Sviluppato dallo studio Brasiliano Tentacles Interactive e pubblicato da QUByte Interactive, Curse Rounds è un roguelike in 2D a 1-bit a run singola e privo di potenziamenti passivi e/o cumulabili. Un titolo quindi, che punta esclusivamente sulle abilità e le strategie del giocatore che dovrà affrontare orde di nemici imprevedibili. Noi siamo sopravvissuti su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto ad affrontare un oscuro mondo in bianco e nero pieno zeppo di creature pericolose?
Curse Rounds e i malvagi tentacoli
Curse Rounds si ispira, senza troppi fronzoli, allo stile estetico di Binding of Isaac, soprattutto quando iniziamo le nostre spedizioni nell’oscurità. Altre similitudini sono riscontrate anche negli scenari oscuri e macabri che emergono in caso di sconfitta oltre che all’estetica stessa delle varie creature che popolano l’oscurità, alcuni decisamente grotteschi oltre che ben animati. Ma di cosa parla Curse Rounds?
Innanzitutto sì, esiste una storia seppur questa sia narrata in stile fumetto, senza alcuna scritta e solamente come incipit ed eventuale conclusione in caso di run completata. Le vicende sono apparentemente semplici, il giovane protagonista è impegnato a videogiocare quando all’improvviso la TV si ribella, costringendoci a controllare in soffitta.

Purtroppo, non facciamo in tempo ad aprire la botola in soffitta che dei viscidi e poderosi tentacoli calano dall’alto, avvolgendoci e rapendoci letteralmente. Veniamo così trascinati all’interno del mondo di gioco di Curse Rounds, una serie di scenari completamente neri da cui emergono ben pochi elementi ambientali da cumuli di rocca a piramidi di teschi fino a nidi di purulente larve pronte a divorarci. Insomma, non proprio un ambiente pacifico e accogliente.
Eppure è qui che si plasma di run in run la nostra avventura, impreziosita da una serie di orrendi boss gargantueschi pronti a farci la festa. Come detto, il titolo si ispira a Binding of Isaac ma si allontana abbastanza dalla profondità metaforica della messa in scena dell’opera firmata da Edmund McMillen e Florian Himsl, offrendo un’esperienza votata ancor più all’azione netta e diretta, senza i già citati fronzoli.

Un classico roguelike con maledizioni
Curse Rounds è un roguelike minimal in 2D con un sistema da sparatutto beat’em up ancorato all’uso degli analogici per muoverci e mirare e a un solo tasto per far fuoco. A ciò, si aggiunge il sacro tasto per eseguire una sorta di capriola utilissima per tirarci fuori dai guai. Tutto qui. Non esistono bonus passivi cumulabili ma esistono bonus temporanei da raccogliere nell’area e prevalentemente dai nemici distrutti. Tali bonus possono mutare la nostra arma dandoci nuove bocche da fuoco temporanee.
Lo scopo del gioco, neanche a dirlo, è quello di sopravvivere in una serie di arene, per un totale di circa quindici, intervallate da una serie di boss con tanto di boss finale decisamente coriaceo. I nemici appariranno a orde e noi avremo un’arena circoscritta sempre visibile a schermo con cui destreggiarsi, cercando ripari fortuiti e studiando velocemente quale nemico far fuori. Il bestiario di Curse Rounds è curiosamente vago e accattivante.

Ci sono nemici che danno vita ad altri nemici, alcuni che possono attaccarci a grande distanza e altri invece che preferiscono caricarci a tutta velocità. Studiare quale nemico far fuori prima per liberarci gradualmente l’area di gioco fa parte della nostra strategia a cui si somma quella delle “carte”. Queste ultime vengono affidate alla fine di ogni round e sono una serie di malus che ci tocca obbligatoriamente scegliere.
Ogni volta che sopravviviamo, apparirà una lavatrice che ci donerà un bonus statistica passivo cumulabile esclusivamente per quella run in corsa. Banalmente, può essere un boost d’attacco o di velocità. Fatto ciò, seguirà la scelta del malus tra due card proposte casualmente dal gioco. I malus andranno a sommarsi man mano che si procede nell’avventura e tocca fare una scelta estremamente ponderata onde evitare di finire in guai seri.
A ogni game over, infatti, dovrai ricominciare dall’inizio, come da prassi dei roguelike. Tornando ai malus, questi sono molto vari, seppur non originalissimi, e danno vita a partite concretamente diverse tra loro. Puoi diventare più grande e quindi più facile da colpire o dare la possibilità ai nemici una volta uccisi di sparare bombe, proiettili finali o vomitare un gruppo di larve. Altri malus sono l’impossibilità di sparare per cinque secondi una volta sceso in campo o la perdita di una “vita” e così via.

Parlando di “vite”, ogni run ne inizia con dieci e basta un colpo nemico per perderne subito una. Sì, ci sono cuori alati che sbucano raramente nell’area di gioco ma, inutile dirlo, dovrai tenerne molta cura. In nostro soccorso, considerando anche la mole di malus che saremo costretti ad accumulare, arrivano le benedizioni. Queste sono poche e possono essere scelte solo dopo aver sconfitto un boss. A differenza dei malus, tali benedizioni, comunque cumulabili per la run in corso, offrono miglioramenti essenziali tra cui la ricarica totale delle vite o uno scudo che incassa un colpo per ogni arena.
Insomma, la varietà di malus e bonus, considerando la natura di un titolo mono-run abbastanza corto (bastano un’oretta o poco più per completarlo), è abbastanza generosa, mirando quindi a dar vita a diverse run man mano che si affronta il gioco. Purtroppo, non tutti resteranno nel macabro mondo di Curse Rounds considerando che anche per ottenere il trofeo di platino, basta essenzialmente una sola run completa.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Curse Rounds gode della somiglianza con Binding of Isaac ma riesce a offrire nemici unici, grotteschi e accattivanti. Tra coccodrilli salterini e galline tondeggianti che covano uova con varie mostruosità all’interno, è magnetico osservare i nostri avversari, complice anche un’animazione molto efficace e ben realizzata, nella sua semplicità. Ricordiamo, infatti, che si tratta di un titolo monocromatico, tutto in bianco e nero ma che riesce comunque a coinvolgere e rapire nella sua semplicità.
Anche il sonoro svolge il suo compito con sufficienza, offrendo tracce discretamente orecchiabili e mai eccessivamente ridondanti o ripetitive. Da segnalare la totale assenza della lingua italiana ma, considerando che la storia è “muta” e che l’interfaccia di gioco è molto basilare e intuitiva, non è una mancanza che si nota.