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Carlo Calenda contro i videogiochi: facciamo una riflessione

Gabriele Bielli 7 anni fa 2 commenti 4
 

Ieri ha avuto un grande ritorno mediatico l’affermazione dell’ex ministro Carlo Calenda in merito al ruolo che i videogiochi avrebbero nel generare analfabetismo o, più in dettaglio e riportando le sue parole “Sarà forte ma io considero i giochi elettronici una delle cause dell’incapacità di leggere, giocare e sviluppare il ragionamento. In casa mia non entrano”. Nell’ambiente sono poi seguite parecchie reazioni accorate e poco rispettose nei confronti di Calenda stesso che, a mio parere, ha forse mancato la forma ma non del tutto il contenuto. Mi spiego meglio.

Io stesso posso considerarmi un videogiocatore da almeno 20 anni… e ne ho 31. Per questo motivo sarei un bugiardo se affermassi che il videogioco non rappresenti un pericolo per i giovani e giovanissimi. Non fraintendermi, amo il medium videoludico e non ho brutte esperienze da collegarvi ma, d’altra parte, sono cresciuto in un ambiente controllato da quel punto di vista: non potevo certo giocare a Carmageddon TDR 2000 in casa, per intenderci. Oltre a questo quando cominciai a giocare non esistevano smartphone o social network: cosa c’entra, dirai tu? E’ presto detto: il videogioco non ha tutte le responsabilità che Calenda gli imputa, queste responsabilità sono da ricercare con un respiro molto più ampio. Non credo che il videogioco sia causa di analfabetismo ma, anzi, di una cosa forse ancora più grave che è la soppressione della socialità. Troppa televisione, troppo cellulare, troppi social e troppi videogiochi non solo potrebbero causare una decrescita culturale ma sicuramente minano un’empatia fra le persone che già oggi è al tracollo. I parchi cittadini sono vuoti, non leggiamo più libri e adottiamo stili di vita poco sani. La violenza che, non puoi negarlo, è parte costituente del 70% dei titoli in commercio non può non condizionare i giocatori più giovani. Esempio: in GTA V c’è una missione in cui è necessario torturare un uomo. Bene, questa missione ha generato in me un disagio profondo: io NON VOLEVO torturare quell’uomo nemmeno per finta. Ora penso a un ragazzino di 10 anni che si trova davanti alla stessa missione… il suo sguardo sul mondo si sta ancora formando: vogliamo davvero dire che alla lunga l’esposizione a questi contenuti non generi possibili problemi o disequilibri? Questo è il vero punto focale e non, secondo me, il pericolo di analfabetismo! Se siete genitori di bimbi piccoli controllate bene l’accesso che hanno i vostri figli a questi contenuti digitali, che siano appunto videogiochi o altro. C’è troppa violenza in quello che vediamo ogni giorno sugli schermi, a tratti violenza fisica altre volte morale. Un bambino non può non esserne vittima e la prima sfumatura caratteriale a risentirne è proprio la capacità di vivere la sofferenza e felicità altrui, in modo empatico. Troppa violenza rappresentata rischia di farci diventare insensibili alla violenza vera.

Come sempre, l’adagio “uso non abuso” vince sempre. Sii videogiocatore, amante di serie tv o quant’altro ma non abusare mai di nulla!

Ti lascio alla notizia, scritta da un punto di vista moderato. La puoi recuperare QUI.

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2 commenti 2 commenti
  • Giovanni Todini ha detto:
    6 Novembre 2018 alle 19:57

    Molto bravo Gab, mi trovi d’accordissimo!

    Rispondi
    • Gabriele Bielli ha detto:
      6 Novembre 2018 alle 20:42

      Grazie Giovanni!

      Rispondi

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