Il gioco d’azzardo divide ancora l’opinione pubblica tra interesse e condanna. Le attività basate sul caso sono generalmente giudicate più in base alla moralità che alla realtà fattuale. È pur sempre una forma di intrattenimento legittima, ma le persone possono associarla al vizio, alla dipendenza e alla rovina personale. È davvero così grave?
Quando il gioco d’azzardo non è un problema
Il gioco d’azzardo non è affatto un problema se praticato in modo responsabile e razionale. I casinò italiani di alta qualità — prendiamo BassBet come esempio numero uno — offrono ai giocatori un accesso stabile a giochi social di alta qualità con croupier professionisti. BassBet e altri siti di gioco d’azzardo di alto livello hanno normalmente misure di sicurezza 10/10 e limiti regolabili: di tempo, di spesa, ecc.
Evoluzione storica e culturale in Italia

Il gioco d’azzardo ha una lunga storia in Italia. Nelle epoche antiche era un rito sociale, parte integrante della vita comunitaria. I romani giocavano ai dadi e alle scommesse durante le feste; con il passare dei secoli, però, la Chiesa cattolica iniziò a condannare il gioco d’azzardo — associandolo al peccato e alla perdita di controllo morale.
Nonostante ciò, il gioco non scomparve mai. In alcune regioni, come la Campania e l’Emilia-Romagna, la tradizione del gioco continuò a vivere in forma popolare, spesso legata alle lotterie o alle fiere locali. L’Italia, a differenza di altri paesi europei, mantenne un rapporto ambiguo con il gioco: da un lato lo condannava, dall’altro lo regolamentava e ne traeva profitto economico. Le lotterie di Stato, nate per finanziare opere pubbliche, divennero col tempo un simbolo di partecipazione collettiva più che di peccato.
Lo stigma contemporaneo
Oggi il gioco d’azzardo resta un tema controverso. Chi gioca viene spesso giudicato come irresponsabile o immaturo — mentre chi specula in borsa o investe in criptovalute è visto come audace o visionario. Questa doppia misura nasce da differenze sociali e narrative: il giocatore è associato all’azzardo del povero, l’investitore al rischio del ricco.
Inoltre, la società distingue tra forme di gioco “accettabili” — come il Lotto o le scommesse sportive — e quelle “sospette”, come i casinò o le slot machine. Il paradosso è evidente: lo Stato stesso guadagna miliardi dal gioco legale, pur promuovendo campagne contro la dipendenza.
Media e rappresentazione

I media hanno un ruolo decisivo nella costruzione dell’immagine del giocatore. Nei film e nelle pubblicità, il gioco appare spesso come un mondo affascinante ma pericoloso.
La rappresentazione mediatica influenza direttamente l’opinione pubblica e le politiche sul gioco. Più il giocatore è mostrato come vittima o peccatore, più cresce la distanza sociale tra chi gioca e chi giudica. In questo modo, i media non solo riflettono lo stigma, ma lo rafforzano.
Momento di psicologia pubblica
La mente umana è affascinata dall’idea di controllare il caso. Anche quando il risultato dipende interamente dalla fortuna, molti giocatori credono di poter influenzare l’esito attraverso rituali, “strategie” o semplici superstizioni. Questo fenomeno, noto come “illusione di controllo”, nasce dal bisogno psicologico di dare senso all’imprevedibile. Allo stesso tempo, la società tende a giudicare chi perde come debole o irresponsabile, ignorando il fatto che il gioco d’azzardo è, per definizione, un sistema dominato dal caso. Tale giudizio alimenta lo stigma e nasconde una verità semplice: chi gioca non perde perché sbaglia, ma perché il gioco non è fatto per vincere sempre.
Molte incomprensioni pubbliche nascono da una conoscenza limitata dei meccanismi psicologici e matematici che regolano il gioco d’azzardo. Tra i principali fraintendimenti troviamo:
- Credere che l’esperienza aumenti le probabilità di vincere, quando in realtà ogni evento è indipendente.
- Pensare che la “fortuna” si possa bilanciare, come se dopo una serie di sconfitte una vittoria fosse “dovuta”.
- Sottovalutare la potenza del rinforzo intermittente, che spinge a continuare a giocare anche dopo numerose perdite.
- Confondere intrattenimento e investimento, aspettandosi guadagni stabili da un’attività basata sul rischio.
- Minimizzare la dipendenza comportamentale, considerandola una semplice mancanza di forza di volontà invece di un disturbo psicologico reale.
Un giocatore stereotipato VS un essere umano reale
Al di là dello stigma, dietro ogni giocatore c’è una persona reale, con emozioni, paure e curiosità autentiche. Il gioco non è necessariamente una condanna: è un interesse umano, una ricerca di emozione e controllo. Giocare non significa per forza distruggersi — significa, spesso, cercare un momento di libertà.