Nel vasto panorama degli action RPG indie, è raro imbattersi in un titolo che riesca a unire un’estetica fiabesca con una narrazione profonda e un gameplay rifinito. Willow Guard è uno di quei giochi che sorprendono, non tanto per la loro grandezza quanto per la delicatezza con cui affrontano temi antichi come la responsabilità, il sacrificio e il legame con la natura. Dietro al nome si cela un’avventura malinconica e affascinante, una favola nera scolpita nella corteccia di un mondo in decomposizione.
Fin dai primi minuti, Willow Guard trasmette un’atmosfera sospesa, quasi magica. Sei chiamato a vestire i panni di un piccolo ma coraggioso guardiano di un bosco sacro, l’ultimo della sua stirpe, incaricato di difendere ciò che resta di una foresta vivente minacciata dall’oscurità. Ma non lasciarti ingannare dalla palette tenue e dai paesaggi fiabeschi: qui si respira un’aria di fine dei tempi, dove ogni passo nella terra umida e ogni foglia cadente sembrano carichi di un significato più profondo.

Gli eventi di Willow Guard
La storia è costruita come un lento disvelarsi. Il protagonista non ha un nome, o meglio, ne ha uno che cambia nel cuore del giocatore. È un piccolo spirito della natura, antropomorfo, silenzioso, ma estremamente espressivo nei suoi gesti, nella postura, nel modo in cui osserva ciò che lo circonda. Attraverso flashback ambientali, simboli arcani, rune incise nel legno e sussurri del vento, cominci a ricostruire una civiltà perduta, fatta di equilibrio tra magia e materia. Non ci sono lunghi dialoghi o spiegoni: tutto è suggerito, lasciato all’intuito. Una scelta che premia chi ama l’esplorazione narrativa e la libertà d’interpretazione.
I personaggi secondari sono pochi ma ben caratterizzati: creature erranti, spiriti decaduti, resti animati di un ciclo naturale spezzato. Ognuno ha qualcosa da insegnarti o ricordarti. Anche l’antagonista, che non è mai una figura nettamente delineata ma piuttosto una presenza costante e immanente, rappresenta più un concetto che un volto preciso: l’oblio, la corruzione, la fine inevitabile.

L’ambientazione è il cuore pulsante del gioco. Il mondo di Willow Guard è diviso in zone ben distinte ma organicamente collegate: radure eteree, grotte muschiose, paludi silenziose, alberi secolari svuotati dall’interno che fungono da sentieri. Ogni area sembra essere scolpita più che disegnata, con un’attenzione ai dettagli impressionante: funghi che pulsano al passaggio, fronde che si piegano, creature che si muovono nell’ombra e scompaiono appena ti avvicini. L’intero mondo è vivo, ma è una vita in bilico, prossima al collasso. Non esiste il giorno pieno né la notte totale: il gioco è pervaso da una luce crepuscolare costante, come se il sole fosse sempre sul punto di sparire dietro l’ultima collina.
Un gameplay che soddisfa
Passando al gameplay, Willow Guard si posiziona saldamente nel solco dell’action RPG 2.5D con forti elementi di metroidvania, pur evitando le trappole più comuni del genere. La progressione è lineare ma arricchita da bivi, scorciatoie e segreti ben nascosti. Il sistema di combattimento, apparentemente semplice, nasconde una grande profondità. Hai a disposizione un set di movimenti essenziali: attacco, schivata, parata e un’abilità magica che cambia nel corso del gioco. Ogni arma raccolta ha un peso specifico, e il tempismo degli attacchi è cruciale. Il combattimento non è frenetico, ma ragionato: si avvicina di più a quello di un soulslike in miniatura che a un action puro.
La varietà dei nemici è notevole: insetti mutati, radici vive, spiriti erranti e costrutti di corteccia che sfruttano pattern d’attacco diversi e spesso imprevedibili. Imparare a leggere i loro movimenti diventa parte fondamentale della tua sopravvivenza. I boss, pochi ma memorabili, rappresentano veri e propri momenti culminanti, sia dal punto di vista narrativo che tecnico. Alcuni sono enigmi in movimento, altri incarnazioni di paure ancestrali. Le battaglie sono intense, ma mai ingiuste.
L’esplorazione è incentivata non solo dalla bellezza dei luoghi, ma anche da un sistema di progressione basato su reliquie, memorie vegetali e oggetti spirituali. Non c’è grinding, non c’è economia, non c’è equipaggiamento numerico. Tutto ciò che trovi ha una valenza simbolica oltre che pratica. Ad esempio, una piuma potrebbe aumentare la tua velocità, ma anche rievocare un passaggio della storia. È una scelta autoriale che va controcorrente rispetto al design moderno, ma che si sposa perfettamente con l’intenzione poetica del gioco.

Comparto tecnico
Sul fronte tecnico, Willow Guard è sorprendente per essere un titolo sviluppato da un piccolo team. Artisticamente, è una gemma: ogni scena potrebbe essere stampata su carta e incorniciata. I colori sono desaturati ma profondi, i contrasti tra luce e ombra sono sfruttati con grande sapienza, e le animazioni sono fluide ma non eccessivamente lisce: c’è una volontà evidente di mantenere una certa ruvidità artigianale. L’interfaccia è ridotta all’osso, volutamente. Hai solo una piccola barra vitale e pochissimi indicatori. Il menu è essenziale, senza sovraccaricare la schermata. Tutto spinge alla concentrazione, alla connessione diretta con il mondo virtuale. Anche le abilità sbloccabili, planata, scatto radente, evocazione di radici protettive, si integrano nel flusso del gioco in modo naturale, quasi come se le scoprissi insieme al protagonista, non perché te le “conceda” un sistema.
La colonna sonora è semplicemente incantevole. Non si impone, ma accompagna. Archi leggeri, cori lontani, rumori naturali miscelati a melodie appena accennate. In certi momenti, il silenzio è la musica più intensa. Anche il sound design ambientale è curato nei minimi dettagli: ogni passo sulle foglie, ogni goccia che cade, ogni alito di vento sembra posizionato con amore.
Le prestazioni sono stabili, anche su configurazioni medie. Il gioco è ottimizzato e raramente si registrano cali di frame o glitch visivi. I caricamenti sono rapidi e distribuiti in modo intelligente tra le zone. I controlli rispondono bene, sia con mouse e tastiera che con controller, anche se quest’ultimo sembra il metodo preferenziale per godersi al meglio l’esperienza.
Certo, non mancano alcune piccole imperfezioni. A volte l’intelligenza artificiale dei nemici minori può sembrare prevedibile, e in un paio di occasioni la direzione della telecamera ha reso difficile interpretare il livello. Ma si tratta di dettagli minori, che non compromettono la qualità complessiva di un’opera curata, sentita, costruita con dedizione.