Sviluppato da Game Dynasty e pubblicato Valkyrie Initiative, DREAMOUT è una brevissima avventura in 2D con visuale isometrica che prende vagamente ispirazione dai primi The Legend of Zelda ma che, in realtà, punta completamente sull’umorismo. D’altronde, impersoniamo un alpaca di nome Alpaca perennemente ubriaco e che non vede l’ora di attaccarsi alla prima bottiglia che trova. Ecco, noi abbiamo affrontato questa surreale odissea comica su Nintendo Switch. Pronto a scoprire la nostra recensione?
DREAMOUT e le conseguenze dell’alcol
DREAMOUT è umorismo nonsense a 360° con un pizzico di crudeltà, una sorta di spin off più soft di South Park dove impersoniamo un alpaca perennemente ubriaca e che vomita arcobaleni e con un’indole particolarmente violenta. Prima di scendere nei dettagli narrativi quindi, tocca fare una mini premessa: nonostante l’aspetto estetico da cartoon puccioso, DREAMOUT non è assolutamente un titolo per bambini, presentando situazioni decisamente fuori di testa e ben poco legittimate nel contesto stesso della storia, oltre a usare un linguaggio abbastanza colorito.
Come inizia DREAMOUT? Semplice, il nostro alpaca di nome Alpaca emerge da una brutta sbronza e si ritrova in un locale che, apparentemente, ha contribuito a devastare. Inutile dire che non siamo benvoluti ma… qualcuno sembra avere bisogno di noi. Si tratta di un teschio parlante di nome Gentleman a cui è stato sottratto il corpo e noi dobbiamo aiutarlo intercettando i rapitori e recuperando il maltolto.

Inizia così un’avventura breve ma decisamente fuori di testa che ci vedrà interagire con una serie di personaggi secondari che danno vita e tono all’intero titolo. In realtà, sono proprio le trovate nonsense e surreali a spingere a vivere il titolo fin in fondo visto che, come vedremo a breve, il gameplay non brilla né per originalità né per stratificazione. Un esempio della follia di DREAMOUT? Senza spoilerare troppo, ci ritroveremo ad avere a che fare con polli satanici che vogliono evocare il demoni ma anche con persone congelate da ripescare, dopo oltre vent’anni di attesa, per farli ricongiungere ai suoi cari.
E che dire dello sterminio di una famiglia di carote senzienti per condire una zuppa da bere senza alcuna pietà? Il tutto, scandendo le fasi di gioco con bevute e trip mentali di vario genere, con virate anche discretamente inquietanti. Non mancano, nel mezzo, momenti opzionali più introspettivi dove Alpaca e Gentlemen si raccontano a vicenda il proprio passato e le proprie sventure, dando qualche spiraglio in più a una caratterizzazione altrimenti abbastanza rumorosa ma poco sostanziosa.
In soldoni, durante DREAMOUT si ride e anche abbastanza spesso, più che alto grazie a trovate narrative che spezzano a prevedibilità del racconto. Tutto può succedere e le missioni stesse, in gran parte opzionali, riescono a dare un piccolo boost creativo. Il motivo è semplice: vogliamo vedere dove vanno a parare e che assurde conseguenze si avranno. Purtroppo, il viaggio di Alpaca è decisamente breve, bastano meno di due ore per arrivare ai titoli di coda con l’amaro in bocca… considerando anche il titolo non si presta affatto alla rigiocabilità.

Un gameplay poco coraggioso
DREAMOUT è un’avventura in 2D fortemente lineare e con pochi passaggi “segreti”, scandita da missioni di vario genere, un combat system semplice e ripetitivo e un paio di tipologie di puzzle abbastanza cicliche. Nel dettaglio, l’esplorazione delle aree di gioco di DREAMOUT è discretamente banale, trattandosi di sentieri prevalentemente lineari e prevedibili. Il level design si piega però in alcuni casi al “momento puzzle”.
La tipologia di puzzle proposta dal gioco è abbastanza intuitiva e riguarda un concatenare di elementi da selezionare man mano. Per farla breve, abbiamo come elementi un fiore che soffia aria spostando gli oggetti e di cui possiamo direzionare il flusso, una scatola da poter posizionare sui pulsanti a pressione e infine dei portali gialli interconnessi tra loro e che fungono da teletrasportatori di oggetti in stile Portal, seppur estremamente più semplice e minimalista.

Nei primi puzzle di DREAMOUT gli elementi vergono forniti automaticamente ma col progredire dell’avventura, spetterà a noi decidere cosa piazzare e in che ordine. Credici, è più semplice da giocare che da descrivere e difficilmente ti troverai realmente in difficoltà nel risolvere quest’unica tipologia di puzzle. Oltre a ciò, il titolo presenta delle sporadiche sessioni di pesca dove bisognerà premere più volte un tasto seguendo un pesce e una barra su uno schermo cercando di tenerli in contatto più tempo possibile e anche dei fugaci mini giochi in stile sparatutto 2D a scorrimento orizzontale, molto semplici e facili.
Come d’altronde è facile l’intero gioco che, ad esclusione del boss finale, ti permette un respawn immediato e con i nemici che rimangono coi danni precedentemente inferti. Il combat system, a tal proposito, è semplicissimo, fatto di combo banali a cui si somma un’unica mossa speciale che serve a causare più danni e utilizzabile solo dopo aver totalizzato con successo tre colpi “semplici”. Per difenderci, invece, abbiamo una semplice schivata.

Per completare il tutto, ci sono delle monete da raccogliere e dei gettoni cuore che curano l’energia. Le monete sono sostanzialmente inutili e possono essere investite solo per comprare determinati costumi. Questi sono vari, alcuni decisamente ironici, altri che fungono da richiamo ad altri videogiochi come DOOM (che ha anche una piccola sorpresa extra ludica) , Metal Gear o Hollow Knight. Purtroppo, questi costumi sono fini a se stessi, non essendoci statistiche o bonus di rilievo, solo uno ha uno scopo concreto in una sporadica fase stile stealth.
Purtroppo, nonostante qualche idea carina e l’indiscutibile umorismo siunceramente imprevedibile che dona carattere all’intero titolo, l’esperienza ludica in sé risulta troppo semplice, lineare e ciclica per conquistare come si deve. Inoltre, la brevità non aiuta a far evolvere come si deve il potenziale di base comunque presente.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, DREAMOUT si difende bene grazie a uno stile cartoon 2D molto idoneo alla follia che va a condividere su schermo. Tra parodie e trovate nonsense, il gioco scivola via molto bene. I personaggi, seppur alcuni troppo simili tra loro, sono azzeccati, così come alcuni scenari che virano anche sull’inquietante. Certo, non tutto è ispiratissimo e i biomi disponibili sono pochi e molto abusati. Da segnalare qualche piccolo bug tra cui un paio di episodi dove Alpaca si è incastrata con l’ambiente costringendoci a fugace reset.
Il sonoro non è male anche se abbastanza anonimo. Fa il suo dovere senza risultare fastidioso ma fatica a restare impresso. Per quanto riguarda le modalità offerte dall’ibrida Nintendo, il titolo dona il meglio di sé in portabilità, risultando fluido e solido. Infine, da segnalare l’amara assenza dei sottotitoli in lingua italiana, un’assenza da tener conto considerando che il titolo spicca soprattutto per l’umorismo scritto, tra cui ci sono anche giochi di parole da dover comprendere. Senza contare, infine, che molti sottotitoli sono velocissimi e richiede quindi una comprensione del testo rapida.
