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Obey Me: l’eterna lotta tra il bene e il male su PlayStation 4

Leonardo Calamari 5 anni fa Commenta! 12
 

Fa sempre piacere entrare in contatto con progetti che uniscono più mezzi d’intrattenimento, appartenenti a sfere ben distinte tra loro. Obey Me è un chiaro esempio di questo in quanto, dopo il suo debutto iniziale come fumetto di stampo action-adventure, si è lanciato a capofitto nel mondo dei videogiochi indipendenti, preservando in toto il proprio stile tanto semplice quanto efficace. Nonostante questo però, non mancano al suo interno elementi capaci di far storcere il naso.

Contenuti
Il demonio non può nulla contro la volontàLuci e ombre di un gameplay poco profondoLe influenze di diversi generiA proposito del comparto tecnico
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Obey Me nasce dalla penna di Mario Mentasti e la matita di Ben Herrera, artista già noto per aver lavorato a diversi fumetti Marvel, tra cui la serie di X-Men e quella di Spider-Man.

Quello che ci si potrebbe auspicare da una trasposizione come questa, è senza dubbio un ritorno in chiave videoludica di tutti quegli aspetti che caratterizzavano l’opera di partenza e in questo, Obey Me, riesce in un certo senso a tenere fede alle aspettative. Dal coloratissimo comparto grafico al gameplay decisamente immediato l’opera, nata dalla collaborazione tra Blowfish Studios e Error 404 Game Studios, non ha grossi problemi a raggiungere la sufficienza, ma fatica ad andare oltre. I motivi? Scopriamoli insieme.

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Il primo impatto con il titolo, giocato su PlayStation 4, è stato molto piacevole. Il suo stile chiaramente fumettistico colpisce nel segno già dal menù iniziale, presentandoci i due protagonisti immersi in un’ambientazione tutt’altro che invitante.

Il demonio non può nulla contro la volontà

In Obey Me il giocatore vestirà i panni di Vanessa, una cacciatrice di anime al servizio di un potente demone che troneggia sull’intera città. È proprio in questo scenario che avrà inizio la nostra avventura, quando una missione come tante si rivelerà essere ben più della solita passeggiata e noi, nel mezzo dell’eterna lotta tra il bene e il male, ci ritroveremo a dover scegliere da che parte stare.

In un mondo apparentemente governato da leggi ben precise, molte delle quali sarà possibile conoscere attraverso la raccolta di collezionabili sparsi per le mappe di gioco, il duo formato da Vanessa e dal suo più o meno fedele amico a quattro zampe Monty, dovrà quindi intraprendere un viaggio che ci porterà ad affrontare pericoli sempre più minacciosi, in una lotta per la nostra indipendenza.

Ed è proprio qui, già dai dialoghi iniziali o dalle prime pagine di Codex raccolte, che risultano chiari fin da subito sia l’enorme potenziale del titolo, sia quel che invece non funziona a dovere. L’universo di Obey Me, nonostante a prima vista possa risultare non particolarmente originale, è davvero ben costruito e ti assicuro che spesso, nel giocarlo, mi sono ritrovato a perdermi tra le varie descrizioni, affascinato da quel che leggevo.

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Trovare tutte le note di Crowley nascoste in Obey Me ci permetterà di apprendere a pieno l’universo in cui muoveremo i nostri passi, grazie alle descrizioni chiare e approfondite del rinomato studioso ormai disperso. Purtroppo però, per poter apprezzare queste cose sarà necessario masticare l’inglese, dato che il gioco non vanta una localizzazione italiana.

Se da un lato abbiamo quindi un’ambientazione convincente e una lore capace di intrigare, dall’altro troviamo purtroppo una narrativa che spezza l’azione tramite scene fin troppo statiche o dialoghi sì ben scritti, ma raramente capaci di coinvolgere il giocatore.

La prima cosa che viene in mente, pensando all’origine fumettistica di Obey Me, è il fatto che se la trama di gioco fosse stata introdotta proprio come quella di un vero fumetto (approccio già visto in molti altri titoli come ad esempio i due Gravity Rush), forse essa avrebbe potuto mantenere vivo più facilmente l’interesse dello spettatore.

Luci e ombre di un gameplay poco profondo

Trattandosi di un titolo brawler con visuale dall’alto, molto vicino a quello che potrebbe essere un hack ‘n’ slash isometrico, Obey Me da il meglio di sé nel gameplay vero e proprio e riesce in questo senso, nonostante alcune lacune che vedremo tra poco, a divertire per tutta la sua durata.

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Il gioco può essere affrontato a tre diverse difficoltà ma date le limitazioni che caratterizzano la modalità Facile e quella Normale, il mio consiglio è di viverlo selezionando la più ardua fra tutte, in quanto non risulterà comunque così impegnativa.

Quello che dovremo fare in Obey Me sarà essenzialmente eliminare pressoché qualsiasi cosa ci si pari davanti, durante l’esplorazione di mappe piuttosto lineari e mai eccessivamente estese. I modi per farlo saranno tutto sommato parecchi, alcuni dei quali però risulteranno fin troppo efficaci rispetto ad altri.

Proseguendo nel gioco sbloccheremo diverse armi e abilità per la nostra Vanessa, ognuna delle quali sarà possibile potenziare attraverso un tanto classico quanto semplicistico sistema di sviluppo ramificato, che richiederà una particolare risorsa (Anime) ottenibile sia uscendo vincitori dagli scontri, sia rompendo alcuni cristalli che incontreremo nel corso dell’esplorazione.

Nonostante gli sforzi riscontrabili nella varietà di armi e rispettive abilità presenti nel gioco, Obey Me non riesce a risultare abbastanza profondo in certe meccaniche e spesso, dopo aver accumulato molte Anime, ci troveremo a sbloccare potenziamenti non tanto perché ne avremo bisogno, quanto perché non sapremo come altro spendere tutte quelle risorse.

Ancora una volta, il potenziale c’è ma non viene sfruttato a pieno, cosa che risulta limpida anche nella resa di quelle che dovrebbero essere le combo fra le diverse armi; una feature mai davvero efficace ai fini del combattimento.

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Al titolo va riconosciuto un costante senso di progressione, ritmato dai vari elementi introdotti mano a mano che avanzeremo nella trama di gioco. Dalle nuove armi ottenute, alcune delle quali più tecniche e dunque capaci di dare soddisfazioni, alle varie trasformazioni che Monty guadagnerà mangiando le carcasse dei boss, le novità non mancheranno di certo.

Parlando ora dei punti di forza indiscussi dell’intera produzione, vanno sicuramente citate la qualità e la varietà che caratterizzano le diverse boss fight del titolo, un aspetto a mio avviso talmente riuscito che fa quasi strano vedere la carenza d’originalità essere direttamente proporzionale al nostro avanzamento nel gioco. Nonostante il titolo non conti più di una dozzina di livelli, la sua piattezza e ripetitività rischiano infatti di farlo sembrare molto più lungo di quanto non sia realmente.

Il mio consiglio per ovviare a questa cosa, è senz’altro quello di giocarlo in compagnia di un amico  selezionando la difficoltà massima, poiché sono certo sia questo il modo migliore per vivere l’esperienza offerta da Obey Me. La possibilità di affrontare l’intera storia in co-op locale, dove un giocatore controllerà Vanessa mentre l’altro impersonerà ovviamente il suo mastino infernale, rende il gioco senza dubbio più interessante.

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Ad arricchire almeno in parte la diversificazione del gameplay, ci penserà l’abilità dei nostri protagonisti di fondersi in un’unica entità più forte, che varierà i propri poteri a seconda di quale forma avremo scelto per il nostro compagno famelico. Anche in questo caso però, la profondità non è che accennata.

Le influenze di diversi generi

Come già detto in precedenza, il gameplay di Obey Me presenta diversi richiami ad alcuni dei più classici generi videoludici, tra cui i giochi di ruolo per quanto riguarda il sistema di sviluppo di Vanessa e Monty e, seppur in minima parte, i bullet hell nel momento in cui ci troveremo a dover affrontare alcune tra le battaglie più convincenti dell’intero titolo.

È soprattutto per questo motivo che ci tenevo a dare il giusto spazio a tali influenze, dedicando loro un breve paragrafo a sé stante. Sono genuinamente convinto che, se all’interno del gioco si fosse dato più spazio a certe idee, i suoi principali difetti quali l’eccessiva ripetitività e la scarsa profondità di alcune meccaniche, sarebbero immediatamente passati in secondo piano se non addirittura scomparsi del tutto.

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Ecco l’esempio di una delle boss fight che, attraverso l’utilizzo di pattern tanto cari ad altri generi, riesce a divertire e mettere alla prova il giocatore anche quando in solitaria. L’unione vincente tra quello che potremmo definire un puzzle ambientale e un bullet hell in 3D.

Puntando poi a una maggiore reattività dei comandi tipica dei videogiochi più arcade, ai quali comunque Obey Me si ispira molto visto anche il sistema di punteggio e voto che ci premierà alla fine di ogni livello e scontro forzato, si sarebbe potuta raggiungere una resa persino migliore.

La speranza, visto un finale tra l’aperto e l’emblematico, è sicuramente quella di vedere un seguito che possa fare tesoro di queste lacune e punti di forza, per arrivare dove questo primo titolo non si è saputo spingere. Già lo vedo, un Obey Me 2 ancora più veloce e frenetico, capace di mettere a dura prova i miei riflessi.

A proposito del comparto tecnico

Caratterizzato da uno stile unico e riconoscibile, semplice e immediato, il comparto tecnico di Obey Me risulta perfettamente funzionale e in linea con quello che è lo spirito del videogioco. Seppur una maggiore dinamicità avrebbe messo ancor più in risalto la bellezza delle tavole disegnate da Ben Herrera, la loro qualità è fuori discussione e questo, nelle scene d’intermezzo tra un livello e un altro, ci darà un buon motivo per non skipparle.

La grafica è semplice, coloratissima e perfettamente coerente con lo stile fumettoso del titolo. A parte qualche calo di frame rate, riscontrato nelle mappe più ricche di nemici ed elementi visivi, non mi è parso di vedere né gravi problemi di stabilità, né la presenza di bug che valga la pena di riportare. Per quanto riguarda il comparto sonoro invece, devo dire che si limita a fare il proprio dovere non brillando particolarmente, ma nemmeno gravando su quella che è la qualità finale del titolo.

Scopri tutto su Obey Me

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