Negli ultimi anni si è assistito a un ritorno, tanto inaspettato quanto graduale, del genere dei giochi di ruolo classici, in particolare di quel filone isometrico che, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000, aveva conosciuto una stagione di straordinaria popolarità, salvo poi eclissarsi lentamente fino a rimanere appannaggio di una nicchia ristretta e appassionata. Eppure, proprio quando sembrava ormai relegato ai margini del mercato, questo sottogenere ha saputo ritrovare spazio e vigore grazie a una nuova ondata di titoli capaci di rispolverarne le meccaniche con intelligenza, passione e, soprattutto, una visione attuale del medium videoludico.
Il caso più emblematico è, senza dubbio, quello di Baldur’s Gate 3 – qui puoi trovare la nostra recensione- , capace non solo di resuscitare un franchise storico dopo un silenzio durato quasi due decenni, ma anche di proiettarlo sotto i riflettori di un pubblico vastissimo, ben oltre i confini del giocatore esperto e “navigato” a cui, tradizionalmente, questo tipo di esperienze veniva destinato. Allo stesso modo, è impossibile non menzionare l’incredibile risultato ottenuto da Disco Elysium, una produzione indipendente che, partendo da risorse limitate e un team relativamente ristretto, è riuscita a imporsi nel panorama internazionale grazie a una scrittura sopraffina, una struttura ludica originale e un impianto narrativo profondo e stratificato.
In questo contesto di rinnovata vitalità creativa, si inserisce anche The Necromancer’s Tale, un titolo che affonda le proprie radici nei canoni classici del GDR isometrico, ma lo fa adottando una sensibilità moderna e una marcata identità estetica gotica e decadente. Sviluppato dallo studio indipendente irlandese Psychic Software, il gioco si presenta come un’esperienza narrativa profonda, dalle tinte oscure e quasi teatrali, fortemente improntata all’introspezione e alla scelta morale.

The Necromancer’s Tale – GDR raccontato attraverso le scelte
L’introduzione di The Necromancer’s Tale avviene attraverso una sequenza testuale che simula un vero e proprio tomo d’epoca, e che non si limita a raccontare i contorni generali dell’ambientazione, ma affonda nel passato immaginario di un regno di fantasia al confine orientale con la Venezia del primo Settecento. È il 1733 e, mentre l’Europa reale era attraversata da equilibri fragili, nel gioco si narra di una guerra scoppiata nel 1701 tra la secolare Repubblica di Venezia e la potente, benché fittizia, Monarchia Sovrana di Ruksthen.
Un conflitto durato sei lunghi anni, logorante e senza gloria, che si avviava verso la vittoria della Serenissima ( Venezia) per semplice esaurimento delle risorse avversarie, e che pone le basi per la tensione storica e politica che si respira nella narrazione successiva. Ma quella che parte come una cronaca bellica, in realtà è solo la cornice che anticipa un racconto molto più personale: quello del protagonista, il cui passato viene definito direttamente dalle scelte del giocatore, in un prologo interattivo che abbraccia le tappe della giovinezza, a partire dall’infanzia fino ai primi anni dell’età adulta.

Ogni decisione in The Necromancer’s Tale presa in questa fase – dallo studio alla vita sociale, dalle inclinazioni morali al modo di reagire agli eventi, contribuisce a modellare le statistiche del personaggio in modo naturale, creando un sistema di crescita che si sviluppa in modo fluido e narrativamente coerente, senza l’astrazione artificiosa delle classiche schermate di creazione del personaggio.
Le caratteristiche che emergono da questo processo, tra cui Forza, Intuito, Carisma e Persuasione e altre ancora,non sono meri numeri da sommare o ottimizzare, ma veri e propri riflessi della personalità costruita nel tempo, che si intrecciano con una narrazione sorprendentemente densa di ramificazioni e conseguenze. E una volta terminato il prologo, oltre a poter dare un nome al nostro avatar, è possibile intervenire manualmente sui parametri ottenuti, aggiungendo un ulteriore livello di personalizzazione, se non si è contenti delle scelte fatte in precedenza.
Ciò che davvero colpisce, però, è l’incredibile mole di scelte narrative disponibili nel corso dell’avventura: dialoghi a più vie, eventi imprevisti, possibilità d’azione legate al contesto e , che, tra l’altro, possiede una voce narrante di notevole qualità stilistica. Le decisioni prese non restano isolate, ma generano conseguenze tangibili nel tempo, sia per quanto riguarda la trama principale che per i rapporti con gli oltre 180 personaggi non giocanti che popolano questo universo narrativo cupo e complesso.
Dal punto di vista della scrittura, The Necromancer’s Tale mostra una qualità più che ottima: il testo, fin dalle prime righe, è curato e coinvolgente, costruito con un linguaggio che riesce a evocare l’atmosfera decadente e leggermente disturbante di una dell’ambientazione cupa e gotica, in cui il giovane Van Elstrik, costretto a tornare nella dimora di famiglia dopo la morte prematura del padre, si ritrova invischiato in un intrigo sempre più oscuro.

Quello che inizia come un mistero dalle tinte gialle si trasforma gradualmente in un viaggio verso una conoscenza proibita, fatta di testi antichi, rituali perduti e verità dimenticate. E se nelle prime ore il ritmo narrativo può sembrare più lento del previsto, è proprio la consapevolezza che ogni scelta – anche la più insignificante – possa alterare profondamente il corso degli eventi a rendere la narrazione tanto potente.
Le conseguenze delle azioni compiute si riverberano sulla reputazione, sull’accesso a determinate aree e sulla reazione degli NPC, creando una rete di relazioni, tensioni e alleanze che mutano con l’evolversi della storia. In questo senso, il gioco riesce dove molti altri falliscono: fa sentire il peso delle decisioni del giocatore, non come semplice meccanica, ma come cuore pulsante dell’intera esperienza.
Un ritorno al classico
Sebbene The Necromancer’s Tale affidi buona parte della sua forza alla dimensione narrativa, sarebbe riduttivo pensare che la sua struttura ludica si limiti al solo racconto testuale. Il titolo di Psychic Software, ispirato ai grandi classici del genere, offre un ventaglio di meccaniche che spaziano tra esplorazione, combattimenti e interazioni piuttosto profonde con i personaggi, costruendo così un’esperienza più stratificata di quanto ci si potrebbe aspettare in un primo momento.
The Necromancer’s Tale propone tre livelli di difficoltà ben distinti, pensati per adattarsi a stili di gioco molto diversi tra loro. C’è la cosiddetta story mode, ideale per chi vuole immergersi completamente nella storia senza preoccuparsi troppo degli scontri; una modalità standard, più bilanciata e adatta alla maggior parte dei giocatori; infine, un’opzione pensata per chi predilige una sfida strategica, con un gameplay più impegnativo e meno filtrato dal racconto.
Il combattimento, che si sviluppa su griglie esagonali in stile tattico a turni, si presenta in modo essenziale: si alternano attacchi corpo a corpo, magie e l’evocazione di servitori non morti. Il concetto alla base, impersonare un negromante capace di controllare creature evocate, funziona e si integra con la fantasia proposta dal gioco, ma l’esecuzione risulta poco incisiva. Le animazioni sono rudimentali e il design degli scontri tende a seguire schemi abbastanza prevedibili. Per chi volesse evitare del tutto il combattimento, è disponibile un’opzione per risolvere automaticamente gli scontri, a patto di disporre delle risorse adeguate.

In generale, le battaglie in The Necromancer’s Tale si giocano più sul posizionamento e sulla gestione attenta delle abilità che su dinamiche visive coinvolgenti, e il livello di difficoltà, pur non essendo troppo severo, richiede comunque attenzione nella costruzione del proprio personaggio e nell’uso dei poteri. Ciò che manca è forse quella varietà o sorpresa capace di rendere ogni combattimento un momento memorabile.
L’aspetto esplorativo di The Necromancer’s Tale , invece, è stato curato con maggiore attenzione. Non ci sono indicatori luminosi, minimappe o segnalazioni invasive: il gioco si affida alla capacità del giocatore di leggere tra le righe e di sfruttare il diario del protagonista per orientarsi. Questo approccio old school può sembrare spiazzante per chi è abituato a soluzioni più guidate, ma rafforza il senso di immedesimazione e restituisce una sensazione autentica di scoperta. Certo, non mancano i momenti in cui si rischia di rimanere bloccati per aver trascurato un dialogo apparentemente irrilevante con un PNG che potrebbe risultare per molti un pò frustrante.
Alcune scelte fanno trasparire una certa rigidità: il sistema d’inventario, ad esempio, richiede passaggi macchinosi per spostare oggetti tra la borsa e gli slot equipaggiabili, attraverso interfacce piuttosto spartane. L’interazione ambientale, invece, è una delle componenti riuscita, alcune superfici, elemento o oggetto può nascondere qualcosa o offrire spunti narrativi, rendendo la curiosità del giocatore un fattore centrale del gameplay. Una comoda funzione permette di evidenziare gli oggetti interagibili nelle vicinanze con la semplice pressione di un tasto, facilitando la raccolta di risorse e il completamento delle missioni,.
Il mondo di The Necromancer’s Tale affascina con una mappa che ricorda le illustrazioni dei manuali dei giochi di ruolo cartacei, ma nonostante l’impatto visivo, la città di Marns – che funge da hub centrale – risulta piuttosto statica. Oltre ai negozi e agli NPC che assegnano missioni, non ci sono molte attività dinamiche, il che può far sembrare vuoti alcuni spazi, almeno inizialmente.
Detto ciò, le missioni secondarie rappresentano un vero e proprio punto di forza. Ricche, numerose e ben scritte, spaziano dalle semplici consegne a vere e proprie sottotrame dense di significato, con sviluppi legati ai personaggi e al mondo circostante. La longevità di The Necromancer’s Tale si attesta per la storia principale sulle 25-30 ore, che ovviamente bisogna aggiungere anche il resto dei contenuti, aumentando considerevolmente la sua durata effettiva.

Tra Fascino e Ombre
Sul piano estetico, The Necromancer’s Tale si muove su un terreno piuttosto particolare, fatto di suggestioni riuscite e compromessi tecnici che, in alcuni momenti, risultano fin troppo evidenti. L’impatto iniziale è decisamente positivo: lo stile visivo, ispirato a un immaginario gotico dalle tinte scure, si riflette sia nelle ambientazioni che nei ritratti dei personaggi , tutte elementi che condividono un’identità visiva coerente, quasi pittorica, capace di fondersi con l’anima dark fantasy del progetto.
L’utilizzo di modelli low poly, unito a una palette cupa e dettagli grafici ricercati nei punti giusti, funziona nel delineare un mondo cupo e suggestivo. Alcune ambientazioni, in particolare, restituiscono un senso di mistero e fascino visivo che dialoga perfettamente con i temi narrativi del gioco. Un esempio emblematico è rappresentato dai volumi interattivi disseminati nell’avventura: veri e propri oggetti scenici disegnati con cura maniacale, ricchi di scritte ornamentali e illustrazioni dense di simbolismo, che riescono a evocare un senso di magia proibita solo sfiorandoli.
Tuttavia, dietro questa riuscita estetica si intravedono anche alcune scelte stilistiche che sembrano concepite più come escamotage per mascherare limiti tecnici che come decisioni artistiche pure. Le texture, per esempio, risultano talvolta sgranate o sfocate, soprattutto negli sfondi e negli elementi secondari della scena. Le animazioni dei personaggi, poi, appaiono semplicistiche e prive di fluidità, con movimenti rigidi e limitati che tradiscono le ristrettezze produttive del progetto. Non si tratta di difetti che compromettono l’intera esperienza, ma sono dettagli che, specie se accumulati, tendono a farsi notare.
Sul fronte tecnico , The Necromancer’s Tale qualche scivolone c’è stato. Durante le sessioni di prova si sono verificati alcuni episodi isolati di blocco, che hanno costretto al caricamento di un salvataggio precedente, oltre a cali di frame rate e pop-in di elementi grafici. Nulla di drammatico, ma abbastanza da essere segnalato. Bisogna però tenere conto che ci troviamo davanti a un titolo sviluppato con risorse limitate, che prova comunque ad ambire a qualcosa di diverso dal solito. L’accompagnamento sonoro, invece, si difende bene.
Le musiche di The Necromancer’s Tale contribuiscono a sostenere l’atmosfera malinconica e oscura che permea l’intero gioco. Sebbene manchi una vera e propria traccia memorabile che resti impressa a lungo, il comparto audio svolge il suo compito senza stonature, anche se alcune composizioni tendono a diventare ripetitive nel lungo periodo. La qualità complessiva è più che sufficiente, e restituisce un’esperienza uditiva coerente con il mood narrativo. Infine, va segnalata l’assenza della localizzazione in italiano. Il gioco è disponibile esclusivamente in lingua inglese, e considerando la quantità significativa di testo presente – gran parte dell’esperienza si fonda sulla lettura – questo potrebbe rappresentare un ostacolo per chi non ha dimestichezza con l’inglese, o per chi desidera una fruizione più immediata e rilassata.