Dungeon, dadi e pericoli: la nuova spedizione nel lato più tattico del fantasy
Ci sono videogiochi che continuano a tornare, ciclicamente, come se avessero un debito ancora da saldare con i loro fan. Dark Quest 4 è uno di questi. La serie, nata come omaggio videoludico ai grandi board game fantasy degli anni ’80 e ’90 – su tutti l’intramontabile HeroQuest – non ha mai nascosto le sue radici, ma con questo nuovo capitolo sembra voler alzare l’asticella, tentando di ampliare l’esperienza e allo stesso tempo far crescere il pubblico che già l’aveva apprezzata.
Il team di sviluppo continua a puntare sull’essenziale: esplorazione di dungeon, combattimenti tattici a turni e un’atmosfera da fantasy cupo che esalta ogni piccola vittoria e rende ancora più amara ogni sconfitta. Tuttavia, Dark Quest 4 cerca anche di innovare, soprattutto introducendo una struttura più vasta, una componente roguelike più spinta e un’enfasi maggiore sulla gestione della propria compagnia di eroi.
Il risultato è un gioco che vuole catturare quello spirito artigianale da tavolo, ma inserito in un videogioco moderno. Tu, giocatore, diventi il burattinaio: crei il tuo gruppo, pianifichi ogni mossa, vivi rischi e ricompense in un mondo dove ogni errore si paga caro. E questa sensazione, nel bene e nel male, è uno dei motivi che tiene incollati alle avventure di Dark Quest 4.

Storia e ambientazioni: fantasy allo stato puro
La narrazione non è mai stata il cuore pulsante della serie, e anche qui non cambia molto. L’intreccio è lineare, ma funzionale al contesto: un malefico stregone minaccia il regno e solo una squadra di eroi capaci e disperati può provare a fermarlo. Una premessa semplice, volutamente archetipica, proprio come nei vecchi giochi da tavolo in cui la fantasia del giocatore faceva il resto.
La cosa interessante è che Dark Quest 4 non si limita a dare un nome o un ruolo agli eroi: cerca di rendere ognuno di loro unico per approccio al combattimento e abilità, offrendo una caratterizzazione che si costruisce più nel gameplay che nel storytelling diretto.
Le classi a disposizione rispecchiano gli archetipi più amati del fantasy: il barbaro muscoloso che frantuma i nemici, il ladro scaltro che preferisce agire nell’ombra, l’arcere dalla mira infallibile, il mago che piega gli arcani. E poi guaritori, paladini, trappolatori, evocatori… la varietà è un valore forte, anche perché ogni scelta cambia l’intera esperienza di gioco.
L’ambientazione mantiene un tono oscuro ma non eccessivamente opprimente. Le mappe dei dungeon, realizzate come miniature vive, sono piene di pericoli e trappole che contribuiscono a costruire un’atmosfera da gioco di ruolo cartaceo. Camminare tra corridoi stretti, aprire porte temendo cosa possa celarsi dietro, scegliere se rischiare un forziere o aggirarlo… tutto richiama la curiosità e la cautela tipiche dell’esplorazione tattica.
Non è una storia complessa, ma ti spinge a giocare ancora e ancora, perché ogni spedizione porta nuove ricompense, ma anche nuove possibilità di perdere tutto.

Il gameplay di Dark Quest 4
Ed eccoci al fulcro dell’esperienza: Dark Quest 4 punta a catturare la tensione continua del dungeon crawling e ci riesce con grande coerenza. Ogni partita è strutturata su una serie di missioni procedurali, con ambienti generati casualmente che rendono ogni run diversa dalla precedente. Questo approccio più vicino al roguelite mantiene vivo l’interesse a lungo termine, anche quando si affrontano situazioni simili.
Una volta dentro, è tutto un equilibrio tra rischio e calcolo. Ogni passo può essere fatale, perché ogni stanza può contenere nemici, trappole o imboscate. La struttura a turni rende il ritmo ragionato, permettendoti di analizzare posizione del gruppo, terreno e ordine d’attacco prima di muovere un muscolo.
Le abilità dei personaggi giocano un ruolo fondamentale: troverai talenti devastanti che funzionano solo se attivati nel momento giusto e sinergie tra eroi che possono ribaltare completamente l’esito dello scontro. Non si tratta quindi di muovere pedine su una scacchiera, ma di creare strategie combinando magie, colpi critici, controllo della mappa e consumabili utilizzati con parsimonia.

Il peso della permadeath, o comunque del fallimento costoso, è un fattore chiave. Ogni decisione fa la differenza: sbagli un posizionamento? Perdi un eroe e parte dei tuoi progressi. Sprechi risorse? Non supererai la prossima stanza.
Tra una missione e l’altra, il villaggio funge da hub principale dove migliorare le armi, sbloccare nuove abilità, reclutare eroi e tentare build differenti. È qui che nasce l’aspetto più coinvolgente: la sensazione di crescere, cadere, rialzarsi e migliorare, affinando la propria compagnia come un gruppo di veterani che torna ogni volta più forte.
Le missioni sono brevi ma intense, una scelta che permette di giocare con piacere anche partite veloci senza perdere profondità.
Il gioco non perdona, ma è sempre chiaro, sempre trasparente nelle sue regole. Se perdi, la colpa è del giocatore. Un aspetto vecchia scuola che può creare frustrazione tanto quanto appagamento, a seconda dell’indole di chi impugna il controller.

Comparto tecnico funzionale
Sul fronte tecnico, Dark Quest 4 propone un comparto visivo coerente con il genere. La grafica in stile cartoonesco e dark fantasy funziona bene, soprattutto grazie al design delle miniature e alle animazioni dei personaggi durante i combattimenti. Non sorprenderà chi cerca spettacolarità, ma riesce a dare identità al mondo di gioco.
La colonna sonora accompagna con melodie cupe ma mai invadenti, contribuendo a costruire la giusta tensione durante l’esplorazione. Gli effetti sonori, seppur essenziali, danno il giusto peso a colpi, magie e trappole. Il titolo si mantiene leggero in termini di prestazioni e gira fluido anche su hardware meno recente, rendendolo accessibile su più piattaforme. L’interfaccia è pulita, intuitiva e pensata per chi vuole avere tutto sotto controllo nel minor tempo possibile.
I caricamenti sono rapidi e, seppure le animazioni non brillino per ricchezza, il ritmo non ne soffre. L’unico limite vero sta nella ripetitività visiva degli ambienti e dei nemici, che dopo alcune ore rischia di farsi sentire. Non abbastanza da rovinare l’esperienza, ma un po’ più di varietà artistica avrebbe fatto la differenza.
