The Last Case of John Morley, recensione (PlayStation 5)

Sviluppato da Indigo Studio Interactive Stories e pubblicato da JanduSoft, The Last Case of John Morley è un’avventura narrativa in prima persona ambientata negli anni ‘40, a tema investigativo che punta praticamente tutto sulla narrazione inserendo comunque più di un enigma logico che richiede attenzione e cura ai dettagli, aggiungendo così un pizzico di esplorazione nonostante location discretamente anguste e buie. Noi abbiamo vissuto questa intrigante avventura su PlayStation 5 e questa la nostra recensione. Pronto a scovare l’assassino?

The Last Case of John Morley e il caso che non ti aspetti

ùThe Last Case of John Morley inizia con un viaggio in una foresta oscura, una sorta di fuga mentale in un percorso opacamente luminoso che ricorda un po’ alcuni walking simulator. Eppure, dalla conclusione di quello che si rivelerà essere un incubo, la vita del detective John Morley è destinata a cambiare. Il nostro protagonista, infatti, non fa in tempo a riprendersi da un brutto infortunio che si ritrova già un caso molto complicato da affrontare. 

Prima di entrare nel dettaglio, è bene spendere qualche parola proprio su Morley. Il nostro detective è una persona abbastanza tormentata ma molto, fin troppo, professionale. Lo evidenziano i cimeli dei suoi stessi casi risolti in precedenza e che arricchiscono il suo ufficio solitario. Eppure, da alcune note della sua ormai ex assistente, non sembra passarsela economicamente bene… Inoltre, il suo modus operandi, molto introspettivo e freddo, lo rendono una sorta di Sherlock Holmes, seppur con meno ingegno e inventiva. Ma non lasciarti ingannare, John è un personaggio che saprà colpirti.

Tornando alla trama, John viene intercettato nel suo ufficio da un’anziana e austera, nonché palesemente turbata donna, tale Margarette Fordside. La contessa ci assume per un caso molto particolare e alquanto complesso: scovare il killer che venti anni fa ha ucciso sua figlia. La polizia ha chiuso il caso dando la colpa a dei ladri ma la contessa non ne è affatto convinta ed è intenzionata a scovare il vero assassino. E chi può aiutarla se non un detective navigato e con esperienza?

Inizia così un’avventura suddivisa in due principali location e che ci vedranno far luce su un caso vecchio di vent’anni, girovagando fra stanze in rovina e dove il tempo sembra essersi letteralmente fermato. Lo diciamo subito, la scrittura di The Last Case of John Morley è di buon livello ma richiede tempo. Il primo impatto può risultare “già visto” e abbastanza prevedibile ma col tempo i nodi vengono al pettine e le fasi finali sono un susseguirsi di colpi di scena ben studiati e ben esposti. 

Sì, non sarà originalissimo ma ammettiamo che la storia lascia il segno, complice un protagonista ben recitato e ben scritto. Parliamo di un personaggio che oltre a commentare ciò che vede si abbandona anche in analisi introspettive che vanno ad arricchire scenari fittizzi di come immagina siano potute accadere determinate scene. Anche questo non è un escamotage inedito ma funziona e contribuisce con efficacia a plasmare su schermo il passato, offrendo anche discreti jump scare.

Questo perché The Last Case of John Morley è una storia molto cupa e misteriosa, c’è un “male” costante e non si ha mai la sensazione di essere “soli”. Non azzardiamo oltre per evitare spoiler ma il titolo sa regalare sporadici momenti di tensione seppur con “poco”. Da segnalare che la durata media del titolo è di tre-quattro ore in base a quanto sarai abile nell’intercettare i vari indizi e risolvere i vari enigmi ambientali. La durata è abbastanza bassa e c’era spazio per approfondire alcuni personaggi secondario che restano un po’ sullo sfondo.

Infine, apprezzabili anche i vari documenti che vanno ad arricchire il caso con tanto di due schermate dove vengono raccolti i background dei principali personaggi coinvolti, presenti e passati, e anche una serie di indizi, che siano oggetti, eventi o riflessioni, con cui possiamo provare ad anticipare l’eventuale conclusione. 

Come risolvere il caso

The Last Case of John Morley è un’avventura narrativa in prima persona 3D che ci vedrà essenzialmente camminare, esplorare e interagire per ambienti prevalentemente chiusi e al buio. Le primissime fasi del titolo lo avvicinano a un walking simulator eppure l’opera vira verso diverse tipologie di enigmi ambientali che la rendono decisamente più interattiva. Nulla di trascendentale o inedito, parliamo di elementi da intercettare, statue da ruotare, leve da abbassare nel giusto ordine e così via.

L’esplorazione stessa, complice ambienti abbastanza ristretti e dal numero esiguo, non è delle migliori ma svolge adeguatamente il suo compito. Localizzare gli indizi è abbastanza semplice e con essi anche ricostruire gli eventi passati. Il tutto grazie a un alone verdognolo che va ad ammantare passo per passo, in ordine lineare e cronologico, i vari oggetti con cui interagire per ricostruire gli eventi trascorsi. Non ci sono quindi ipotesi o possibilità di errore nelle fasi investigative, relegando la sfida, comunque accessibile, agli enigmi di logica.

Questi ultimi richiedono l’analisi di documenti o anche l’intercettazione e la memorizzazione di eventuali codici per poi cercare, studiando i file in giro, di capire cosa aprono e dove utilizzarli. Investigazioni semplici che regalano comunque piccole soddisfazioni per una storia che, lo ripetiamo, è godibile e offre il meglio di sé proprio nelle ultime fasi dove è sinceramente difficile staccarsi dallo schermo.

Grafica e sonoro

Purtroppo, graficamente parlando, The Last Case of John Morley è altalenante. Se gli ambienti sono interessanti e ben realizzati, complice un gioco di luci e ombre che contribuisce a una buona atmosfera, seppur a favore di un buio in parte troppo opprimente, dall’altro abbiamo una realizzazione degli esseri umani abbastanza grezza e spigolosa. Il tutto con animazioni poco credibili e che evidenziano qualche limite tecnico probabilmente dovuto a un budget non molto generoso. Questo si nota soprattutto in game mentre nelle cut scene il risultato è leggermente migliore. Presenti anche qualche bug tra cui compenetrazioni di vario genere, soprattutto con i tavoli.

Inoltre, abbiamo evidenziato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per quanto riguarda i poster e gli avvisi sparsi in giro per le location. Ci teniamo a evidenziare ciò in quanto, essendo ambientato negli anni ‘40, gli annunci su pareti con certe immagini ledono leggermente la credibilità. In compenso, non mancano scorci di un certo impatto. Il sonoro è molto positivo soprattutto grazie al doppiaggio del protagonista che riesce a dare buon carattere e a trainare da solo quasi l’intera narrazione. 

Anche le musiche non sono affatto male, contribuendo con efficacia a dar vita alla giusta e opprimente, nonché solitaria, atmosfera. A spiccare però, sono i suoni ambientali. Tra respiri che sembrano emergere dalle pareti, passi lontani, rumori indecifrabili e quant’altro, l’ansia viene ben plasmata. Infine e purtroppo, dobbiamo segnalare la totale assenza della lingua italiana, mancanza che si sente considerando che ci sarà molto da leggere.