Negli ultimi quindici anni Rockstar Games ha seguito una linea editoriale chiarissima: Grand Theft Auto e Red Dead Redemption. Tutto il resto è rimasto fuori. Niente nuovi Max Payne, niente L.A. Noire 2, niente progetti sperimentali.
Secondo Obbe Vermeij, uno dei veterani storici dello studio, non si è trattato di occasioni perse. Al contrario, è stata la scelta più razionale possibile.
“Se hai GTA, tutto il resto è una distrazione”

Parlando con GameHub, Vermeij – che ha lavorato su GTA III, Vice City, San Andreas e GTA 4 – è stato estremamente diretto. Quando uno studio possiede un gioco di successo gigantesco, cambiare strada non ha senso.
Il ragionamento è semplice: se hai idee strane, sperimentali o “selvagge”, conviene inserirle dentro GTA, non costruire da zero un nuovo progetto.
Secondo lui, lanciare una nuova IP quando hai già un colosso del genere equivale a disperdere risorse, tempo e attenzione. Un rischio che non vale la pena correre.
I giochi cancellati che non rimpiange nessuno
Nel corso degli anni Rockstar ha avuto sul tavolo progetti mai diventati realtà. Tra questi, un gioco di zombie ambientato su un’isola scozzese e Agent, titolo ispirato alla Guerra Fredda con atmosfere da spy story.
Vermeij non mostra alcun rimorso. A suo giudizio, quei giochi non avrebbero mai potuto competere con GTA, né in termini di impatto né di longevità.
Anzi, li definisce senza mezzi termini una potenziale perdita di tempo. Distrazioni che avrebbero sottratto energie al vero centro creativo e commerciale dello studio.
Anche L.A. Noire non ha lasciato il segno
Nel suo discorso emerge un punto interessante. Anche titoli effettivamente pubblicati come L.A. Noire non sono rimasti impressi nel lungo periodo.
Molti giocatori li hanno vissuti come prodotti “di passaggio”, qualcosa da giocare nell’attesa del prossimo GTA o Red Dead. Una percezione che, col passare degli anni e con i ritardi di GTA 6, è diventata ancora più marcata.
Questo rafforza l’idea di Vermeij: quando un brand domina così tanto, tutto il resto viene inevitabilmente confrontato e ridimensionato.
Il rispetto per chi sceglie di fermarsi

Ed è qui che entra in gioco Larian Studios. Nonostante la sua visione molto pragmatica, Vermeij mostra grande rispetto per la decisione dello studio belga di non sviluppare Baldur’s Gate 4, dopo il successo enorme di Baldur’s Gate 3.
Al suo posto, Larian ha scelto di tornare a Divinity, una mossa che Vermeij definisce tutt’altro che scontata.
Secondo lui, è una scelta coraggiosa, ma estremamente rischiosa. Molto più semplice continuare a fare ciò che già funziona, sfruttando un successo colossale.
Sicurezza contro visione
Il confronto tra Rockstar e Larian mette in luce due filosofie opposte. Da un lato, la sicurezza industriale di chi preferisce concentrare tutto su un brand dominante. Dall’altro, la volontà creativa di chi accetta di rinunciare al sequel più ovvio.
Vermeij non dice che una strada sia giusta e l’altra sbagliata. Dice però che non è affatto ovvio scegliere di fermarsi quando si è in cima. E che farlo comporta un rischio enorme, anche se può sembrare affascinante dall’esterno.
Il vero nodo dell’industria moderna
Le parole dell’ex Rockstar toccano un punto centrale del gaming contemporaneo. Quando un gioco diventa troppo grande, smette di essere solo un titolo e diventa una piattaforma. Un ecosistema. Un’ancora finanziaria.
In quel contesto, sperimentare diventa sempre più difficile. Non perché manchino le idee, ma perché il confronto con il colosso interno è inevitabile.
Per Rockstar, GTA resta il contenitore ideale di ogni ambizione. Per Larian, invece, la libertà creativa vale più della continuità immediata.
Due strade diverse. Entrambe rischiose. Ma solo una davvero imprevedibile.
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