Sviluppato e pubblicato da Decafesoft in sinergia con Eastasiasoft Limited, Starlight Legacy è un gioco di ruolo in 2D a 16 bit con combattimenti a turni che si inserisce in modo solido e fedele tra i titoli a richiamo nostalgico sia per resa grafica che per sistema ludico. Noi abbiamo vissuto l’avventura di tre impavidi eroi su PlayStation 4 e questa è la nostra recensione. Pronto a far parte della Starlight Legacy e salvare il mondo dall’ennesimo cattivone di turno?
Starlight Legacy
Starlight Legacy è un vero e proprio tuffo nel passato, proponendosi come JRPG dall’animo fortemente nostalgico. Una nostalgia che rievoca subito Pokémon per struttura estetica e gameplay. Sul versante narrativo, invece, nonostante esordiamo nella nostra stanza, posizionata al primo piano di una casa a due piani e con al piano terra la nostra cara mamma pronta ad accoglierci (esatto, come i Pokémon su GameBoy), l’opera Decafesoft vira verso i classici del genere identificabili come: “eroi che salvano il mondo”.
Un po’ alla Dragon Quest ma in modo discretamente più pigro, anonimo e meno coraggioso. Ma procediamo con ordine, siamo nel regno di Evaria che ha come caratteristica principale quella di essere diviso in “settori” collegati tramite un ponte alla città principale dove c’è il sovrano di turno. Tale sovrano ha però una “colpa”, quella di aver bandito l’insegnamento della magia. Tale divieto, ha dato vita nel tempo a una ribellione silenziosa realizzata da un gruppo sempre più folto.

In tutto ciò, ha inizio l’avventura dei nostri tre impavidi ed estremamente anonimi eroi. Il principale, nonché il primo che andremo a controllare è Ignis (ma potrai cambiargli nome) e, come da nome, è abile nelle magie di fuoco ma è anche senza lavoro e con poca voglia di affrontare la giornata. Su suggerimento della madre, accetta però di accompagnare il suo amico nonché vicino Tery. Si tratta di un ragazzo dalla capigliatura blu esperto delle magie d’acqua (altro cliché) che lavora per il sovrano a cui deve consegnare una spada. Ignus e Teryl partono quindi per una breve spedizione che sfocia però in tragedia.
L’albero “sacro”, che neanche troppo velatamente richiama Yggdrasil, viene dato alle fiamme e con esso l’equilibrio del regno, visto che il gigantesco vegetale fungeva da protezione e garantiva il benessere della terra che “sorvegliava”. Il sovrano decide così di reclutare Ignus, Teryl e Frida, quest’ultima è una mercante dai capelli verdi esperta di magie di terra che assiste allo scempio dell’albero, per viaggiare per il regno alla ricerca di reliquie che potranno salvare il mondo.
Come potrai aver facilmente intuito, la trama non brilla per originalità e il cast non spicca per carattere. Molti elementi sono poco approfonditi e non aiuta la differenza dei settori a donare a Starlight Legacy una narrazione appassionante, identitaria o coinvolgente. A trainare il gioco, infatti, è più la nostalgia e il gameplay familiare che la storia dei tre eroi di cui neanche l’aspetto estetico riesce a offrire una vaga identità a cui affezionarsi. Il che è un peccato considerando che, proprio parlando con le persone dei vari centri abitati, si possono leggere dibattiti anche su tematiche interessanti come razzismo, emarginazione e quant’altro.

Un gameplay dichiaratamente nostalgico
Starlight Legacy è nostalgia. Un JRPG che non fa nulla d’innovativo ma che vuole riportare fedelmente lo stile e la sensazione degli anni ‘90. C riesce? Sì. Il primo impatto ci ha ferocemente riportato ai primi Pokémon in 2D e praticamente ogni mappa di gioco non fa che confermare quella sensazione. Dalle città ai dungeon, passando per i percorsi numerati , tutto urla “Pokémon”. Ci sono anche dei pezzi di suolo da affrontare in modo unilaterale, rocce che fungono da temporaneo ostacolo e persino l’erba alta la cui funzione qui è meramente estetica.
Questo perché i combattimenti in Starlight Legacy sono tutti casuali e hanno anche una frequenza discretamente alta, per alcuni fin troppa. Combattere con Ignus e amici offre una sensazione familiare e, ancora una volta, fedele ai tempi andati di cui si fanno promotori. Abbiamo quindi le classiche opzioni anche se, l’assenza di un tutorial esaustivo, potrebbe farti perdere alcune possibili strategie da attuare. Oltre a magia e attacco standard, infatti, abbiamo anche la possibilità di usare una skill personalizzata da equipaggiare prima di combattere.
Non solo, le magie possono colpire un singolo nemico ma anche l’intero gruppo avversario mentre non mancano magie curative e la classica opzione per la difesa. Presente anche un sistema di equipaggiamento estremamente elementare e intuitivo a cui si somma un’esplorazione pacata ma ben incentivata da un sistema di tesori a “punteggio”. Può capitare, infatti, di imbattersi in uno scrigno con un numero. Quel numero indica le reliquie richieste per essere aperto. In breve, alcuni scrigni potrai aprirli solo nelle fasi avanzate.

Libero di andare dove vuoi
Cavallo di battaglia di Starlight Legacy è la libertà di esecuzione dell’avventura. Terminata la prima fase, infatti, sta a te decidere da quale bioma iniziare l’avventura e da quello, scandire man mano tutte le zone, seguendo il nostro intuito consapevoli che il titolo adatterà i nemici al nostro livello in modo discretamente coerente ed efficace. Quindi sì, esplorazione libera ma comunque limitata dal fatto che una volta scelto un settore, dovrai finirlo prima di poter selezionare il successivo.
Ad agevolare l’esplorazione del mondo che andrà gradualmente a schiudersi dinanzi a noi, si aggiunge la possibilità di sorvolare la macro mappa con un effetto esteticamente nostalgico ed efficace. Purtroppo, a tanta nostalgia emerge una scarsa longevità di un’opera che può essere portata a termine tra le 8-10 ore circa. Poco rispetto ai classici JRPG ma comunque coerente visto che raramente ti troverai a vivere momenti esageratamente “morti” o vuoti.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Starlight Legacy è un omaggio ai classici e sotto questo punto di vista, colpisce nel segno. Lo abbiamo detto e ripetuto, sembra di essere tornati a giocare ai primi Pokémon e questo non può che far bene a chi ha vissuto quegli anni. Allo stesso tempo, quasi tutto suona terribilmente anonimo, dai protagonisti ai nemici, passando per le location che sono fin troppo standard e prevedibili (specialmente per chi vive di pane e JRPG).
Il sonoro si difende discretamente bene grazie a musiche orecchiabili e a jingle che, seppur brevi, risultano coerenti con le atmosfere proposte dall’opera. Peccato, invece, per l’assenza della lingua italiana, considerando che non mancherà da leggere anche se, l’inglese utilizzato, è abbastanza elementare.