Immagino che molti di voi si ricorderanno di un particolare periodo tra il 2005 e il 2010, nel quale abbiamo avuto una marea di titoli FPS a sfondo horror: Resistance, Condemned, F.E.A.R., Call of Cthuluh e la lista potrebbe continuare. Beneath, titolo del piccolo studio indie Camel 101, riprende a piene mani da quei giochi citati poco fa, strizzando in particolare un occhio a Doom 3.
In fondo al mare
Nei panni di Noah Quinn, un sommozzatore veterano con più di qualche demone interiore, ci ritroviamo catapultati in un incubo sottomarino da cui sembra impossibile riemergere. Quella che doveva essere una missione di esplorazione si trasforma rapidamente in una lotta per la sopravvivenza, tra strutture abbandonate, laboratori distrutti e presenze che ci faranno dubitare persino di noi stessi.

La storia ruota attorno alla Omnium Corporation, una misteriosa azienda che ha osato spingersi troppo in là nei suoi esperimenti, e che ha risvegliato qualcosa di inimmaginabile. Il gioco non cerca di reinventare la ruota, ma Beneath riesce comunque a evocare con efficacia lo spirito di H. P. Lovecraft, dove l’orrore non è solo nelle creature deformi, ma nella consapevolezza di quanto l’essere umano sia irrilevante di fronte all’ignoto.
Il titolo è completamente doppiato in inglese, con un cast di personaggi piuttosto variegato (anche se molto stereotipato) e un numero sorprendente di dialoghi e log audio che contribuiscono a dare spessore alla narrazione. Certo, la scrittura non è rivoluzionaria, ma nemmeno lo pretende: Beneath preferisce raccontare attraverso l’atmosfera, il buio, e quel costante senso di isolamento che ci accompagna a ogni passo. E in un horror di stampo lovecraftiano, è esattamente ciò che serve.

Beneath: si spara e si esplora
Sul piano del gameplay, Beneath si presenta come un FPS classico con una forte componente esplorativa. Si spara, sì, ma si osserva e si ascolta altrettanto. L’azione si alterna a momenti di calma apparente in cui il gioco ti invita a perlustrare i meandri della struttura, leggere i terminali, aprire paratie, cercare ossigeno o semplicemente capire dove diamine devi andare.
Il sistema di shooting è solido, con armi dal buon feedback e un feeling generale convincente. Peccato che a frenare il tutto ci pensi l’intelligenza artificiale dei nemici, che alterna momenti di aggressività improvvisa a comportamenti inspiegabilmente passivi o prevedibili. Capita spesso di vedere avversari che ti caricano a testa bassa, o che restano immobili dietro una copertura troppo a lungo, togliendo tensione agli scontri.

Ma il vero nodo di Beneath è l’esplorazione. Ed è curioso, perché è allo stesso tempo il suo difetto più evidente e il suo pregio più grande. Mi spiego: l’ambientazione della base sottomarina è veramente ben fatta: un labirinto di corridoi metallici, stanze allagate e luci intermittenti che restituiscono perfettamente la sensazione di trovarsi in un laboratorio segreto dimenticato negli abissi. Il problema è che orientarsi in tutto questo è un incubo.
Le porte sono quasi tutte identiche, alcune si aprono, altre restano perennemente sigillate, e il gioco non offre alcuna vera indicazione su dove procedere. Troppo spesso capita di vagare per minuti interi tra stanze vuote e corridoi senza sbocco, come se il level design stesso volesse confondere i giocatori. Il problema è che lo fa troppo bene.

Grafica e sonoro
Dal punto di vista visivo, Beneath si difende molto bene. Pur non potendo contare su un budget paragonabile ai grandi nomi del genere, Camel 101 è riuscito a creare un ambiente credibile e ricco di atmosfera. Le strutture della Omnium sono dettagliate il giusto: tubature, monitor, porte e condotti trasmettono l’idea di un complesso industriale abbandonato, mentre l’illuminazione fa gran parte del lavoro, alternando luci fredde e ombre profonde che contribuiscono alla tensione generale.
Le texture non sempre reggono il confronto da vicino e alcuni modelli risultano piuttosto semplici, ma il colpo d’occhio generale è più che buono. Sul piano tecnico, Beneath si comporta bene: il frame rate resta stabile anche nelle aree più ampie, e non ho riscontrato bug gravi o problemi evidenti di ottimizzazione. Qualche caricamento è un po’ lungo e le animazioni dei personaggi secondari risultano rigide, ma nulla che rovini l’esperienza.

Il comparto audio di Beneath è uno degli elementi che meglio riesce a sostenere l’atmosfera del gioco. I suoni ambientali sono ben curati e riescono a rendere credibile l’idea di trovarsi in una base sottomarina: il rumore delle paratie, il ronzio delle luci, l’eco dei passi nei corridoi metallici, tutto contribuisce a mantenere alta la tensione.
Il doppiaggio inglese è più che buono, soprattutto se si considera la natura indipendente del progetto. Noah ha un tono credibile e coerente con la sua figura di protagonista disilluso, mentre i personaggi secondari svolgono il loro ruolo senza strafare. Qualche linea di dialogo risulta un po’ piatta, ma nel complesso la recitazione funziona.

La colonna sonora non è invadente e viene usata con intelligenza, lasciando spesso spazio ai rumori ambientali per creare tensione. Le musiche entrano in gioco solo nei momenti più concitati o nei combattimenti, con sonorità elettroniche e industriali che si adattano bene al contesto.
