Sviluppato da Vanguard e pubblicato da Kemco, Astral Takers è il nuovo gioco di ruolo in 2D dalle meccaniche classiche e dalla natura ibrida, essendo pensato anche per dispositivi mobile e quindi ben sposandosi con la doppia natura della consola Nintendo. Noi abbiamo vestito i panni del giovane Revyse proprio su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione. Pronto a una nuova epopea in salsa fantasy?
Astral Takers un’altra avventura fantasy
Astral Takers rientra in pieno nell’ormai vasto catalogo firmato Kemco dove dominano incontrastati tutta una serie di giochi di ruolo di stampo classico che si differenziano, essenzialmente, per alcune piccole variazioni di gameplay e che, difficilmente vengono ricordati per la qualità narrativa. Purtroppo, le vicende di Revyse e compagni, non conquistano in pieno lasciando abbastanza indifferenti dinanzi a un intreccio prevedibile e poco originale.
Ma procediamo con ordine, come detto, noi vestiamo i panni del giovane Revyse, un ragazzo impegnato a diventare un evocatore se solo si sforzasse di più a seguire le lezioni e meno a distrarsi… In compenso, si distrae per motivi positivi, visto che esordisce su schermo circondato da persone che necessitano del suo aiuto e da cui lui non si tira affatto indietro. Pochi minuti dopo, però, ci ritroviamo impegnati in una particolare lezione d’apprendimento.

In compagnia del nostro poderoso e discretamente carismatico mentore Volgrim, ci ritroviamo a sviluppare meglio le nostre tecniche evocative, inoltrandoci in un dungeon che pullula di nemici. L’obiettivo, ovviamente, è accrescere le nostre abilità per poter arrivare a evocare i nostri primi alleati. Purtroppo, non tutto procede come previsto e il ritrovamento di una strana ragazza di nome Aurora, guasta sia la lezione che i progetti di Volgrim.
Aurora è destinata a diventare parte del nostro team e a diventare praticamente la nostra co-protagonista visto che racchiude gran parte dei misteri del titolo, a loro volta ammantati dall’incognita a causa della ben poco originale amnesia di cui è afflitta la ragazza. Il resto delle vicende procedono abbastanza linearmente e in modo sufficientemente prevedibile con qualche colpo di scena, alcuni dei quali estremamente “telefonati”. La longevità del titolo si attesta nella media e, essenzialmente, la storia non lascia memoria di sé anche a causa di un cast che non brilla per caratterizzazione.

Un gameplay rodato
Astral Takers è un gioco di ruolo in 2D estremamente classico e che non fa nulla per innovare la sua formula base. Questa volta, a cercare di distanziarsi dal resto dei titoli Kemco, abbiamo il combat system che guarda in modo molto palese a titoli del calibro di Etryan Odyssey senza però riuscire a proporne la medesima complessità strategia. In termini estetici, però, la situazione è abbastanza simile.
I nostri eroi non sono visibili su schermo se non attraverso riquadri che ne sintetizzano i punti vitali e di magia/abilità mentre i nemici occupano gran parte dello schermo, grazie anche alla possibilità di poter affrontare intere orde di avversari. Gli scontri si svolgono a turni con tanto di scaletta sempre visibile e con l’aggiunta di poter prevedere le mosse nemiche in modo da organizzarsi di conseguenza.

Gli elementi a nostra disposizione sono abbastanza standard e vanno dalla personalizzazione dell’equipaggiamento a classici level up per accumulo di esperienza senza distribuzione autonoma di punti, quindi è tutto automatizzato e rapido, oltre che classico e solido. Il gameplay, infatti, non presta il fianco a particolari critiche se non quella di essere fin troppo classico e prevedibile.
Persino l’elemento dell’evocazione, punto principale del titolo anche per le incursioni nella narrazione, si limita a proporre ulteriori personaggi legati alle Echostone, da poter schierare. A tal proposito, possiamo creare un team di massimo otto personaggi di cui schiereremo i primi quattro. Per quanto riguarda l’esplorazione, invece, questa risulta metto appagante dei combattimenti, delegata a una struttura veramente troppo standard e pigra. Un peccato considerando che il titolo dispone comunque di una sua “lore” che si prestava a ben altri sviluppi anche, e soprattutto, estetici.

Grafica e sonoro
E parlando di pigrizia, questa si riscontra soprattutto nelle location che risultano in gran parte spoglie, poco originali e molto “cicliche” nel ripresentare asset già visti sia nello stesso gioco che in altri. Un riciclo che non incita a esplorare e che rende queste fasi abbastanza lente. In compenso, il versante grafico del titolo recupera punti grazie agli artwork 2D di personaggi e nemici, decisamente più moderni e accattivanti.
Da segnalare anche la presenza di sprite seppur questi siano molto limitati… in pratica si limita a “smuovere” l’artwork che rimane però impassibile senza batter ciglio. Un peccato considerando la bontà di base del materiale 2D. Il sonoro è più che sufficiente grazie a tracce discretamente varie e orecchiabili. Niente di memorabile ma comunque efficaci nell’accompagnarci lungo quasi tutta l’avventura. Infine, da segnalare la totale assenza della lingua italiana, non presente neanche nei sottotitoli. Assenza da tener conto vista la mole discretamente elevata di testo da leggere.