Ci sono rituali che scandiscono il tempo dei calciofili in maniera immutabile: la prima giornata di campionato, i cori che esplodono nelle curve, i commenti post partita sui social, nelle chat tra amici o davanti ad un caffè. Per non parlare poi di una pietra miliare della ludicità analogica: il fantacalcio.
Per chi ama il calcio, ma anche per chi vive il videogioco come estensione della passione sportiva, l’appuntamento annuale è (ormai) uno solo: l’uscita del titolo calcistico targato EA, quello che decenni è stato semplicemente FIFA ma che da qualche conosciamo tutti come EA Sports FC. In un panorama videoludico ormai quasi del tutto privo di alternative, tra eFootball che ormai sembra avere rinunciato a qualsiasi modalità offline e UFL che si è rivelato uno dei peggiori giochi calcistici mai visti, anno dopo anno il rituale è sempre lo stesso: un nuovo capitolo da scoprire, criticare, amare e odiare.
Ma quale è la situazione attuale? Con FC 24 c’è stata la cesura storica dal brand FIFA, mentre con FC 25 si è tentato un consolidamento volto a costruire una nuova storia, quella che in inglese verrebbe definita con il termine legacy (letteralmente, eredità).
Quest’anno la sensazione è che Electronic Arts abbia provato a costruire finalmente un’identità autonoma, a trovare una sorta di “terza via” che possa dare nuova linfa ad una serie che si perpetua negli anni senza troppe novità; il risultato è un gioco che può incollare allo schermo, con qualche sorpresa interessante ma che non riesce a scrollarsi del tutto di dosso il suo essere un more of the same. Anzi più che altro un again the same.
Fischio d’inizio
Una volta avviato, FC 26 su PlayStation 5 restituisce subito una sensazione di estrema familiarità, e non in senso del tutto positivo: i menu infatti, sia pur rinnovati, restano caotici e ridondanti con una miriade di icone, notifiche e sottosezioni che rischiano di disorientare. Trattandosi di qualcosa cui l’utente fedele è abituato, bastano un paio di secondi per ritrovare le fila del gioco.

Avviata la prima partita possiamo renderci conto di come qualcosa sia in effetti cambiato: il ritmo del gioco è più lento e ragionato, il contrasto fisico conta di più e i calciatori non sembrano più scivolare sul campo come pattinatori, ma pesano, cadono, resistono. L’impressione iniziale è positiva: finalmente un titolo che cerca di restituire la densità di un match reale. Intendiamoci, ancora si riescono a compiere sgroppate incredibili sulle fasce e altre giocate ai limiti dell’incredibile ma cominciamo ad intravedere un pizzico di luce in fondo al tunnel della giocabilità.
Buona parte del merito è da ascrivere alla possibilità che ci hanno dato quest’anno gli sviluppatori di selezionare una modalità di gioco realistica, insieme ad alcune opzioni sulla IA che unite a quanto già esistente nei capitoli precedenti contribuisce se non a creare un titolo simulativo, a evitare che il nostro piano partita sia sempre palla filtrante sulla fascia e via fino in porta. Il ritmo rallentato permette di costruire azioni con maggiore logica, di ragionare sugli spazi e di apprezzare la fisicità dei contrasti. I difensori centrali non sono più semplici birilli: il loro posizionamento è cruciale, così come la capacità di leggere l’anticipo e il corpo a corpo diventa finalmente (a patto di saperlo padroneggiare) un’arma in più per non far sfuggire gli avversari.
Il sistema di collisioni è stato rivisto: non perfetto, ma meno artificiale. Le animazioni di controllo palla sono più fluide e restituiscono un senso di varietà nelle situazioni di gioco, pur rimanendo alcuni difetti cronici, specie per i portieri che alternano parate prodigiose a errori inspiegabili.
In generale, la IA dei compagni è molto altalenante e specialmente in difesa alternano prestazioni degne della miglior BBC a situazioni da pranzo al sacco; il tutto contribuisce a darci la sensazione che esista ancora il tanto discusso (e discutibile) momentum, quell’inerzia di partita che sembra ribaltare le sorti a prescindere dall’abilità del giocatore e che fa apparire alcuni match come totalmente scriptati.

Certo, la strada da fare è ancora lunga: in base alla mia esperienza, trovare un livello di sfida adeguato non è semplice e potrebbe richiedere del tempo. Ad un livello potremmo avere vita eccessivamente facile, mentre il livello successivo potrebbe rilevarsi eccessivamente duro. Questo perchè quanto detto per la IA dei compagni, vale anche e sopratutto per gli avversari: si passa dal vederli compiere movimenti banali, estremamente semplici all’avere contro un misto tra il Real Madrid vincitutto, il Barcellona di Guardiola e l’Olanda del calcio totale di Cruijff. Abbastanza da uscirne frustrati, anche perchè talvolta sembra che il realismo sia stato creato più che altro depotenziando i calciatori e “bloccando” la corsa del pallone che tramite effettive migliorie al modello di gioco.
E’ importante sottolineare che la novità principale è un cambio di filosofia apportato da EA, che ha deciso di provare a dividere in due il gioco attraverso il gameplay. Se, come ho detto si può selezionare un gameplay di tipo realistico, questa scelta è pensata principalmente per il single player. Per tutti coloro i quali spendono le proprie ore online, e sono sicuramente la maggioranza, esiste ancora un gamplay definito competitivo in cui velocità, trick e tutto quello che rende FC un arcade della peggiore specie, tornano ad essere elementi centrali del gioco.

In definitiva, nonostante i soliti limiti a cui EA ci ha abituati, possiamo dire che il gameplay di FC 26 è tra i più solidi mai proposti: più tecnico, più fisico, meno arcade.
Modalità di gioco
Come ogni anno, l’abbondanza di modalità di gioco è centrale in FC, per cui proviamo a (ri)scoprire cosa ci attende.
Ultimate Team
Il cuore del gioco (anche da un punto di vista remunerativo) resta Ultimate Team, e in FC 26 raggiunge una complessità e profondità ragguardevoli; le carte sono sempre di più, gli eventi frequenti e le possibilità di personalizzazione infinite. Ma il peccato originale resta sempre lo stesso: è una modalità che premia chi investe denaro reale. Il divario tra chi spende e chi gioca gratuitamente si percepisce subito, minando l’equilibrio competitivo a tutto vantaggio delle odiosissime microtransazioni.
Carriera
Anche quest’anno troviamo la doppia modalità Carriera, da allenatore o giocatore, che quest’anno ha beneficiato di qualche aggiunta in più, utile a migliorare l’esperienza complessiva.
Nei panni del mister, la gestione della squadra sia dal punto tattico che gestionale è più profonda, mettendoci nei panni di un allenatore plenipotenziario sul modello di certi manager inglesi alla Ferguson. Ovviamente possiamo assumere uno staff nutrito e delegare alcuni compiti agli specialisti, ma plasmare la propria squadra dalla primavera alla prima squadra pianificando attentamente allenamenti e mercato è sicuramente più soddisfacente. Non siamo ancora ai livelli di Football Manager, ma l’evoluzione è evidente e apprezzabile per chi cerca un’esperienza longeva, simulando cicli pluriennali.
Per quanto riguarda la carriera da singolo giocatore, possiamo notare come gli allenamenti quest’anno influiscano realmente sulla crescita del calciatore e allo stesso modo la gestione del mercato appare più dinamica, realistica. Inoltre, oltre a creare un giocatore ex novo, potremo utilizzare una stella del passato (come Totti o Beckham, per citarne due) e riscriverne la storia leggendaria.
Club
Al centro della campagna pubblicitaria di quest’anno, la modalità Club si conferma come la sorpresa più positiva degli ultimi anni. Giocare con un gruppo di amici, ognuno al controllo del proprio calciatore, restituisce il senso di squadra che spesso manca nelle altre modalità. Il sistema di progressione è più bilanciato rispetto al vecchio Pro Club e la componente competitiva cresce man mano che avanziamo di anno in anno.

Volta Football
Quello che una volta era un gioco a sé stante, divertente e di discreto successo come Fifa Street, ovvero il calcio di strada, resta ormai relegato a una modalità secondaria e nemmeno riuscitissima visto il poco che offre. Volta è divertente nelle prime ore, con il suo stile colorato e le giocate spettacolari, ma alla lunga si rivela poco profondo e facilmente trascurabile. Non abbiamo altro stimolo se non le partite classificate e la volontà di sbloccare nuovi capi d’abbigliamento e accessori.
Un punto di forza indiscusso di FC 26 è come sempre la mole di contenuti. Dai campionati principali alle leghe minori, dagli stadi più iconici alle competizioni ufficiali come Champions League e Copa Libertadores, l’offerta è sterminata. EA ha lavorato duramente per mantenere un livello di licenze altissimo, e questo si traduce in un senso di autenticità che nessun altro titolo sul mercato può vantare.

Questo significa che abbiamo numerosi tornei e competizioni da giocare, quando vogliamo evitare le altre modalità, e tra tornei maschili e femminili di carne al fuoco ce nè tanta.
Dove FC26 manca ancora, ed è un difetto ormai atavico, è nell’editor. Diversamente da altri titoli sportivi, EA non è mai riuscita ad implementare la possibilità di importare il proprio volto all’interno del gioco. E seppur l’editor dei volti sia molto profondo, per creare un avatar che ci rassomigli servono competenze fuori dalla portata della maggior parte dei giocatori.
Risulta anche impossibile, come una volta si poteva fare sulla concorrenza, creare squadre da zero con loghi o divise ufficiali. Ed è un peccato, perchè se è vero che siamo pieni di licenze, giocare contro il Milano o il Lombardia FC non è la stessa cosa di affrontare Inter e Milan a San Siro
Segnali di stile: grafica e sonoro
Per quanto riguarda il comparto grafico, il passaggio rispetto a FC 25 non è epocale ma si percepisce un raffinamento. C’è ancora troppa disparità tra i modelli dei top player e gli altri: i volti delle star sono incredibilmente realistici, mentre i giocatori meno conosciuti risultano ancora troppo generici e personalmente ritengo assurdo che nel 2025 non sia possibile avere dei modelli fisici realistici sia per quanto riguarda le corporature sia, sopratutto, per quanto riguarda i tatuaggi che fanno ormai parte del folklore del calcio e che già 15 anni fa con una semplice mod su PC erano presenti. Detto dei calciatori, gli stadi sono spettacolari: l’illuminazione dinamica, i dettagli del manto erboso e l’atmosfera generale contribuiscono a un realismo di grande impatto. Le animazioni in campo sono più variegate e il sistema Hypermotion continua a evolversi, restituendo fluidità e naturalezza grazie anche a tutta una serie di cutscene che aumentano l’immersività e che recentemente sono state riprese anche dalla Serie A con le bodycam indossate dagli arbitri.

Il discorso per quanto riguarda il comparto sonoro è un po’ più complesso: da un lato, il pubblico offre cori e tifo che aumentano l’immersione, con stadi che vibrano e reagiscono in modo credibile alle azioni di gioco mentre La colonna sonora dei menu, come da tradizione, è fresca, internazionale e azzeccata. L’aspetto negativo ricade sula telecronaca che è ancora ferma al palo: ripetitiva, poco incisiva, spesso fuori tempo. Una mancanza che pesa, perché spezza l’illusione di realtà. Probabilmente sarebbe il caso di sfruttare la IA per generare un commento più realistico e al tempo stesso sostituire una coppia di commentatori Pardo e Adani, che già presi singolarmente non sono amatissimi ma che in una coppia del tutto inventata funzionano poco.