I Game Awards 2025 non sono stati solo trailer, premi e annunci a effetto. Sul palco è andato in scena anche un momento politico, sottile ma carico di significato, firmato da Neil Druckmann, capo creativo di Naughty Dog e mente dietro The Last of Us. Una battuta apparentemente ironica ha acceso i riflettori sulla guerra dello streaming e sui movimenti che coinvolgono colossi come Netflix, Paramount e Warner Bros.
Un commento breve, pronunciato davanti a milioni di spettatori, che racconta molto più di quanto sembri.
The Last of Us vince ai Game Awards 2025

La serie HBO The Last of Us ha vinto il premio come Miglior adattamento ai Game Awards 2025. Un riconoscimento che conferma il successo dell’operazione HBO, capace di trasformare uno dei videogiochi più importanti degli ultimi vent’anni in una serie TV di alto livello.
Sul palco sono saliti Neil Druckmann e Gabriel Luna, interprete di Tommy. Un momento celebrativo, almeno in apparenza. Perché proprio durante il discorso di ringraziamento è arrivata la frecciata.
La battuta che ha fatto rumore
Druckmann, ringraziando il pubblico e i partner, ha ironizzato su chi fosse “il nostro attuale signore dello streaming”. Una frase pronunciata con tono leggero, ma con un bersaglio preciso.
Netflix e Paramount sono stati citati in modo indiretto, insieme ad altri potenziali attori globali, in riferimento alla situazione incerta che riguarda Warner Bros., HBO e HBO Max. Non un attacco frontale, ma un messaggio chiaro a chi segue le dinamiche dell’industria.
Il sottotesto è evidente: l’universo di The Last of Us è diventato un asset di valore enorme, e il controllo delle piattaforme che lo ospitano è tutt’altro che stabile.
La guerra dello streaming sullo sfondo

Negli ultimi mesi si parla con insistenza di acquisizioni, fusioni e trattative che coinvolgono Warner Bros. Discovery. Netflix e Paramount vengono spesso citate come potenziali protagoniste di accordi futuri, anche se nulla è stato ufficializzato.
Druckmann ha giocato su questa incertezza, mettendo in evidenza una realtà ormai chiara: oggi le grandi serie non appartengono solo ai creativi, ma ai colossi dello streaming che le finanziano e le distribuiscono.
Il suo commento è stato letto da molti come una critica alla logica del mercato, dove la proprietà intellettuale diventa una pedina strategica più che un progetto artistico.
Il trailer e il finale della seconda stagione
Durante la serata è stato mostrato anche un nuovo trailer di The Last of Us, che anticipa il gran finale della seconda stagione. Le immagini hanno confermato un tono ancora più cupo e divisivo, in linea con gli eventi narrativi già noti ai fan del videogioco.
La serie continua a seguire una strada coraggiosa, senza semplificare i temi o ammorbidire le scelte narrative. Una direzione che porta chiaramente la firma di Druckmann.
Il futuro della serie è già in movimento
Un altro punto chiave emerso riguarda il futuro del franchise. Druckmann ha confermato di essere già al lavoro sulla terza stagione di The Last of Us per HBO. Il progetto è in fase attiva, con la struttura narrativa già impostata.
Allo stesso tempo, il creativo ha ribadito un concetto importante: il suo ruolo principale resta legato ai videogiochi. Dopo l’impegno sulla serie, l’intenzione è tornare a concentrarsi sullo sviluppo di nuove esperienze interattive.
Naughty Dog e i videogiochi: cosa bolle in pentola

Negli ultimi anni Naughty Dog ha mantenuto un profilo piuttosto silenzioso sul fronte videoludico. Ai Game Awards 2024 era stato presentato Intergalactic: The Heretic Prophet, un progetto che ha acceso curiosità ma che non è ancora entrato nel vivo della comunicazione.
Le parole di Druckmann ai Game Awards 2025 sembrano voler rassicurare i fan: la parentesi televisiva non ha messo in pausa l’identità dello studio californiano. La narrativa resta il cuore di Naughty Dog, indipendentemente dal mezzo.
Un messaggio per l’industria
La frecciata a Netflix e Paramount non va letta come un attacco personale, ma come una presa di posizione culturale. Druckmann rappresenta una generazione di autori che si muove tra videogiochi, cinema e serie TV, ma che non vuole perdere il controllo creativo.
Il successo di The Last of Us dimostra che un adattamento può funzionare senza snaturare l’opera originale. Il rischio, però, è che la logica delle piattaforme finisca per uniformare tutto.
Il suo intervento ai Game Awards è stato un promemoria: dietro ogni grande IP ci sono autori, non solo bilanci.
I Game Awards come palcoscenico politico

Sempre più spesso, i Game Awards diventano uno spazio dove si parla non solo di giochi, ma di industria. Le battute, i ringraziamenti e i silenzi raccontano molto dello stato del settore.
Quello di Druckmann è stato uno dei momenti più commentati proprio perché ha toccato un nervo scoperto. Lo streaming domina il mercato dell’intrattenimento, ma il rapporto tra creativi e piattaforme resta fragile.
Un equilibrio ancora instabile
The Last of Us continua a vincere premi, attirare pubblico e generare discussioni. Ma il suo futuro dipende anche da decisioni che vanno oltre la scrittura e la regia.
La frase di Druckmann, pronunciata davanti al mondo, è un segnale. Il successo non basta a garantire stabilità. E nel 2025, nemmeno HBO può essere data per scontata.
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