Sviluppato da Seashell Studio e pubblicato in sinergia con Oribe Ware Games, Mostroscopy è un picchiaduro 1 vs 1 alla “Tekken” ma con un budget decisamente inferiore e incentrato nel riportare su schermo una serie di mostri e atmosfere folkloristiche Messicane tra horror anni ‘50 e Lucha Libre. Noi siamo scesi in campo a prenderci a calci e pugni con innumerevoli mostri e bizzarri lottatori su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione! Pronto a un’ondata di stravagante stile retrò?
Mostroscopy e una stravagante reunion di mostri
Mostroscopy regala un impatto visivo e immediato assolutamente identitario e stravagante. Parliamo di un’opera nostalgica e legata a doppio filo al folklore e al mondo del Messico. Tra le prime cose che vediamo, ossia il menù principale, è palese dove il titolo ci vuole portare: indietro nel tempo e con fare prepotentemente nostalgico e retrò. Nel dettaglio, d’ispirazione all’intera opera sono i film horror degli anni ‘50, roba che va ben oltre il B-movie ma che, nonostante tutto, sono comunque noti ai cultori del genere.
Ma non solo, ai mostri di vario genere, per un inspiegabile motivo se non quello legato al già citato folklore, si uniscono una serie di lottatori mascherati in pieno stile Lucha Libre. Non solo, alcuni lottatori sono essi stessi dei mostri come la “donna vampiro” che, oltre a essere mascherata, combatte anche in bikini… ma questi sono dettagli. Volendo scandagliare meglio le tipologie di mostri che sono poi la vera anima pulsante del titolo, abbiamo una sorta di stravagante “parodia” di tutte le creature più famose.

C’è una sorta di mostro di Frankenstein solo che ha la bocca sul ventre e un solo occhio gigante posizionato sul pettorale… c’è anche un lupo mannaro donna col nome puccioso, tale “Kitty”. E che dire dell’uomo pesce che parla a versi a loro volta trascritti con simboli indecifrabili? Presente anche un robot gigantesco e quadrangolare che combatte con mosse assurde e sfruttando fin troppo la propria “portiera” in stile frigorifero. Insomma, il roster è ampio, variegato e sinceramente divertente da scoprire in tutta la sua natura bizzarra e difficile da prevedere.
Per quanto riguarda la storia, Mostroscopy ha una sua micro narrazione all’interno della modalità principale, che è praticamente il classico “Arcade”. Il sistema è quello classico: cenni di storia iniziale, battute dopo ogni vittoria e cenni di storia conclusivi. Ogni personaggio ha una sua micro storyline che mira a raccontare grossomodo chi è o come è nato e soprattutto che “fine farà”. Contenutisticamente è molto, troppo poco, considerando il fascino generale dei personaggi che viene sfruttato narrativamente poco.

Ci sono però degli intrecci narrativi interni e una sorta di fumosissima lore a collegare i vari combattenti. Un esempio? La simil creatura di Frankenstein fugge per cercare il suo posto nel mondo e alla sua ricerca viene mandato il robot-frigorifero che funge anche da galoppino dell’inventore, personaggio non combattente che però è incluso nelle trame dei due membri del roster. Sono piccolezze apprezzabili ma poco approfondite e che lasciano il tempo che trova.
Inoltre, quel poco di narrazione è afflitto da due problematiche. La prima è la traduzione… Mostroscopy incluse i sottotitoli in lingua italiana ma questi sono assolutamente terribili e impossibili da comprendere. Una sequela di parole alla rinfusa concatenate in modo illogico e che richiedono un’interpretazione altissima. A ciò si unisce la conclusione di ogni trama legata a un fumetto a più vignette, statico che però rimane fisso su schermo per pochi minuti chiedendo quindi una lettura veloce e non permettendo di poter vedere le immagini (alcune molto gradevoli e fumettose).

Come malmenare i mostri
Accertato che la poca trama di Mostroscopy è afflitta da diverse problematiche, è bene vedere sul versante gameplay come se la cava. Ebbene, abbiamo tra le mani un classico picchiaduro uno contro uno in 3D dove non c’è alcuna profondità in arena. Siamo quindi a un sistema abbastanza classico e che dal primo impatto può sembrare anche troppo accessibile e semplice. In realtà, c’è un’intera modalità, denominata “challenge” che mira a sviscerare tutte le abilità e combo dei vari personaggi.
Il combattimento di Mostroscopy è affidato a tre tasti tra colpi semplici, mosse speciali e difesa. A un sistema così intuitivo però, come anticipato, c’è tutta una sequela di movenze e tasti che regalano combo a catena in alcuni casi davvero sorprendenti e piacevoli. C’è però un “ma”: non le utilizzerai quasi mai. Salvo un compagno giocatore accanito o la scelta di affrontare tutto al livello di difficoltà massimo, con alcuni specifici lottatori, è praticamente semplice individuare quale mossa spammare all’infinito per uscire indenne in quasi tutte le battaglie.

Un peccato, considerando la stratificazione e complessità (alcune mosse sono difficili da ricordare e replicare) di alcuni personaggi che mostrano anche una gradevole creatività dal uomo-pesce che sparisce sottoterra come se fosse una pozza d’acqua al già citato robottone che spara laser e combatte ravvicinatamente sfruttando una portiera. E che dire dei personaggi che possono evocare temporanei supporter in campo? Insomma, c’è davvero tanto in ballo e tutto con uno stile gradevole seppur grezzo.
Purtroppo, Mostroscopy presta il fianco anche a un’altra critica: la mole di contenuti abbastanza scarsa. Esclusa la modalità arcade, quella “challenge” è praticamente un tutorial a step obbligatori e rende quasi superflua la modalità “allenamento”. Mentre quella contro altri giocatori è abbastanza classica. Non c’è nulla di “unico” nelle modalità proposte e la longevità generale rischia di calare drasticamente una volta completate tutte le storie dei personaggi.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Mostroscopy è grezzo, rozzo e con innegabili problemi estetici da compenetrazioni e sfondi poco chiari. Eppure, ha stile e questo stile copre gran parte delle magagne. Anzi, il suo essere grezzo e “vecchio” gioca a favore con l’atmosfera che vuole evocare. Appunto, vecchia e “sporca”. In aggiunta, il titolo sfrutta una serie di filtri come l’effetto proiezione antica con linee verticale frammentate, effetti ondulatori e chiazze nere che appaiono e scompaiono.
A ciò, si aggiungono anche scontri in total black e white, per immergerci con coerenza nel passato. Il problema è che di questi filtri, Mostroscopy ne fa un uso eccessivo e non sempre necessario. Può capitare, infatti, in un’unica campagna di fare una sequela di scontri quasi esclusivamente in bianco e nero. Per quanto riguarda il sonoro, invece, questi è di alto livello, assolutamente gradevole e coinvolgente con alcune tracce perfettamente inserite nel contesto.
Nota finale e negativa per i già citati sottotitoli. Questi sono presenti in lingua italiana ma sono un completo disastro. Sembrano essere eseguiti da un’IA ubriaca e danneggiano gravemente la comprensione delle storie. Un peccato considerando che alcuni personaggi sono molto interessanti da conoscere.