Negli ultimi anni, i giochi di ruolo giapponesi hanno vissuto una rinascita importante. Sempre più sviluppatori provano a recuperare quell’atmosfera magica che ha reso indimenticabili i classici degli anni Novanta: storie corali, personaggi memorabili, combattimenti tattici e mondi pieni di segreti pronti da esplorare. Quartet, nuovo progetto realizzato con passione da un team indipendente, si inserisce perfettamente in questa corrente. Ma, a differenza di tanti altri titoli che si limitano a rielaborare ciò che già conosciamo, questo gioco riesce a mettere in campo un’idea che lo rende unico: quattro protagonisti, quattro trame indipendenti ma intimamente connesse, che si incastrano come tessere di un puzzle narrativo.
Quartet non vuole essere un semplice omaggio al passato. È una lettera d’amore al JRPG tradizionale, certo, ma è anche un tentativo concreto di proporre qualcosa di originale. Qui non c’è un gruppo che si incontra per caso e parte immediatamente all’avventura: il viaggio inizia a distanza, con punti di vista differenti che alimentano la curiosità del giocatore. È un modo elegante per raccontare un mondo sfaccettato, mettere in primo piano personalità differenti e lasciare che la storia si costruisca con ritmo e naturalezza.
Il gioco si propone come esperienza adatta sia ai nostalgici di un’epoca d’oro del gaming sia a chi cerca un gioco di ruolo solido, ricco di contenuti e pieno di cuore. Quartet è un ritorno alle origini che non vive di sola nostalgia.

Storia e ambientazione di Quartet
La struttura narrativa è ciò che definisce l’identità di Quartet. Il titolo ti mette fin da subito al centro di una storia che si dirama seguendo quattro protagonisti, ognuno con un percorso personale e un angolo del mondo da mostrare. Questi archi narrativi, pur con toni e ritmi differenti, funzionano alla perfezione nel creare un intenso coinvolgimento emotivo.
Non serve entrare nel dettaglio degli eventi per comprendere quanto la caratterizzazione sia accurata. Ogni personaggio è più di un semplice ruolo in battaglia. Sono figure tormentate, ironiche, determinate o insicure, con motivazioni che crescono e mutano nel corso degli eventi. Conoscerli è come rivivere la magia degli RPG di un tempo, quelli che puntavano tutto sul legame tra giocatore e personaggio.

Man mano che la storia procede, iniziano a comparire dettagli, incontri, coincidenze che collegano i quattro destini. Il giocatore viene trascinato in un meccanismo narrativo irresistibile: vuoi scoprire cosa succederà dopo a ogni protagonista, ma allo stesso tempo senti crescere la curiosità di vedere cosa accadrà quando le loro strade finalmente si incroceranno.
L’ambientazione è un altro punto di enorme forza. Il mondo di gioco è vario, ricco di città con un proprio tono identitario, deserti ostili, boschi misteriosi e dungeon costruiti con una cura sorprendente. Ogni zona racconta una parte di lore, ogni dialogo aggiunge un tassello alla costruzione di un universo coerente e vivo. Non si tratta del solito regno fantasy generico, bensì di un mondo con politica, religioni, culture e conflitti ben definiti.
Quartet ricorda perché ci siamo innamorati dei JRPG. Non per la grafica o la tecnologia, ma perché ci facevano sentire parte di una grande storia.

Il gameplay
Se la narrazione stupisce, anche il gameplay non vuole essere da meno. Quartet recupera la formula del combattimento a turni classico, ma la rielabora per renderla più fresca e moderna. Non si tratta di una copia dei sistemi del passato: il titolo introduce una profondità tattica sorprendente, capace di premiare i giocatori che amano ragionare sulle proprie mosse.
Ogni personaggio, proprio come suggerisce il titolo, porta in battaglia una specializzazione ben definita, che si integra con le abilità dei compagni. Il gioco ti spinge naturalmente a creare sinergie tra elementi, ruoli e strategie. Gli scontri non sono mai piatti, non si risolvono con il semplice attacco ripetuto: c’è da pianificare, osservare i nemici, scegliere il momento giusto per liberare le abilità più potenti.

Un elemento particolarmente interessante è la gestione del party, che varia nel corso del tempo in base allo sviluppo delle linee narrative. Cambiare gruppi e prospettive mantiene il gameplay fresco, impedendo alla ripetitività di prendere il sopravvento. Ogni nuovo capitolo è una scoperta, una ventata di novità.
Non mancano poi sezioni esplorative con dungeon che mettono alla prova logica e attenzione, casse da aprire, segreti da scoprire e un avanzamento ricco di missioni secondarie che aggiungono ulteriore profondità al mondo di gioco.
La complessità c’è, ma non sfocia mai nell’eccesso. Quartet vuole che tutti possano godersi l’esperienza, senza barriere né grind estenuanti. La soddisfazione arriva dalle scelte tattiche, non dal farming infinito. Un equilibrio non semplice da ottenere, ma che qui risulta centrato con grande lucidità.

Tecnicamente nostalgico
La direzione artistica di Quartet è, semplicemente, adorabile. Il team ha puntato su uno stile visivo che riprende la pixel art dei migliori JRPG classici, ma la arricchisce con animazioni fluide, effetti particellari brillanti e un uso del colore che cattura davvero lo sguardo.
Ogni città e ogni dungeon sono riconoscibili a colpo d’occhio grazie a un design curato e a un uso intelligente delle palette cromatiche. Il risultato è un mondo che rimane impresso nella memoria e che fa venire voglia di esplorare ogni sua piccola porzione.
La colonna sonora si merita un paragrafo tutto suo: le musiche sono ispirate, con melodie che rimandano alla tradizione del JRPG ma con una forte identità personale. Brani epici, malinconici, spensierati… l’accompagnamento sonoro funziona in ogni momento, elevando atmosfera ed emozioni.
Sul fronte delle prestazioni, il gioco è stabile, fluido e leggero su qualsiasi piattaforma. L’interfaccia è chiara e leggibile, progettata per dare tutte le informazioni necessarie senza risultare invasiva.
L’unica vera pecca tecnica riguarda la voce assente nei dialoghi, scelta comprensibile per una produzione indipendente ma che talvolta limita l’impatto emotivo di scene particolarmente intense.
