Il panorama indie contemporaneo è costellato di piccole perle nate dalla passione dei fan, ma Fubuki Zero in on Holoearth, che abbrevieremo in Fubuki Zero per comodità, spicca come un caso particolare. Ufficialmente non è un prodotto di Cover Corp, bensì un progetto amatoriale realizzato da Peposoft e pubblicato da Phoenix Incorporated. Il titolo si colloca nell’universo espanso di Hololive Alternative, un macro-progetto transmediale che mira a immaginare le VTuber di Hololive in un mondo narrativo condiviso, fatto di manga, PV animati, interfacce archivistiche (l’Holomythria) e, dallo scorso aprile, di videogiochi.
In superficie Fubuki Zero è un frenetico action 2D a scorrimento orizzontale; in profondità è una lettera d’amore alla community che negli ultimi cinque anni ha trasformato Shirakami Fubuki in un’icona pop, capace di trascendere l’etichetta di “semplice” creatrice di contenuti digitali.
Sin dall’avvio, l’opera dichiara le proprie influenze: l’estetica “low-fi” dei platform giapponesi anni ’90, la scuola di level-design marcatamente Capcom‐iana di Mega Man X, e quel gusto tutto moderno per la fan-referentiality che cavalca impavido fra citazioni, cameo e strizzate d’occhio ironiche. Il risultato è un’esperienza compatta, si finisce in un paio d’ore, “skill permitting” che, pur con qualche asperità, rivela una cura sorprendente per dettagli grafici, micro-cut-scene, equilibrio tra accessibilità e sfida.

Una protagonista iconica: chi è Shirakami Fubuki
Shirakami Fubuki è la volpe bianca (kitsune) di prima generazione di Hololive JP, presentata sin dal debutto nel 2018 come spirito curiosissimo del folclore giapponese catapultato nella modernità. Dietro al modello 3D si cela una doppiatrice dal timbro squillante, capace di passare dai meme nonsense (“Good evening, brrr!”) a performance canore impeccabili. In Fubuki Zero questa identità ibrida viene incastonata in un alter-ego narrativo: Fubuki è la guardiana di Yamato, città mistica collocata nel ventre di un pianeta cavo (“Holoearth ”) minacciato da portali fuori controllo.
L’arma principale è Murasame-maru, katana immacolata che ricorda la spada omonima del ciclo di Touken Ranbu. Accanto al fendente base, la kitsune sblocca mosse speciali ispirate ai boss sconfitti: dal pirate cannon di Houshou Marine al tarot blast di Ookami Mio. La scrittura non punta a una trama complessa – bastano quaranta righe di testo per spiegare il conflitto – ma coglie l’essenza del personaggio: allegria contagiosa, un pizzico di auto-ironia meta-referenziale, determinazione quasi shōnen.
Trama e world-building: HoloEarth tra portali e duelli
La storia prende avvio in medias res: strani varchi dimensionali seminano caos nelle sei macro-aree che circondano Yamato. Ogni stage è dedicato a una diversa VTuber e ne riflette estetica e stile di combattimento: “Crimson Coves” di Marine richiama un galeone fantasma sospeso nel magma; “Lunar Grove” di Tsukumo Sana è un bosco lunare con basso effetto di gravità; “Fox’s Den” è il tutorial, con paesaggi shintoisti che fondono torii e piante di glicine. Il lore è affidato a collezionabili chiamati “Tomo-Scrolls”, brevi pergamene che raccontano retroscena sull’Alternative Universe.
Nel breve arco narrativo, Fubuki Zero tocca temi classici dell’hero journey, caos iniziale, prove, acquisizione di poteri, boss rush finale, ma inserisce pennellate di slice of life: minigag fra Fubuki e Mio, battutine su Yagoo (il CEO in versione NPC burlona), citazioni alla fire emblem‐iana “I’m definitely seventeen” di Marine. Chi cerca profondità psicologica potrebbe restare a bocca asciutta, ma l’avventura riesce, comunque, a rendere credibile un mondo coerente in poche schermate di testo.

Gameplay
Sul piano ludico, Fubuki Zero è un ibrido fra action-platform e boss-rush progressiva. Il moveset base comprende:
- Dash direzionale con invincibility frames
- Air step (doppio salto)
- Parry-slash temporizzato
Le boss-fight rappresentano senza dubbio il cuore pulsante dell’esperienza. Ogni scontro si articola in 3–4 fasi con pattern d’attacco che evolvono progressivamente, obbligando il giocatore ad adattarsi in tempo reale. Marine, ad esempio, alterna fendenti di sciabola a corone rotanti in perfetto stile bullet hell; Mio evoca spiriti‐lupo che costringono a un movimento verticale continuo su piattaforme mobili; mentre Sana altera la gravità, modificando traiettorie di proiettili e tempi di salto, trasformando il campo di battaglia in un vero caos cosmico. Ogni vittoria non solo sblocca un nuovo potere speciale ispirato al boss sconfitto, ma regala anche frammenti di storia e brevi clip audio originali doppiate dalle stesse VTuber.
Il tutto si inserisce in una struttura con tre livelli di difficoltà: “Wind Breeze” (facile), “Fox Tail” (normale) e “Kitsune Deity” (difficile). Sebbene la curva sembri lineare sulla carta, il salto tra normal e hard cambia radicalmente l’esperienza, richiedendo un approccio completamente diverso. I neofiti del genere potrebbero trovare frustrante il livello intermedio e optare per la modalità facile – una scelta tutt’altro che disonorevole.
Grafica e soundtrack
Visivamente Fubuki Zero è abbastanza apprezzabile. Le sprite-sheet di Fubuki contano oltre 120 frame di animazione: idle con coda che oscilla, blink rapido, scia di petali bianchi durante il dash. Gli sfondi multilayer si ispirano ai modelli parallax a 3–4 livelli di Owlboy o Shovel Knight, con palette pastello che virano al neon nei livelli avanzati.
A curare le tracce musicali invece è “Silver Forest”, duo già noto per arrangiamenti Touhou-style. Ogni livello ha un brano a tema: chiptune con modulazioni duty-cycle e batteria sintetica per Marine, declinazioni lo-fi chill con arpa elettrica per Ina, accenni synthwave per Sana. Il motivetto principale (“Tailwind of Yamato”) riecheggia in tonalità minore negli intermezzi narrativi, cucendo coerenza emotiva.