Sviluppato da TonyGameDev e pubblicato in sinergia con Tesura Games, The Sinking Forest è un breve horror indie in prima persona 3D ambientato in Giappone e che punta tutto sull’atmosfera inquietante e sulla tensione. Il tutto con una buona dose di violenza e diversi segreti da svelare. Noi siamo sopravvissuti a questo piccolo viaggio negli orrori su PlayStation 5. Pronto a scoprire la nostra recensione?
The Sinking Forest di una sorella smarrita e una foresta maledetta
Prima di affrontare la narrazione di The Sinking Forest è bene discutere di che tipo di progetto abbiamo tra le mani. Si tratta di un indie di piccole dimensioni e dal budget molto ridotto, al punto tale che l’autore stesso ha dichiarato di utilizzare alcune scorciatoie in quanto non ha i soldi per assumere professionisti (almeno non attualmente). Nel dettaglio, ci riferiamo alle traduzioni dei testi, inglese incluso, che non solo risultano incomplete ma anche abbastanza problematiche in alcuni passaggi. Senza contare che, nonostante il traduttore automatico implementato nel gioco, manca anche la lingua italiana…
In compenso, il titolo utilizza l’Unreal Engine 5 e di questo approfondiremo i dettagli nel paragrafo dedicato alla grafica mentre, per quanto riguarda la narrazione, dobbiamo ammettere che il titolo ha una buona atmosfera seppur vada a inoltrarsi in un sottogenere horror, nel dettaglio quello Giapponese legato a specifici rituali, abbastanza popoloso di competitor anche molto agguerriti. Basti pensare al recentissimo Silent Hill F che è proprio ambientato in Giappone. Ma The Sinking Forest non va paragonato direttamente a Silent Hill in quanto offre un’esperienza più striminzita e da walking simulator in 3D.

In questa inedita avventura, vestiamo i panni di un fratello alla ricerca della sorella, tale Sayuri, che da diversi giorni non da notizie di sé, né risponde al cellulare. L’esordio su schermo, ci vede esplorare il piccolissimo e decisamente abbandonato appartamento della nostra amata sorella. Di lei non c’è traccia ma tutto lascia presagire poco di buono… Dopo qualche minuto e i primi passi concreti in un titolo che punta molto, anche troppo, sul “buio”, scopriamo finalmente dove è andata la nostra sorellina.
Sayuri sembra essersi diretta in una foresta alla ricerca di un particolare villaggio. Una serie di assurdi rituali e qualche cenno di cannibalismo vanno a impreziosire una trama che è a tutti gli effetti una storia identificabile come horror psicologico e che spinge in avanti grazie a un ritmo crescente intervallato da jumpscare di vario genere e da tipologie di nemici che, seppur ridotti in numero e varietà, sapranno incuriosire.
Uno dei problemi di The Sinking Forest è che i veterani dell’horror potranno prevedere gran parte degli eventi, jumpscare inclusi. Siamo abbastanza lontani dall’astuzia di Layers of Fear ma c’è comunque qualcosa di macabro in quella foresta e nel villaggio in essa custodito che attira e ci spinge a scoprire di più, ad affrontare le ombre e le creature che attendono di dilaniarci, perché sì, in The Sinking Forest morirai e anche abbastanza spesso se non saprai sfruttare ambienti e risorse. Ma bando alle ciance e andiamo a scoprire come sopravvivere ai mostri di TonyDevGame!

Un survival horror in prima persona
The Sinking Forest è un horror psicologico in prima persona che inizia come walking simulator per poi diventare un survival horror in prima persona 3D con tanto di risorse di cui tener conto e armi improvvisate da recuperare e utilizzare al meglio. Di base, il titolo ci chiede di esplorare ambienti abbastanza ristretti per svelare un passaggio, interagire con determinati oggetti o risolvere semplici enigmi opzionali.
In altre situazioni, invece, ci verrà richiesto di scappare da un nemico o addirittura affrontarlo. Nel mezzo, c’è anche una fase del tutto opzionale che funge quasi da collezionabile, soprattutto per chi punta all’agognato trofeo di platino: fotografare determinati luoghi o soggetti. Il protagonista, infatti, si ritroverà presto dotato di macchina fotografica e di un accendino. Entrambi sono attivabili coi tasti direzionali e ci permettono di dare forma a un gameplay estremamente basilare e intuitivo, se non fosse per un’interfaccia decisamente rustica e anche abbastanza problematica.

Il titolo è tecnicamente impreciso e, oltre a problemi di frame rate e a vistosi rallentamenti percepibili soprattutto quando si corre, ci ritroviamo dinanzi a comandi non molto precisi. Basti pensare che quando interagiremo col computer nell’appartamento di nostra sorella dovremo cliccare diverse volte su un’icona per attivarla in quanto l’input del comando non è immediato. E che dire del cursore che svanisce all’improvviso? A ciò si aggiungono piccoli bug grafici e diversi problemi con gli oggetti con cui è possibile interagire.
Un esempio sono le casse che potremo raccogliere e spostare sempre nell’appartamento di nostra sorella e che, se ci saliamo sopra, darà vita a balzi innaturali e a tremolii assurdi. La situazione non migliora con gli effetti di luce in quanto il titolo risulta eccessivamente buio e l’accendino iniziale in alcuni casi sembra fare una luce “esagerata” mentre in altri è praticamente un mero orpello. Nonostante ciò, dobbiamo comunque evidenziare una discreta varietà di situazioni, seppur raramente originali. Il tutto per una longevità complessiva che fatica a raggiungere le due ore totali.

Grafica e sonoro
Considerando la natura del progetto, in quanto piccolo indie, la grafica utilizzata non è male e l’Unreal Engine 5 sa regalare scori interessanti e anche abbastanza “ampi”. Gli ambienti sono discretamente vari e c’è una buona cura al dettaglio. Certo, c’è ancora qualche sbavatura e i bug non mancano, ma il risultato complessivo è più che sufficiente. Purtroppo le animazioni dei nemici non sono perfette e le già citate imprecisioni tecniche minano l’esperienza complessiva.
A migliorare il tutto, interviene il sonoro. Questi è ben implementato e riesce a dare ansia anche in situazioni apparentemente tranquille. Il doppiaggio giapponese non è male anche se abbastanza stringato. Male, invece, i sottotitoli, abbastanza imprecisi e soprattutto privi della lingua italiana nonostante la loto “automatizzazione”. Un peccato considerando che la lore del titolo, tra rituali e folklore Giapponese, è discretamente interessante.