Hai presente quando dicono che ultimamente il mercato videoludico sta morendo in fatto di originalità e che la nostra unica ancora di salvezza sono gli indie? Ecco, American Arcadia dimostra che è proprio così. Uscito originariamente nel novembre del 2023 per PC e creato da Out of the Blue con le proprie mani (tipo Molly che modella il vaso di terracotta nel film Ghost), è stato rilanciato in questi giorni per tutte le altre piattaforme da gioco disponibili (come la versione PS5 che ho provato anch’io). Per chi lo ha già giocato ai tempi può essere comunque un “ripasso”, ma per chi non lo conosce nemmeno può valere la pena recuperarlo? Scopriamolo insieme.
Jim Carrey? No, Trevor Hills
É inutile girarci troppo intorno: la trama generale del gioco riprende a mani basse alcuni degli aspetti presenti nel fortunatissimo The Truman Show di Jim Carrey, ma questo non significa che chi ha creato il titolo non abbia saputo sfruttarli al meglio. Impersonificheremo i panni di Trevor Hills, un ragazzo quasi sulla trentina che segue una vita molto normale, lineare e monotona dove ciò che governa la sua esistenza è principalmente il tempo trascorso a lavoro.

Il gioco (almeno apparentemente) è ambientato negli anni ’80, dove il nostro protagonista lavora per una megacorporazione come impiegato d’ufficio il cui compito è quello di inviare quotidianamente dei file ad un supercomputer. Tutto ciò che fa ha un qualche senso? Assolutamente no, perchè grazie all’aiuto di una voce che si paleserà in ogni componente elettronico attorno a noi scopriremo ben presto che l’intero mondo in cui Trevor ha vissuto fino ad ora è una menzogna.
Infatti, e qui ecco un riferimento al film di Jim Carrey, la città di Arcadia in cui il protagonista vive e che conosce è solo un gigantesco set cinematografico ripreso da innumerevoli telecamere nascoste 24/7, in modo da filmare la vita di ogni singolo cittadino per poi trasmetterle in TV.
Purtroppo gli ascolti del programma stanno piano piano calando e i produttori, per tagliare i costi, hanno deciso di eliminare tutti i cittadini che non producono abbastanza visite (ovviamente noi siamo tra quelli). Il nostro scopo è quello di riuscire a scappare dal set aiutati da Angela, la voce che ci ha guidati all’inizio e che scopriremo ben presto essere un hacker che lavora presso gli studios dei produttori della serie TV.

Il modo in cui la trama viene spiegata è proprio azzeccato: il titolo vuole esporre una critica sociale in modo particolarmente leggero usando toni tendenti al comico-satirico. Per farlo sfrutta a pieno il modo in cui sono stati strutturati i personaggi e, personalmente, non ci ho messo molto a simpatizzare con Angela e soprattutto con Trevor, apprezzando in modo particolare la sinergia tra i due protagonisti.
Ora sono due e mezzo, ora sono tre
L’idea originale dietro ad American Arcadia è proprio quella di combinare il classico platform in 2.5D assieme ad un rompicapo ambientale in prima persona. Le parti in cui saremo Trevor sono tutte platform e, come tutti i giochi di questo genere, dovremo partire da un punto A per arrivare ad un punto B spostando oggetti, saltando, premendo pulsanti che faranno determinate cose eccetera. Invece una volta che vestiremo i panni di Angela il gioco cambia quasi totalmente, dandoci una maggiore libertà di esplorazione dell’area in cui ci troveremo e proponendoci dei rompicapi totalmente diversi, il tutto in prima persona.
É estremamente interessante il modo in cui si alternano le sezioni dei due protagonisti: non percepiremo mai un taglio netto, ma attraverso dei piccoli stratagemmi di sceneggiatura si passerà in modo estremamente fluido da un personaggio all’altro (per fare un esempio, si potrebbe comparare il senso di “naturalezza” di questi scambi a quelli presenti in Adolescence. Ovviamente non è nulla di così elaborato, ci mancherebbe, ma è solo per rendere l’idea un pelo più chiara).

Per quanto lo scambio di ruolo sia stato ben congeniato, purtroppo la stessa cosa non si può dire di tutti gli enigmi presenti nel gioco. Alcuni sono veramente geniali, come la parte in cui dovremo comandare entrambi i personaggi per un motivo di trama, mentre altri sono noiosi oltre che snervanti da risolvere.
La sensazione di frustrazione che si prova è scaturita dal fatto che non è sempre ben chiaro cosa bisogna fare e capita delle volte di girovagare per interi quarti d’ora attorno ad un ostacolo: molte volte l’oggetto con cui bisogna interagire per proseguire non è ben visibile, senza tenere conto che non si sa nemmeno cosa si sta cercando costringendo così chi gioca ad andare a tentativi d’errore.

I comandi: la nemesi di American Arcadia
Purtroppo la parte peggiore di American Arcadia riguarda i comandi che dovremo utilizzare per muovere entrambi i protagonisti ed interagire con l’intero mondo di gioco: risultano estremamente legnosi già fin dai primi minuti per non parlare delle sezioni in prima persona. Ruotare la visuale in questo caso è un’odissea e personalmente non ho ancora ben capito quale sia la sensibilità ottimale da impostare per lo stick destro, ritrovandomi a muovere la telecamera o troppo rapidamente o troppo lentamente.
Inoltre nelle fasi platform l’interazione con il mondo circostante lascia un attimo a desiderare: sicuramente in un qualche modo funziona, però se ci si trova davanti a due oggetti vicini e si vuole selezionare quello più a destra dello schermo bisognerà partire dall’oggetto a sinistra col cursore, far passare tutte le sue opzioni di interazione, arrivare finalmente su quello posizionato a destra con cui si vuole interagire per poi scorrere tra le scelte disponibili fino a trovare quella desiderata. Ora a tutto questo unisci degli enigmi non sempre brillanti ed ecco che il gioco è fatto.

Ma se i controlli lasciano a desiderare, la stessa cosa non si può dire dello stile del gioco e delle musiche: queste ultime sono veramente belle da ascoltare, dato che calzano perfettamente con l’ambientazione che il titolo ci propone in quel momento. Ho apprezzato particolarmente le musiche presenti nella sezione iniziale con Trevor ad Arcadia che richiamano uno stile più retrò, ma nulla da dire nemmeno per tutte le altre.
Ho trovato la grafica del gioco molto bella, era da un po’ che cercavo un titolo con un comparto visivo stilizzato oltre che cartoonesco e American Arcadia mi ha davvero soddisfatto. Per quanto i personaggi siano semplificati a livello grafico comunque riescono sempre a trasmettere qualcosa a livello caratteriale, il tutto accompagnato da una palette di colori che non stona mai con lo stile del titolo.