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Call of the Sea – Recensione Nintendo Switch

Amore, Lovercraft e Enigmi

Marco Fanciuso 18 secondi fa Commenta! 11
 
7
Call of The Sea

Quasi cinque anni fa faceva il suo debutto un’avventura che, in silenzio ma con grande forza, seppe conquistare l’immaginario di molti giocatori: Call of the Sea. Un titolo che si distingueva non solo per l’ambientazione esotica e misteriosa, ma soprattutto per la sua capacità di trasmettere un senso di meraviglia e inquietudine, lasciando un segno profondo nella memoria di chi lo aveva affrontato. Oggi, in un settembre particolarmente ricco di nuove uscite, questo viaggio intriso di enigmi e suggestioni ritorna sotto i riflettori, trovando nuova vita sulla console di Kyoto.

Contenuti
Call of the Sea – Il richiamo della ricercaUn mistero da risolvere: Tra suggestioni ed enigmiUn rielaborazione LovercraftianaTi potrebbe interessare

L’arrivo su Nintendo Switch diventa così l’occasione ideale per riscoprire un’opera che, pur con un’impostazione lineare, seppe distinguersi grazie alla sua atmosfera peculiare e al richiamo a tematiche che affondano le radici in uno dei pilastri della letteratura dell’orrore.

Il titolo, infatti, trae grande ispirazione dalla mitologia lovecraftiana e dall’immaginario legato al mito di Cthulhu, non tanto riproponendone in maniera diretta le tinte più cupe e opprimenti, quanto evocandone l’essenza: quella sensazione di smarrimento e di fragilità dell’essere umano di fronte all’ignoto, che lo scrittore di Providence ha reso immortale. In questo senso, Call of the Sea non è un horror puro, ma piuttosto un’avventura che sfiora e rielabora quegli elementi, filtrandoli con uno stile narrativo più accessibile e leggero, capace però di mantenere intatto il fascino enigmatico che tanto ha contribuito alla fama del genere.

Call of the Sea - Recensione Nintendo Switch

Il risultato è un’esperienza che unisce l’esplorazione in prima persona a un susseguirsi di enigmi ambientali e rompicapi ben calibrati, collocati in scenari naturali esotici e al tempo stesso avvolti da un’aura di mistero. È qui che il gioco riesce a bilanciare il piacere della scoperta con la tensione di un contesto che lascia sempre percepire la presenza di qualcosa di più grande, indefinibile e forse minaccioso. In questa recensione vedremo quindi come Call of the Sea si comporta sulla portatile di Nintendo, analizzando se il suo fascino originario sia riuscito a sopravvivere al passaggio su un hardware meno potente, ma capace di regalare un valore aggiunto: la possibilità di vivere l’intera avventura ovunque, nel palmo delle proprie mani.

Call of the Sea – Il richiamo della ricerca

In questo alone di mistero, la narrativa di Call of the Sea si rivela un elemento di grande interesse, capace di dare spessore all’esperienza di gioco. La vicenda prende avvio nei primi anni Trenta, quando assumiamo i panni di Norah Everhart, una donna segnata da una malattia rara e sconosciuta che si manifesta con macchie nere sulla pelle e che sembra trasmessa da generazioni, lasciando come unico destino la morte. Spinto dal desiderio di trovare una cura, il marito Harry intraprende una spedizione verso una remota isola del Pacifico, convinto che lì si nasconda una risposta.

Ma il tempo passa e le lettere da lui inviate smettono improvvisamente di arrivare. È in quel momento che Norah, decisa a scoprire la sorte del suo compagno, parte a sua volta per un viaggio tortuoso e incerto, spinta da un amore profondo e dalla speranza di spezzare la maledizione che grava sulla sua famiglia.L’avventura di Call of the Sea che ne nasce mescola elementi da walking simulator e meccaniche più vicine all’avventura grafica, offrendo un equilibrio tra esplorazione e risoluzione di enigmi ambientali.

Il gioco non punta sull’orrore diretto né sulle atmosfere opprimenti che caratterizzano molte opere ispirate a Lovecraft: non ci sono mostri incomprensibili o culti oscuri ad attendere il giocatore, bensì una declinazione più luminosa e accessibile del mistero. I colori brillanti e saturi, cieli infuocati, acque di un verde intenso, scenari che sfiorano il surreale , creano un contrasto netto con l’angoscia cosmica che normalmente accompagna questo tipo di immaginario. È una rappresentazione quasi fiabesca, ma non per questo priva di inquietudine, perché sotto la superficie continua a ribollire un segreto oscuro.

Call of the Sea - Recensione Nintendo Switch

La narrazione di Call of the Sea si costruisce attraverso dialoghi interiori, lettere ritrovate, appunti lasciati dalla spedizione e persino murales che raccontano frammenti di un passato dimenticato. È una scrittura che non si perde mai in eccessi, chiara e concisa, seppur sono dei classici e normali dialoghi senza alcuna eccellenza. La storia di Call of the Sea non parla soltanto di malattia e ignoto, ma soprattutto di amore, sacrificio e identità: un intreccio personale che mantiene alta l’attenzione fino agli ultimi momenti, offrendo in meno di dieci ore un racconto compatto.

Un mistero da risolvere: Tra suggestioni ed enigmi

Call of the Sea si presenta come un’avventura in prima persona divisa in capitoli, ciascuno ambientato in una zona autonoma dell’isola, dalla quale non è possibile uscire finché non si risolvono gli enigmi principali. La progressione del gioco segue dunque una struttura chiara: si esplora l’ambiente, si raccolgono indizi e, una volta messo insieme il quadro completo, si affrontano e si risolvono i rompicapi che consentono di avanzare alla sezione successiva.


Il movimento della protagonista risulta piuttosto lento, una scelta che potrebbe apparire frustrante nel lungo periodo ma che, in realtà, si allinea alla caratterizzazione di Norah, una donna inesperta e fisicamente debilitata dalla malattia. In questo senso la lentezza diventa quasi un tratto narrativo coerente, anche se non tutti i giocatori la apprezzeranno. Fortunatamente, la versione per Nintendo Switch riesce a valorizzare questo ritmo dilatato, perché ben si adatta a sessioni più brevi e rilassate, rendendo l’esperienza godibile anche in mobilità.


La componente enigmisticadi Call of the Sea rappresenta il fulcro dell’avventura. Norah è un’artista e ogni indizio importante viene riportato con schizzi e appunti sul suo diario, diviso in due sezioni: note e registro. Questo strumento diventa essenziale, perché alleggerisce il peso della memoria del giocatore e consente di avere sempre a disposizione una raccolta organizzata degli elementi necessari alla risoluzione dei puzzle. La struttura dei capitoli segue dunque uno schema ricorrente: si esplora la nuova area, si raccolgono le informazioni e infine si affrontano gli enigmi che bloccano il proseguimento.

Call of the Sea - Recensione Nintendo Switch


Gli enigmi variano per tipologia e difficoltà, infatti alcuni richiedono logica e osservazione, altri invece ruotano attorno a meccanismi più artificiosi – come quadranti da girare o simboli da interpretare – che non sempre risultano chiari al primo tentativo. In questi casi la sensazione è quella di dover procedere per tentativi, armeggiando fino a individuare la soluzione, con il rischio di allungare i tempi in maniera artificiale.

Nonostante ciò, il livello di sfida rimane accessibile, seppur in alcuni parti rimane artificiosa: basta prestare attenzione agli ambienti e mantenere un minimo di ragionamento logico per arrivare a capo della maggior parte dei puzzle. Alcuni casi meno ispirati, però, finiscono per rallentare il ritmo più del necessario, unendo alla lentezza del movimento anche un pizzico di frustrazione.

Un rielaborazione Lovercraftiana

Sul piano estetico, Call of the Sea si distingue per una direzione artistica dai toni vividi e saturi. Pur richiamando suggestioni lovecraftiane, il gioco non adotta i classici scenari cupi e opprimenti del genere, ma al contrario propone un mondo colorato e luminoso, , dove i contrasti cromatici diventano parte integrante della sua identità visiva. Non siamo davanti a un’opera rivoluzionaria sul piano artistico, e già all’uscita originale la resa stilistica non appariva particolarmente innovativa, ma la cura dei dettagli ambientali e l’attenzione al contesto storico degli anni ’30 riescono a donare una forte coerenza all’insieme.

Call of the Sea - Recensione Nintendo Switch

Dal punto di vista tecnico, la conversione su Nintendo Switch di Call of the Sea si dimostra solida. È chiaro che non si possono raggiungere le stesse prestazioni delle piattaforme più potenti: le texture appaiono meno definite, il livello di dettaglio ambientale è ridotto e in alcuni momenti si notano cali di framerate. Tuttavia, il titolo non ha pretese eccessive e la console di Kyoto riesce a gestirlo con discreta fluidità. Bug e glitch sono rari, segno di un porting curato che mantiene intatta la giocabilità.

Il compromesso tecnico è evidente, ma non compromette l’esperienza complessiva di Call of the Sea, soprattutto considerando che la modalità portatile si sposa bene con il ritmo lento e riflessivo dell’avventura. In questo contesto, esplorare l’isola e affrontare i puzzle diventa ancora più piacevole, trasformando eventuali limiti tecnici in piccoli dettagli facilmente perdonabili.

Sul fronte sonoro troviamo musiche semplici ma efficaci, con tonalità perfettamente adatte all’avventura e capaci di variare il mood in base alle diverse situazioni. Non si tratta di brani memorabili, ma risultano comunque orecchiabili e piacevoli. Gli effetti audio sono ben realizzati, senza particolari criticità da segnalare. Per quanto riguarda la localizzazione, il titolo è interamente sottotitolato in italiano, permettendo così di godersi appieno l’esperienza anche nella nostra lingua.

Scopri tutto su Call of the Sea
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Call of The Sea
7
Grafica 6.5
Sonoro 6.5
Gameplay 7
Longevità 7.5
Avventura 7.5
Aspetti positivi Storia interessante Un mix piacevole di Enigmi e Avventura Portabilità Switch perfetta Ambientazione suggestiva
Aspetti negativi In alcuni fasi il ritmo rallenta Alcuni enigmi poco chiari e inutilmente difficili
Considerazioni finali
Call of the Sea su Nintendo Switch si conferma un’avventura affascinante, capace di unire mistero, esplorazione e rompicapi in un racconto personale e suggestivo. La storia di Norah, sospesa tra amore, malattia e ignoto, riesce a emozionare senza mai perdersi, sostenuta da una direzione artistica luminosa e insolita per un’opera ispirata a Lovecraft. La lentezza del ritmo e qualche enigma poco chiaro possono rallentare l’esperienza, così come le inevitabili limitazioni tecniche della console, ma nel complesso il porting risulta solido e godibile soprattutto in portatile.

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