Dopo cinque anni di teorie, trailer enigmatici e foto di Norman Reedus con cavi arcobaleno, Death Stranding 2: On the Beach è finalmente una realtà giocabile. Il nuovo progetto di Hideo Kojima promette di perfezionare (e in parte ribaltare) il celebre “strand game” che, nel 2019, aveva spaccato la critica fra chi lo definiva un capolavoro contemplativo e chi lo bollava come “simulatore di corriere”. Stavolta Sam Porter Bridges non attraversa più l’America post‑apocalittica, bensì un’Australia sconvolta da piogge letali, fratture dimensionali e un’umanità ancora più disperata. Kojima Productions ha dichiarato di aver riscritto la storia da zero dopo la pandemia di Covid, proprio per interrogarsi di nuovo sul concetto di connessione in tempi di isolamento
Se il primo capitolo aveva convinto grazie a un mix inedito di meditazione, fatica fisica e collaborazione asincrona, Death Stranding 2 punta più in alto: mappe più vaste, un arsenale degno di Metal Gear (e diverse parti di gameplay molto similari al quinto capitolo), infrastrutture folli (monorotaie sospese, droni anfibi, addirittura trasporti di animali vivi) e un cast che mescola volti già noti a new entry di lusso. Gran parte della critica lo ha definito “un trionfo quasi in ogni aspetto” premiandolo con voti che hanno spesso sfiorato il perfect score. Non mancano voci critiche: alcune testate segnalano che l’aumento d’azione rende l’esperienza meno mistica e più convenzionale.
L’obiettivo di questa recensione è capire se il nuovo strand game riesce davvero a mantenere intatta la propria identità mentre moltiplica crisi esistenziali, boss colossali e gadget fantascientifici. Il verdetto finale? Death Stranding 2: On the Beach non è perfetto, ma sorprendente e coraggioso, come ci si aspetta da uno studio che preferisce rischiare piuttosto che adagiarsi.

Death Stranding 2: la storia da dove ci eravamo lasciati
La trama (senza fare spoiler) di Death Stranding 2 si apre undici mesi dopo la “riconnessione” dell’America. Sam, ora figura leggendaria, riceve un SOS dall’emisfero australe: colonie sparse nel deserto rosso, miniere di cronopioggia nelle Blue Mountains e una rete chiral ridotta a poche isole di segnale . Al centro delle nuove minacce ci sono due elementi: la misteriosa Chimera, una creatura capace di fondere spiagge (i limbi tra vivi e morti) in un’unica mareggiata catastrofica, e un culto umano‑alieno che vede nella disconnessione totale l’unica salvezza.
Sam Porter Bridges torna più disilluso ma non meno determinato. Accanto a lui trovi Fragile (Léa Seydoux), che gestisce una compagnia aerea di droni supersonici, e Louise: la bimba del primo BB Pod ora cresciuta fino all’adolescenza, costretta a convivere con poteri imprevedibili. Nel cast spiccano le new entry Elle Fanning (una ricercatrice che documenta il collasso climatico con filmini in stop‑motion) e Shioli Kutsuna (una contrabbandiera con un esoscheletro anfibio). Tutti i personaggi sono doppiati e animati con un realismo che sfocia nell’uncanny‑valley in qualche cut‑scene, ma il carisma collettivo regge l’intreccio fino alla fine.
L’Australia di Death Stranding 2 alterna dune rosse, foreste pluviali che ricordano Jurassic Park e città fantasma collegate da ponti cavi sospesi. Il paesaggio non è solo scenario: tempeste di sabbia, maree inverse e canguri spettrali influenzano rotta e carburante. Kojima mostra un tocco quasi documentaristico nel rappresentare gli ecosistemi in via di estinzione, salvo poi inserire baleniere volanti e rovine subacquee in perfetto stile fantascientifico.

Legami col primo capitolo? Ovvio. Death Stranding 2 funziona anche senza aver toccato l’originale, ma chi ha affrontato la prima avventura coglierà echi emotivi cruciali. Le tematiche del 2019 come l’isolamento, lutto, cooperazione indiretta, tornano amplificate: la Chiral Network ora collega realtà parallele, trasformando la “strada condivisa” in un multiverso fragile. Sam non è più un eroe riluttante, bensì il simbolo di un’utopia che rischia di implodere sotto il peso delle aspettative, e la relazione con Louie mette in scena un confronto padre‑figlia che riecheggia l’amaro finale del primo capitolo senza replicarlo.
un gameplay meno emotivo e più classico
La spina dorsale in Death Stranding 2 è ancora il trasporto merci, ma il design delle mappe e dei mezzi spinge la logistica a livelli quasi da Factorio. Oltre alle classiche zip‑line e ai camion a celle chiral, ora puoi:
- costruire monorotaie magnetiche che attraversano canyon in tempo reale;
- liberare droni “Boomerang” capaci di depositare pacchi a 400 m di distanza;
- organizzare convogli multi‑porta: NPC pilotati dall’IA che seguono la tua rotta e riforniscono basi remote.
Il sistema di fisica resta il vero antagonista: carico sbilanciato? Ti ritrovi a rotolare giù per l’Uluru. Mancanza di ossigeno? Un incubo se la cronopioggia diventa “cronontempesta” e riduce la visibilità sotto zero. Per fortuna esiste l’Automated Porter Assistant System, l’albero abilità diviso in Combattimento, Stealth e Serviceship: consegna tante casse di vaccini bio‑luminescenti e Sam ottiene bonus stabilità; investe punti in stealth e può neutralizzare MULE con dardi soporiferi fatta in casa.
Combattimento e stealth
In Death Stranding 2, Kojima ha ascoltato chi chiedeva più azione: armi da fuoco, lame polimeriche, torrette portatili e gadget “non‑letali creativi” alla Peace Walker. L’arsenale non cancella lo spirito pacifista—le munizioni letali restano penalizzate dalle contromisure BT—but amplia le soluzioni. Il rope dart consente di legare due nemici e farli collidere, mentre il plasma shield reindirizza le balze nere dei BT. La postura dei boss (squali di catrame, geishe‑manta e un mech da scavo pilotato da Troy Baker) funziona con un sistema a barre multiple simile a quella di Sekiro: esauriscile e ottieni una finestra “strand kill” per sigillare l’anima nell’oceano di spiagge.
Il combattimento di Death Stranding 2 è più leggibile di prima: hitbox chiari, indicatori di parry e animazioni che si incastrano con la fisica del carico. Le recensioni di Kotaku parlano di “sequel più grande, più folle ma non sempre migliore” proprio per questo focus action; la verità sta nel mezzo. Sul piano dei ritmi il gioco alterna fasi stealth —dove restare in apnea fra mangrovie per non svegliare un BT gigante— a sparatorie adrenaliniche in porti militari abbandonati. La scelta è quasi sempre tua, perché i livelli offrono percorsi secondari verticali, caverne sottomarine o dune che aggirano il fronte.

Cooperazione asincrona e multiverso in Death Stranding 2
La rete chiral ritorna potenziata: oltre a ponti, cartelli e scale lasciate dai giocatori, ora puoi clonare infrastrutture da dimensioni parallele. Durante la partita compaiono “Echi di un altro strand”: copie al 50 % di efficienza di oggetti creati da gamer in universi simili. Raccogliendo minerali rari contribuisci a stabilizzare la spa accanto e a farla diventare permanente. In modalità Valutazione, puoi perfino “adottare” le strade più utili: le scansioni social mostrano in tempo reale quanti corrieri hanno beneficiato di un tuo ponte—motivando a creare opere collettive su scala globale.
Kotaku ha dedicato un articolo ai consigli per principianti, menzionando le nuove zip‑line PCC‑DV e le vele fotoniche per surfare su laghi di catrame. Nella pratica, i vecchi trucchi funzionano ancora (una rete di cavi alti è sempre l’ottimizzazione perfetta), ma il metagame è più ricco grazie a missioni opzionali che premiano con blueprint rari: nel tardo gioco puoi addirittura trasportare animali vivi su slitte criogeniche per ripopolare biomi sterili.
Progressione roguelike
Non c’è permadeath, ma On the Beach introduce il concetto di Convergenza BT: se vieni trasportato in un cratere d’Oltretomba, perdi zaino e cargo, che rimangono in quel punto della mappa finché non li recuperi in un mondo “ombra” infestato da BT d’élite. Recuperare il carico resetta il tuo karma negativo e riduce le tariffe di consegna; abbandonarlo causa penalità permanenti sugli ordini di alto livello. Questo loop aggiunge tensione roguelike senza frustrare con perdite definitive.
Il risultato è un gameplay a due velocità: meditativo durante le marce di 40 minuti sotto la pioggia procedurale, intenso nei momenti in cui la colonna sonora di Woodkid esplode e scatena un assalto corale contro uno scheletro corallino alto trenta metri.

Tecnicamente a tratti impressionante
La Decima Engine, aggiornata da Guerrilla e Kojima Productions, sforna uno dei titoli più belli della generazione, parola di Digital Foundry / Eurogamer: texture a 8K ricampionate, simulazione fluida dei fluidi e un ciclo giorno‑notte che influisce sulle IA nemiche. Le animazioni facciali di Reedus raggiungono livelli da film, mentre la gestione della fisica dei pacchi mostra deformazioni elastiche realistiche e riflessi di luce volumetrica sul metallo.
Le modalità grafica: Quality a 60 fps dinamici in 1800p con FSR 3.0; Performance a 80‑120 fps in 1440p upscalato. Su PS5 Pro la risoluzione base sale, ma l’assenza di ray tracing nativo ha deluso qualche purista. L’audio 3D è, a detta dello stesso John Linneman, “un capolavoro di sound design”: pioggia granulare, eco nelle gole e mix real‑time dei brani procedurali composti da Woodkid, che reagiscono al battito cardiaco di Sam.
I caricamenti? Praticamente inesistenti: dall’home PS5 al campo base in 7 secondi. Unica nota dolente: rarissimi crash segnalati su PS5 base durante il capitolo 11 e qualche bug di compenetrazione negli assalti multipli dei MULE.
In definitiva, se cerchi un sequel che replichi in fotocopia l’esperienza del 2019, potresti percepire l’aumento di velocità e l’abbondanza di armi come un tradimento. Se invece apprezzi l’ambizione di un autore che trasforma un simulatore di corriere in un romanzo di fantascienza post‑climatico da 50 ore, allora Death Stranding 2: On the Beach è un viaggio imperdibile.