Quando si parla di videogiochi ispirati al mondo piratesco, spesso si pensa subito a open world scintillanti, mari sconfinati da solcare e avventure leggendarie tra tesori sepolti e porti esotici. Con Captain Blood, però, la prospettiva cambia drasticamente. Questo titolo rispolvera un progetto dimenticato da tempo e lo riporta sotto i riflettori con un’estetica dichiaratamente rétro e una brutalità che richiama gli action game più crudi dei primi anni 2000. Il risultato? Una corsa sanguinosa e spietata tra ambientazioni decadenti, frasi taglienti e sciabole che fendono l’aria senza troppa diplomazia.

Captain Blood non è un gioco che cerca di piacere a tutti. Non lo troverai intento a blandirti con elementi da gioco di ruolo elaborati o con missioni secondarie piene di dialoghi. È un’esperienza lineare, diretta e furiosa, che si regge tutta sulla potenza bruta del suo protagonista e su un mondo crudele che sembra non aver mai conosciuto pietà. Ma in mezzo a tanto acciaio e sangue, c’è anche spazio per un pizzico di carisma. E in questo marasma piratesco, il capitano senza paura si fa strada a colpi di spada e pugni in faccia.
Captain Blood: il ritorno di un antieroe
La storia di Captain Blood affonda le sue radici nei romanzi classici di Rafael Sabatini, ma la trasposizione videoludica prende direzioni molto più cupe e grottesche. Il protagonista è un pirata caduto in disgrazia, accecato dalla sete di vendetta, che si aggira per i Caraibi come un vero e proprio giustiziere dei mari. La narrazione non cerca mai di diventare il cuore pulsante del gioco, ma funge piuttosto da cornice utile per giustificare l’ondata di violenza che segue ogni sua apparizione.
Non ci sono lunghe cutscene o personaggi da scoprire lentamente. La caratterizzazione è essenziale, talvolta volutamente stereotipata, ma il protagonista riesce comunque a imporsi come una figura iconica.
È arrogante, spietato, ma anche dannatamente affascinante nella sua brutalità. Le sue battute taglienti e il tono costantemente sopra le righe regalano alcuni dei momenti più godibili del gioco, soprattutto se si ha familiarità con l’estetica ruvida e muscolare dei titoli anni Novanta.
L’ambientazione gioca un ruolo chiave nel creare il tono generale. Porti fatiscenti, isole desolate e fortezze in rovina compongono uno scenario tutt’altro che idilliaco. Non si tratta dei Caraibi da cartolina, ma di un arcipelago oscuro e corrotto, dominato da fazioni rivali, mercenari, schiavisti e mostri marini. La direzione artistica preferisce il realismo sporco a qualsiasi forma di romanticismo piratesco, e riesce a evocare un senso costante di pericolo e tensione.

Gameplay: colpi secchi, zero fronzoli
Il gameplay di Captain Blood è quanto di più lineare si possa immaginare. Non ci sono mappe da esplorare liberamente o sistemi complessi da padroneggiare. Il gioco si sviluppa attraverso livelli a scorrimento orizzontale, dove la priorità assoluta è sopravvivere e uccidere tutto ciò che si muove. Si avverte una chiara ispirazione ai beat ’em up classici, ma con una componente action moderna che rende ogni scontro più dinamico e cruento.
Il sistema di combattimento si basa su attacchi corpo a corpo, parate, contrattacchi e colpi speciali. La spada è la tua migliore amica, ma non mancano pistole, archibugi e altre armi da fuoco dell’epoca.
I comandi sono reattivi e la difficoltà cresce rapidamente, costringendoti a mantenere sempre alta l’attenzione. Non basta premere tasti a caso: per sopravvivere serve imparare i pattern dei nemici, sfruttare l’ambiente e usare con giudizio le proprie abilità.
C’è anche un accenno di personalizzazione, con la possibilità di sbloccare nuove tecniche o potenziare l’equipaggiamento. Tuttavia, il focus resta sull’azione pura, sul ritmo serrato e sul piacere viscerale del combattimento corpo a corpo. I boss, in particolare, rappresentano dei veri picchi di difficoltà e spettacolarità, con design grotteschi e attacchi imprevedibili che obbligano a cambiare approccio.
L’esplorazione è praticamente assente. Ogni livello è una sequenza chiusa, con poche deviazioni e un’unica strada da seguire. Questo potrebbe deludere chi cerca un’avventura più profonda, ma per chi ama le esperienze arcade e adrenaliniche, Captain Blood offre esattamente ciò che promette: un concentrato di violenza piratesca senza tregua.

Livello tecnico: vecchio cuore, veste nuova
Dal punto di vista tecnico, Captain Blood mostra chiaramente le sue origini tormentate. Il gioco è il risultato del recupero di un progetto iniziato più di quindici anni fa, rimasto a lungo nel limbo e poi riportato in vita con una nuova veste. Questo si traduce in una struttura che in parte tradisce la sua età, ma anche in un certo fascino nostalgico difficile da ignorare.
La grafica è volutamente rétro, con modelli 3D che ricordano gli action per PlayStation 2, ma con texture migliorate e una fluidità che riesce a rendere tutto più gradevole. L’illuminazione è essenziale, le animazioni talvolta rigide, ma l’impatto visivo è comunque coerente con l’atmosfera brutale e decadente del mondo di gioco.
Il comparto audio svolge bene il suo lavoro, con effetti sonori secchi e realistici, colpi di spada soddisfacenti e urla disperate che aumentano l’immersione. Le musiche sono grintose, spesso incentrate su percussioni e toni epici, perfettamente in linea con la natura rissosa del protagonista.
Il titolo gira in maniera fluida su PC e console moderne, ma alcuni bug e piccoli glitch grafici possono compromettere l’esperienza in certi momenti. Niente di tragico, ma sono elementi che meritano una sistemazione tramite patch.