio e precisione.

Tecnicamente
Sul fronte tecnico, Metal Eden colpisce da subito. L’uso dell’Unreal Engine 5 consente di creare un mondo visivamente spettacolare anche con una prospettiva isometrica: le luci volumetriche, i riflessi sulle superfici metalliche e la nebbia industriale creano un senso di profondità impressionante. L’estetica cyber-gotica è il cuore pulsante del titolo e dimostra una cura artistica degna di produzioni ben più grandi.
La direzione artistica è forse il suo aspetto più memorabile. I colori freddi, le luci rosse intermittenti, il contrasto tra metallo e organico: tutto contribuisce a creare una sensazione costante di tensione e fascino decadente. Ogni schermata sembra un quadro digitale, ogni esplosione una pennellata di caos.
Il comparto sonoro amplifica l’esperienza. La colonna sonora — un mix di synthwave e industrial — scandisce i combattimenti con ritmo incalzante e aggressivo, mentre gli effetti audio donano peso a ogni proiettile e fenditura. Anche il doppiaggio, pur limitato, è di buon livello, con voci metalliche e filtrate che si sposano perfettamente con l’atmosfera.
Dal punto di vista delle prestazioni, il gioco gira in modo stabile su tutte le piattaforme principali. Su PC è possibile spingersi fino ai 120 fps, mentre su console mantiene un frame-rate fluido anche nelle fasi più caotiche. Gli unici problemi riscontrabili riguardano qualche bug minore di collisione e caricamenti leggermente lunghi in alcune aree.
