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Exit the Gungeon: Hello to Arms! – La recensione di una potenziale droga

Leonardo Calamari 5 anni fa Commenta! 8
 

Terminata l’esclusiva temporale su Apple Store e dopo il debutto nella libreria di titoli destinati a Nintendo Switch, Exit the Gungeon non poteva ignorare l’enorme bacino d’utenza rappresentato da due piattaforme come PlayStation 4 e Xbox One.

Contenuti
Spin-off, ma fino a un certo puntoIl comparto tecnicoTi potrebbe interessare

Supportato dal nuovo aggiornamento gratuito Hello to Arms! e dal successo che in questi lidi seppe ottenere il proprio prequel (Enter the Gungeon), il titolo di Dodge Roll e Singlecore punta ora a essere ricordato, cercando di impressione in positivo quanti più giocatori possibili.

Se è vero che nella nostra prima recensione Exit the Gungeon si meritò un 7.6, è altrettanto certo che dopo le aggiunte introdotte quel voto iniziava a stargli stretto. Senza dunque indugiare oltre su quelli che sono semplici numeri, direi di entrare a capofitto nel vivo di questa analisi, che per l’occasione si concentrerà su ciò che il titolo offre a oggi.

https://youtu.be/T37Wm1KDfWA

Spin-off, ma fino a un certo punto

Per quanto la trama di Exit the Gungeon, come già accadeva nel predecessore, non è altro che un semplice e banale espediente atto a buttarci nel vivo del gameplay, vale comunque la pena parlarne dati i numerosi rimandi al passato. Malgrado infatti il netto cambio d’impostazione, che ora mostra influenze platform ma rimane comunque focalizzata sullo shooting, stiamo parlando di un vero sequel che dello spin-off ha solo la sperimentazione.

L’atmosfera che si respira all’interno del Gungeon, luogo dal quale occorre fuggire ma in cui si ritorna sempre volentieri, ancora e ancora, a ogni nuova run, è tanto scanzonata quanto sardonica. Alla base di ogni cosa, infatti, che siano i dialoghi con i PNG o le brevi descrizioni di armi e oggetti, troviamo sempre un’ironia sottile che con battute spassose e citazioni velate, ricorda al giocatore quanto si sta divertendo.

Sebbene il centro nevralgico della produzione rimanga indiscutibilmente il puro gameplay, non è quindi da sottovalutare il gran lavoro che è stato fatto in questo senso. Ricco di chicche e richiami diretti al panorama videoludico e non solo, Exit the Gungeon riesce a coinvolgere senza il bisogno che si colga ogni cosa e ricorda a tratti, pad alla mano e con le dovute distinzioni del caso, i grandi del genere come ad esempio l’imperdibile The Binding of Isaac.

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Come in ogni titolo action che si rispetti, al giocatore vengono messe a disposizione manovre difensive indispensabili, che in Exit the Gungeon prendono il nome di Rotoschivate e Obliteratori. Le prime, ascendenti o discendenti che siano, donano al personaggio dei frame d’invincibilità mentre i secondi, consumabili, ripuliscono lo schermo da ogni colpo nemico.

Come accade spesso e specialmente quando si tratta di titoli indipendenti, a tracciare la validità di un’esperienza è la qualità del suo game design, che in Exit the Gungeon dà il meglio di sé a partire dal sistema di bilanciamento. Attraverso l’impiego di un contatore combo dalle fattezze di un dado a venti facce, infatti, il titolo reagisce in tempo reale all’abilità di chi lo sta giocando. In che modo? Imbrigliando o meno a suo favore la casualità che regola il gameplay.

A prescindere da quale personaggio selezioniamo, ognuno dei quali vanta un bonus unico e un diverso percorso che lo separa dall’uscita, Exit the Gungeon ci dà una sola arma che ha però il potere di racchiuderle tutte e sarà uccidendo nemici in sequenza, senza cioè essere colpiti, che potremo contare su quelle migliori a seconda del grado raggiunto dal D20.

A ogni modo, senza neanche pensarci, la vera forza del titolo sta nella varietà che viene costantemente sbattuta in faccia al giocatore. Dal continuo e automatico mutare dell’arma fino agli oggetti da sbloccare nel tempo, per non parlare poi di eventuali sinergie che nascono dalle interazioni tra ognuno di essi, ogni elemento che si incontra rinnova la voglia di scoprire e spinge chi gioca a un completismo che definire spontaneo è quasi d’obbligo.

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Ottime anche le bossfight, mai banali e dai pattern molto variegati. Se dovessi cercare il pelo nell’uovo, direi che questa varietà viene un po’ meno quando si tratta invece dei normali nemici, che a conti fatti risultano pochi e non sempre cosí ispirati.

Ed è proprio qui, di fronte a questa poliedricità di situazioni e gameplay a un prezzo stracciato, che l’aggiornamento gratuito Hello to Arms! (HtA) pone ulteriore carne al fuoco. Con una modalità alternativa che permette di trovare armi ed equipaggiarle, perfetta per chiunque apprezzi l’idea di un maggiore controllo sulle run, unita a una serie di ribilanciamenti, oggetti inediti e bug risolti, sono certo che il nuovo boss aggiunto abbia già le ore contate. Dico bene Pistolipo?

Il comparto tecnico

Dopo averne collocato il gameplay in relazione al prequel ed esserci soffermati sulle novità introdotte con HtA, è il momento di passare al lato tecnico che ti anticipo essere l’unico a presentare qualche difetto.

Innanzitutto, chi ha già amato Enter the Gungeon e la sua grafica in pixel art non potrà fare a meno di apprezzare la reiterazione di quello stile, che presta però il fianco a varie critiche riguardo l’intelligibilità degli elementi a schermo. Visto il già citato passaggio a un più classico 2D con visuale frontale, infatti, Exit the Gungeon risulta talvolta più confusionario del suo predecessore, senza tuttavia scadere nell’ingiustificabile o peggio frustrare chiunque lo giochi.

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Il gioco potrà anche essere meno profondo del predecessore, ma rimane un prodotto coraggioso e dalle evidenti qualità. I pochi difetti e il loro essere tranquillamente soprassedibili, non fanno che rendere Exit the Gungeon la seconda droga sintetizzata da Dodge Roll.

La frenesia che caratterizza il primo impatto con il gameplay, dunque, potrebbe sconcertare chi è meno aduso a titoli in salsa bullet hell, ma ogni nuovo tentativo porta a migliorare e questa è una qualità che non va sottovalutata. Il gioco non è sempre giusto, lo abbiamo visto, ma vanta un equilibrio che non mi stancherò di definire quasi esemplare.

A questo, si aggiunge poi un effettivo problema legato ai cali sporadici nel frame rate, che paiono proporsi esclusivamente alla rottura di oggetti in specifici stage. Fortunatamente però, anche in questo caso, niente che possa davvero minare all’integrità dell’esperienza ludica. In altre parole: il secondo difetto oggettivo che passa inevitabilmente in secondo piano.

Il resto, sono effetti sonori vari e azzeccati affiancati a tracce musicali mai inappropriate; due elementi che una volta uniti accompagnano il giocatore in maniera impeccabile.

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