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Copycat, recensione (PlayStation 5)

Una storia emozionante

Pasquale Aversano 4 ore fa Commenta! 8
 
Copertina Copycat
7
Copycat

Sviluppato e pubblicato da Spoonful Of Wonder in sinergia con Neverland Entertainment e Nuuvem, Copycat è un’avventura narrativa in 3D fortemente emozionale e che ci cala nei panni di un felino di nome Dawn. Si tratta di una storia breve ma che colpisce nel segno con eleganza e dolcezza, arricchendo il tutto dal punto di vista originale del felino stesso, dotando quindi la storia di un gradevolissimo umorismo. Dopo l’esperienza su Steam, abbiamo miagolato per tutta l’avventura su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione!

Contenuti
Copycat e il punto di vista di un micettoVita da gattoGrafica e sonoroTi potrebbe interessare

Copycat e il punto di vista di un micetto

Copycat ha come obiettivo principale quello di raccontare una storia in grado di far riflettere e che coinvolge e colpisce soprattutto chi si sente legato, in qualche modo, al mondo degli animali. Ma il legame uomo-animale non è l’unica tipologia di legame che viene raccontato nel corso delle breve vicende del titolo, anzi, l’opera ne approfitta per espandere alcuni concetti e lasciar modo di pensare anche dopo i titoli di coda.

Procedendo con ordine, Copycat esordisce su schermo introducendo Olive, una donna anziana e malata che vive da sola e che, di recente, ha smarrito il suo gatto Dawn. La donna è alla ricerca di un nuovo compagno felino e decide di adottare un gatto adulto. Nonostante la possibilità di scegliere tra sei diversi felini (che si differenziano solo per estetica del manto), la nostra protagonista a quattro zampe sarà particolarmente identica proprio all’ex Dawn di Olive.

Copycat, recensione (PlayStation 5)

Non sorprende quindi che ci ritroveremo ad avere il suo stesso nome ma, come prevedibile, il legame tra gatto nuovo e umano è tutto da costruire. A complicare tale costruzione, c’è il fatto che la Dawn che andremo a impersonare viene da esperienze precedenti molto negative: è stata abbandonata. Questa la porta a essere molto schiva e “selvaggia” con tanto di voce narrante che la accompagna costantemente.

Tale voce è tra gli elementi più riusciti, non solo grazie al doppiaggio inglese pienamente azzeccato, ma anche per il suo ruolo in bilico tra coscienza e istinto e dotato di un registro vocale da “documentario” con tanto di accompagnamento sonoro “selvaggio” che ne evidenzia i momenti. Ma, altrettanto lodevole, è la caratterizzazione di Dawn stessa. Noi, infatti, potremo conoscere i suoi pensieri grazie a una serie di scritte che invaderanno lo schermo. Trovata ingegnosa e che ci ha soddisfatti appieno.

Copycat, recensione (PlayStation 5)

Queste fungono sia da linee guida ludiche sia da tentativo narrativo di farci impersonare al meglio il gatto stesso. E anche in questi momenti, la chiave ironica adottata dagli sviluppatori è pienamente azzeccata. Siamo un gatto e certe cose vengono vissute in modo coerentemente diverso. Ecco quindi che i nani da giardino sono inizialmente “creepy” ma diventano poi i nostri “bro” mentre il tagliaerba è un colossale mostro di metallo. E che dire delle richieste di Dawn che noi possiamo leggere ma che si traducono in game con un sempre perenne “maio”? 

Insomma, l’impianto narrativo funziona anche per le sue trovate laddove l’intreccio narrativo principale potrebbe non soddisfare tutti a causa di alcune trovate. Sia chiaro, nonostante il titolo includa anche una serie di scelte, la storia è lineare e procede spedita, dando modo solo a piccoli cambiamenti che fungono da conseguenza, praticamente immediata, delle nostre azioni principali. Concludendo la parte narrativa, ti starai chiedendo: perché il titolo del gioco è Copycat? Lascio a te il piacere di scoprirlo in quanto sarà il punto di rottura del titolo… tutto da gustare.

Copycat, recensione (PlayStation 5)

Vita da gatto

Copycat è un’avventura narrativa in 3D che si avvicina alla definizione di “walking simulator di animali”. Il titolo è suddiviso in “scenari” che fungono da capitoli e che sono ancorati tra loro in modo diretto e univoco per un totale che fatica a superare le tre ore complessive. Per progredire nella narrazione, basterà individuare l’obiettivo e portarlo a termine. Questi può essere di vario genere affacciandosi a sua volta in diverse tipologie di gioco variando da rudimentale platform a QTE altrettanto semplici.

Ci sono anche minigiochi opzionali come l’accanimento contro la carta igienica… attività che mira principalmente a farci ottenere il relativo trofeo oltre a provare, nel suo piccolo, a farci comportare come una sorta di micio dispettoso. E in effetti, di dispetti potremo farne diversi come saltellare qua e là e gettare giù diverse tipologie di oggetti. Peccato che se il gatto è tecnicamente ben riprodotto, lo stesso non si può dire dei pochi ambienti di gioco che mostrano senza troppi fronzoli, i limiti della propria natura di gioco dal budget palesemente limitato.

Copycat, recensione (PlayStation 5)

Eppure basta quel poco per farci immedesimare in un’avventura che lascia il segno nelle piccole cose. Che sia miagolare contro i volatili o le fugaci fasi stealth passando per momenti da spettatore dove ci si sente semplicemente inermi e impotenti dinanzi a ciò che avviene su schermo… tutto coopera per dare vita a una storia che colpisce nel segno e che, inutile dirlo, è ben distante dal tipo di gioco che è Stray (con cui non deve essere affatto paragonato se non per la tipologia di protagonista: entrambi felini). 

Da segnalare anche gli episodi “onirici”, momenti in cui la nostra Dawn si abbandona al sonno reimmaginandosi come animale selvatico e scorrazzando in scenari surreali che spezzano il ritmo di gioco base ma che, nel concreto, offrono abbastanza poco di ludico se non pause narrative e introspettive sul ruolo stesso di Dawn e sull’evoluzione dei rapporti che avviene di scenario in scenario.

Copycat, recensione (PlayStation 5)

Grafica e sonoro

Graficamente parlando, Copycat è un titolo abbastanza grezzo. Felino a parte, i personaggi umani sono abbastanza discutibili a partire dalle animazioni e dalle espressioni facciali. Anche gli ambienti non brillano per dettaglio e neanche per credibilità distruttiva. Lancio un vaso da una credenza? Intatto. Eppure, presto non ci farai tanto caso alla grafica, in quanto il trasporto emotivo e la trama sapranno farti guardare oltre. Inoltre, c’è da evidenziare come, seppur con innegabili limiti tecnici, il titolo offre scenari di tutto rispetto. Peccato per qualche bug grafico e qualche compenetrazione di troppo ma nulla che vada realmente a intaccare l’esperienza complessiva della storia di Dawn.

Da segnalare qualche sporadico singhiozzo nelle fasi un po’ più movimentate ma a conti fatti l’avventura scivola via in modo fluido ed efficace. Anche il sonoro si difende discretamente bene. Il doppiaggio in inglese funziona e crea un buon coinvolgimento. Abbiamo, infatti, già elogiato l’ottimo lavoro del narratore. Peccato, invece, per la totale assenza della lingua italiana. Sia chiaro, il testo non è mai troppo complesso da comprendere ma considerando il numero di lingue presenti… ci si resta amareggiati.

Scopri tutto su Copycat
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  • Copycat – Recensione (Steam)
Copertina Copycat
Copycat
7
Grafica 6.5
Sonoro 7.5
Longevità 6
Gameplay 7
Narrazione 8
Aspetti positivi Storia che colpisce Alcune idee molto simpatiche e ben implementate Il narratore funziona benissimo
Aspetti negativi Graficamente non al passo coi tempi Dura abbastanza poco Assenza della lingua italiana
Considerazioni finali
Copycat è un’avventura narrativa in 3D che colpisce al cuore, soprattutto chi ama gli animali. Nonostante una grafica non al passo coi tempi, una durata molto bassa e innegabili limiti ludici, il titolo dona forma a un’avventura originale e interessante, con diversi spunti ben implementati e alcune idee davvero simpatiche. Ottimo il narratore mentre è un peccato l’assenza della lingua italiana.

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