Assassin’s Creed ha sempre avuto tre pilastri chiari: stealth, combattimento e parkour. Negli ultimi anni il terzo è stato sacrificato in favore di un’impostazione più da gioco di ruolo, con movimenti semplificati e città meno adatte all’arrampicata. Ora Ubisoft sostiene di voler invertire la rotta. Un cambiamento che entusiasma tanti fan, ma che porta con sé dubbi seri sulla direzione della serie.
Il punto di svolta arriva con le dichiarazioni di Simon Lemay-Comtois, direttore associato di Assassin’s Creed Shadows. Ha spiegato che lo studio vuole riportare il parkour al centro del gameplay. Non come semplice funzione di movimento, ma come sistema autonomo da valorizzare nei prossimi giochi.
Per una saga che si è spesso definita anche attraverso la sua verticalità, è un segnale forte. Resta da capire se Ubisoft avrà davvero il coraggio di trasformare questa intenzione in pratica.
Com’è cambiato il parkour da Unity a oggi

Guardare la storia del franchise è utile per capire perché questo argomento sia così delicato. Unity ha rappresentato il picco assoluto del parkour. Il sistema permetteva una libertà unica: salita, discesa, salti di precisione, percorsi multipli e un ritmo naturale nel muoversi tra tetti e balconi. Era impegnativo e richiedeva attenzione. Era anche una delle meccaniche più amate dai veterani.
Con Origins, Odyssey e Valhalla la serie è cambiata. Nuovi mondi aperti, enormi e spettacolari, ma poco adatti a un parkour complesso. Ampi spazi, villaggi bassi, città ridotte. Il risultato è stato inevitabile: un sistema semplificato, quasi automatico, dove i personaggi salivano e scendevano senza difficoltà, ma senza profondità.
Shadows tenta di rialzare la testa, soprattutto con il personaggio di Naoe. I movimenti sono più fluidi e più eleganti, e l’ispirazione ninja funziona bene visivamente. Sul piano tecnico, però, resta molto semplice. Non c’è la complessità di un tempo. Non c’è sfida.
Ubisoft vuole davvero cambiare le cose?
Secondo le parole di Lemay-Comtois, l’obiettivo è chiaro: il parkour deve tornare protagonista. Non un accessorio, non un movimento passivo. Un sistema vivo, migliorato, con più varietà e più possibilità.
L’idea piace a tanti. Ubisoft da tempo aveva segnalato ai fan di aver ascoltato le critiche. Gli aggiornamenti di Mirage hanno dimostrato che la serie può includere sia un sistema semplificato sia uno più tecnico, con schemi di controllo alternativi per chi cerca un’esperienza più ricca. Questo approccio flessibile può funzionare anche per i futuri capitoli.
Il rischio però è altrove, e non riguarda i controlli.
Il vero problema: ambientazioni limitate

Per inserire un parkour significativo serve un ambiente che lo supporti. Unity aveva Parigi. Brotherhood aveva Roma. II aveva Firenze e Venezia. Città fitte, verticali, con architetture diverse e utili al movimento libero.
Negli ultimi giochi i mondi aperti non offrivano abbastanza strutture. Le città erano troppo rare o troppo basse per consentire percorsi complessi. Per questo il parkour è diventato semplice: non c’era spazio per farlo crescere.
Se Ubisoft vuole riportare il parkour in primo piano, potrebbe trovarsi a dover rinunciare a certe ambientazioni affascinanti ma inadatte. Deserti, praterie e grandi paesaggi storicamente accurati ma privi di verticalità potrebbero non funzionare più. La serie dovrebbe orientarsi verso metropoli antiche o rinascimentali, ambienti ricchi di edifici e passaggi.
Questa scelta rischia di ridurre la varietà narrativa e geografica. Un limite non da poco.
Come potrebbe evolvere il parkour nei prossimi capitoli
Per trovare un equilibrio credibile, Ubisoft dovrà pensare a un sistema modulare. Città progettate per mostrare il parkour e zone aperte dove il movimento diventa diverso, ma non banale. Dovrà evitare di ripetere gli errori dei giochi RPG, dove il parkour perdeva senso appena uscivi dallo scenario urbano.
Potrebbe anche introdurre abilità avanzate legate allo stile dell’assassino, percorsi multipli dinamici e nuove interazioni ambientali. O lasciare al giocatore il controllo totale sulla difficoltà del movimento, come già testato con gli schemi opzionali di Mirage.
La sfida sarà creare ambienti vari ma coerenti con l’obiettivo.
I giocatori cosa devono aspettarsi?

L’intento di Ubisoft è chiaro: rendere il parkour un pilastro riconoscibile come lo è sempre stato. Se riuscirà a farlo senza penalizzare la libertà estetica e narrativa delle ambientazioni, la serie potrà recuperare una delle sue identità più amate. Ma se queste ambizioni costringeranno gli sviluppatori a scegliere solo contesti che funzionano per il parkour, allora la varietà potrebbe soffrire.
Assassin’s Creed è sempre stato un viaggio attraverso culture e periodi storici diversi. Ridurre le opzioni ambientali sarebbe un passo indietro. L’equilibrio, ancora una volta, sarà il vero banco di prova.
Il futuro della saga passa dalla capacità di Ubisoft di reinventare il movimento senza sacrificare la libertà artistica. Le intenzioni ci sono. La realizzazione resta tutta da vedere.
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