Sviluppato da Archmage Games Studio e pubblicato in sinergia con Ultimate Games, God of Weapons è un gioco d’azione roguelike in terza persona 3D con telecamera fissa e con combattimenti automatici in arena contro orde di nemici procedurali. Noi ci siamo dedicati alla raccolta e al posizionamento di innumerevoli armi su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto a scalare la torre e a far stragi di nemici?
God of Weapons e una torre da scalare
Sul mondo sono calate le tenebre, l’ultima luce è stata rapita e ovunque regna caos e oscurità. Orde di nemici infestano il creato e la gente, ormai, è priva di qualsivoglia speranza. Questo è il fumoso e vago incipit di God of Weapons che vede un manipolo di anonimi combattenti, identificabili unicamente per classe d’appartenenza (a sua volta decisamente standard) dover affrontare valanghe di nemici all’interno di una certa torre di Zhor.
Purtroppo la narrazione di God of Weapons si esaurisce tutta qui, senza trovare spazio alcuno per lore, documenti descrittivi o dialoghi. I nostri eroi sono tutti rigorosamente muti e non c’è spazio per scambiare battute neanche coi nemici. Come se non bastasse, anche le location risultano tutte discretamente anonime e velocemente ripetitive. Il tutto perché il titolo punta unicamente al gameplay, sacrificando qualsivoglia tipologia di narrazione. Anche i nemici, infatti, sono orfani di caratterizzazione, risultando incredibilmente standard e dimenticabili.

L’arte di preparare il proprio inventario
L’assenza di narrazione è sì un peccato ma God of Weapons ha ben altri assi nella manica. Parliamo, infatti, di un gioco d’azione in terza persona 3D con visuale isometrica fissa (e quindi non regolabile manualmente) con combattimenti a orde a tempo in aree chiuse e ben delimitate, oltre che particolarmente strette e con regole da roguelike. Infine, il combat system è di tipo automatico, ciò significa che a noi tocca solo correre e schivare, e armi faranno il resto da sole, agendo autonomamente.
Il sistema di combattimento è quindi estremamente simile ad altre opere come il recentemente recensito Keeper’s Toll seppur con alcune e notevoli differenze. Se da un lato il sistema di combattimento automatico è il medesimo, ossia le armi che andremo man mano ad equipaggiare, agiscono letteralmente da sole colpendo i nemici in base alle loro rispettive priorità e seguendo il proprio range, dall’altro ci ritroviamo un sistema di gestione dell’inventario inedito.
O megli… inedito per questa tipologia di titoli visto che la struttura ludica è presa paro-paro da Resident Evil, nel dettaglio, il quarto capitolo. Dopo ogni arena, infatti, ci verrà data l’occasione essenziale di gestire il nostro inventario composto da una serie di quadrati. Tali quadrati, possono aumentare di numero man mano che noi saliremo di livello sconfiggendo i nemici. Più quadrati, più spazio per inserire oggetti. Che oggetti? Armi, equipaggiamenti difensivi e tanto altro.

Ogni elemento ha un suo costo e le monete, come l’esperienza, vanno conquistate sul campo. Non solo, ogni oggetto occupa un determinato spazio che viene tradotto in numeri di quadrati consecutivi. Banalmente, un pugnale occupa tre quadrati in linea retta mentre una piccola falce ne occupa tre più uno laterale per la punta a curva. Gestire lo spazio è alla base per la costruzione di una build efficace e che possa permetterci di arrivare fino all’agognato boss finale.
Ogni run conta venti piani dove la richiesta è la medesima: sopravvivere fino allo scadere del tempo. Ogni round ha una durata crescente partendo da venti secondi fino a superare un minuto. Sembra poco ma ti assicuriamo che dopo qualche secondo l’arena si riempirà di nemici pronti a farti davvero male… e a tal proposito, è da segnalare un inizio abbastanza accessibile ma la situazione è destinata ad aggravarsi vertiginosamente. I trucchi per sopravvivere sono due, creare una solida build concatenando gli effetti di armi e accessori e sfruttare bene i barili.

I barili appaiono nell’arena in modo randomico e, se distrutti, possono fornire una ricarica di energia vitale o uno scudo, Inoltre, è essenziale padroneggiare il “dash”, una spinta che funge anche da schivata e che si ricarica autonomamente dopo pochi secondi. Purtroppo, come potrai immaginare, a una solida struttura di personalizzazione, si contrappone un’inevitabile limite del genere: la ripetitività. Questa è ancor più amplificata in God of Weapons dal fatto che i nemici sono poco ispirati… mera carne da macello ancorata a stereotipi visti e stravisti. Anche il boss finale delude a causa di un set di mosse poco originale.
A tutto ciò, si sommano le regole classiche di un roguelike. Ogni upgrade e ogni arma, comprese le monete e i power up, vengono azzerate in caso di sconfitta o di completamento della run. In compenso, alcuni materiali, ottenuti principalmente dal soddisfacimento di determinate missioni/sfide opzionali, vengono ereditati di run in run e possono essere spesi per upgrade passivi di vario genere. Infine, dai tre personaggi principali inizialmente disponibili, il roster si può ampliare notevolmente, offrendo nuove possibilità di azione a loro volta moltiplicate dalla presenza di sottoclassi da scoprire. Il tutto per un prodotto in grado di dare una certa assuefazione nella sua semplicità.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, God of Weapons fa il suo dovere offrendo aree pulite e ben chiare, senza grosse sbavature. Purtroppo regna sovrano l’anonimato partendo dai personaggi che andremo a impersonare fino ai già citati nemici. Anche le aree di gioco sono estremamente ripetitive, anonime e spoglie. Insomma, sul versante stilistico, God of Weapons è discretamente dimenticabile. Migliorano invece le armi che, seppur in gran parte standard, offrono animazioni gradevoli e la gioia di vederci girare con decine di spade fluttuanti pronte a sferzare l’aria, è appagante.
Il sonoro svolge il suo ruolo di “accompagnatore” senza infamia e senza lode, riuscendo nel suo intento e senza risultare ridondante o fastidioso. Buoni gli effetti sonori mentre sul versante tecnico, innegabilmente abbastanza grezzo, abbiamo riscontrato un paio di episodi con vistosi rallentamenti a causa del gran numero di nemici animati su schermo in contemporanea. E sempre dei nemici, abbiamo notato qualche compenetrazione di troppo ma niente di grave. Gradita, infine, la presenza della lingua italiana che va a impreziosire un’interfaccia abbastanza spartana.