Il matchmaking è uno degli elementi più delicati negli extraction shooter. Può trasformare un’esperienza tesa ma equilibrata in un incubo, oppure in una passeggiata fin troppo tranquilla. Nel caso di Arc Raiders, un test condotto da un giocatore ha acceso una discussione enorme nella community: il gioco sembra dividere i giocatori in lobby diverse in base al loro comportamento, favorendo incontri più pacifici per chi gioca PvE e scontri molto più aggressivi per chi punta tutto sul PvP.
L’idea non nasce da un leak o da una teoria campata in aria, ma da un esperimento concreto. E, cosa ancora più interessante, gli sviluppatori hanno confermato che il comportamento del giocatore viene analizzato dal sistema.
Il test con due account diversi
A sollevare il caso è stato lo YouTuber Domi, che ha deciso di verificare se il matchmaking di Arc Raiders reagisse in modo diverso a stili di gioco opposti. Per farlo, ha creato due account separati, utilizzati in modo sistematicamente diverso.
Il primo account era costruito attorno a uno stile PvP aggressivo. Domi attaccava quasi tutti i giocatori incontrati, sparava per primo e cercava lo scontro diretto anche quando non era necessario per l’estrazione.
Il secondo account, al contrario, era focalizzato sul PvE. Niente fuoco contro altri raider se non in casi estremi, priorità alla sopravvivenza, cooperazione e completamento degli obiettivi ambientali.
I risultati non si sono fatti attendere.
Lobby ostili per i PvP, incontri tranquilli per i PvE
Secondo quanto mostrato nel video, l’account aggressivo veniva inserito regolarmente in partite dominate da giocatori ostili. Tradimenti, imboscate, scontri continui. Un ambiente dove ogni incontro con un altro umano diventava quasi sempre uno scontro a fuoco.
L’account PvE, invece, ha vissuto un’esperienza completamente diversa. Domi racconta di aver incontrato nove giocatori amichevoli di fila, senza che nessuno aprisse il fuoco. Scambi di gesti, cooperazione spontanea, estrazioni condivise senza tradimenti.
Una differenza così netta da far pensare che non si trattasse di semplice fortuna.
Non è solo una teoria: Embark conferma
La parte più interessante arriva quando la questione viene affrontata direttamente dagli sviluppatori. In un’intervista a PC Gamer, Robert Sammelin, art director di Embark Studios, ha spiegato che il matchmaking di Arc Raiders non è casuale.
Sammelin ha dichiarato che il sistema è “piuttosto complesso” e che il team analizza il comportamento dei giocatori e li abbina di conseguenza. Non si tratta solo di abilità o progressione, ma di come ci si comporta in partita.
Questo non significa che Arc Raiders abbia un sistema rigidamente separato tra buoni e cattivi, ma conferma che il modo in cui giochi influisce sul tipo di giocatori che incontri.
Come funziona davvero questo matchmaking
Embark non ha fornito dettagli tecnici completi, ma dalle dichiarazioni emerge un quadro chiaro. Il matchmaking tiene conto di diversi fattori, tra cui:
- Frequenza degli scontri PvP
- Comportamenti aggressivi ripetuti
- Probabile stile di gioco dominante
- Altri parametri come equipaggiamento e loadout
Il risultato è un ecosistema che tende ad auto-regolarsi. I giocatori molto aggressivi finiscono più spesso insieme, mentre chi evita il PvP viene messo in contesti meno ostili.
In pratica, Arc Raiders sembra applicare una forma di “karma matchmaking”.
Una scelta rischiosa ma interessante

Questa filosofia divide la community. Da un lato, molti apprezzano l’idea. Riduce il griefing, rende il PvE più accessibile e permette a chi vuole un’esperienza più rilassata di godersi il gioco senza vivere costantemente nel terrore di un colpo alle spalle.
Dall’altro lato, c’è chi teme che questo sistema snaturi il genere, rendendo l’esperienza meno imprevedibile. Parte del fascino degli extraction shooter sta proprio nel non sapere se il prossimo giocatore incontrato sarà un alleato o un traditore.
Separare troppo nettamente i comportamenti rischia di rendere le partite più prevedibili.
Il ruolo della responsabilità del giocatore
Un aspetto interessante emerso dalle parole di Sammelin è che il sistema riflette l’energia che porti in partita. Se giochi in modo aggressivo, il gioco tende a restituirti un ambiente altrettanto aggressivo. Se sei collaborativo, trovi più spesso giocatori simili.
In altre parole, se qualcuno ti rovina l’estrazione all’ultimo secondo, potrebbe non essere solo sfortuna. Potrebbe essere il risultato del tuo stile di gioco precedente.
È una visione quasi sociale del matchmaking, che tratta i comportamenti come segnali e non come anomalie.
Arc Raiders e il futuro dell’extraction shooter
Questa scelta si inserisce in una visione a lungo termine. Gli sviluppatori hanno già dichiarato che “il lavoro è solo all’inizio” e che Arc Raiders verrà supportato nel tempo, con aggiustamenti continui.
La recente distribuzione di 1.000 token gratuiti a tutti i giocatori come regalo natalizio rafforza l’idea di un team che osserva attentamente la community e sperimenta soluzioni non convenzionali.
Se questo sistema verrà affinato o reso più trasparente, dipenderà anche dalle reazioni dei giocatori.
Un esperimento che fa discutere
Il caso sollevato da Domi dimostra una cosa chiara: Arc Raiders non vuole essere un extraction shooter neutro. Vuole modellare l’esperienza in base ai comportamenti, anche a costo di dividere l’utenza.
Che sia la direzione giusta o meno, è un approccio raro e coraggioso. E soprattutto, apre una domanda interessante per il genere: il matchmaking deve essere cieco o “morale”?
La risposta, per ora, è scritta direttamente nelle lobby che incontri.
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