Sviluppato e pubblicato da Graverobber Foundation in sinergia con Kemco, Dragon Ruins II è un gioco di ruolo single player in 2D identificabile come un dungeon crawler molto minimalista ed essenziale, con combattimenti automatici. Si tratta, inoltre, della naturale evoluzione, se non proprio “remake” dell’originale Dungeon Ruins. Noi abbiamo affrontato innumerevoli avventure su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione!
Dragon Ruins II più dungeon ma poco coraggio
Prima di affrontare la narrazione di Dragon Ruins II è bene evidenziare la sua natura ludica. Prima di tutto, si tratta di un titolo già pubblicato su Steam a inizio 2025 e si tratta quindi di una trasposizione, una delle tante firmate Kemco, per console Nintendo Switch. Inoltre, come da titolo stesso del gioco, si tratta del sequel di Dragon Ruins di cui potrai recuperare la nostra recensione. La particolarità di Dragon Ruins II è però legata al fatto che sembra essere più un remake che un sequel vero e proprio.
Diremo di più, avendo consumato Dragon Ruins II, il prequel ci sembra adesso quasi una sorta di demo del suo stesso sequel. Il motivo è che qui troviamo una struttura ludica decisamente più longeva e coraggiosa ma anche la stessa trama del capitolo originale. Se di trama vogliamo parlare… Purtroppo, come il suo prequel, anche questo secondo capitolo scommette decisamente poco sulla narrazione, limitandosi a offrire una sequela di sfide con un piccolo testo a fare da preambolo per giustificare le nostre spedizioni.

La prima differenza col prequel è però già visibile. Laddove Dragon Ruins presentava un unico dungeon e un’unica storia, ossia quella di dare la caccia a un drago per soddisfare i desideri della regina, qui non solo ritroviamo la medesima missione, leggermente modificata, collocata come sfida finale e decisamente più ostica, ma troviamo una serie di altre missioni affidate da personaggi abbastanza anonimi. Si va dall’eliminazione di un goblin all’esplorazione di determinate rovine, il tutto con il medesimo modus operandi: esplorare dungeon, arraffare tesori ed eliminare nemici.
Come dal prequel, anche qui torna la medesima gestione del team. Parliamo di quattro avventurieri che si differenziano per classe, abilità e soprattutto resta estetica. Molti di questi, inoltre, son stati presi di peso dal prequel e riportati fedelmente in questo secondo capitolo. Infine, sempre da questo roster variegato di personaggi che va da un colossale generale con armatura a teschio a una stravagante scimmia, vengono pescati alcuni personaggi che rivedremo nelle varie interfacce come personaggi con cui interagire.
Purtroppo, tale interazione è ridotta all’osso. Si tratta di figure meramente estetiche che attivano menù come l’acquisto oggetti o l’upgrade dell’esperienza. Tutto qui. Chi confidava quindi in un passo avanti sul piano narrativo, si troverà ancora una volta deluso. D’altronde, Dragon Ruins II punta ancora una volta sul minimalismo estremo anche se sul gameplay qualcosa è cambiato. Andiamo a scoprire cosa!

Minimalista ma con più contenuti
Dragon Ruins II è un gioco di ruolo single player in 2D basato sull’esplorazione di dungeon la cui struttura viene svelata man mano che esploriamo. A differenza dell’originale, qui troviamo molti più dungeon da scoprire e anche la resa estetica di questi è decisamente più accattivante seppur sempre rigorosamente minimalista. Ancora una volta, come da bravi esploratori, l’attenzione viene data alla mappa che si plasma automaticamente, risultando quindi ancora abbastanza lontana dalle eccellenze di Etrian Odyssey.
Torna, inoltre, il combattimento automatico con nemici che appaiono lungo il percorso con esplorazione sempre attiva e che si traduce nella possibilità di sfuggire agli scontri semplicemente camminando. Il combattimento automatico che velocizza da una parte gli scontri, dall’altra continua a impoverire tutto l’impianto strategico e ruolistico. Se è vero che ora i personaggi sono dotati di abilità passive più influenti, è altrettanto vero che non potendo agire direttamente sugli scontri ci rende fin troppo passivi e in mano ai numeri e al “caso”.

Il nostro ruolo è quindi ancora una volta più gestionale, dovendo appunto gestire il denaro sia per procedere ai level up statistici dei nostri personaggi sia per acquistare nuove armi ed armature, a loro volte ulteriormente potenziabili. A differenza del prequel, l’equipaggiamento ha un ruolo più incisivo e stratificato ma rimane ancora troppo superficiale proprio a causa della tipologia di combat system.
Per quanto riguarda la longevità, Dragon Ruins II aumenta le ore di gioco ma fallisce nell’offrire la giusta varietà di situazioni. In soldoni, l’esperienza è la medesima ma ampliata. Questo alimenta la ripetitività che si fa decisamente più pressante. Non basta una varietà di nemici meramente estetica a poter incitare ad esplorare scenari che, per quanto minimalisti e interessanti nelle prime ore, diventano presto abbastanza sciapi. Un peccato considerando che il minimalismo ha un fascino innegabile.

Grafica e sonoro
L’upgrade estetico di Dragon Ruins II è di sicuro impatto. Agli stessi artwork del capitolo originale se ne aggiungono di nuovi che si uniscono al roster in modo coerente e funzionale. Ma la vera novità estetica sono i dungeon. Viene per fortuna eliminato il minimalismo estremo dell’originale con una struttura grafica simil-3D sempre rigorosamente anonima e minimal ma decisamente più coinvolgente. Inoltre, ogni dungeon ha dei suoi colori e alcuni elementi che si ripetono che fungono da propria “identità”.
Anche l’interfaccia è leggermente migliorata, accogliendo opzioni inediti come quelle legate alle armi. Il sonoro è in linea col capitolo originale, ancora una volta efficace e coinvolgente, oltre che più vario. Per quanto riguarda l’ibrida Nintendo, il titolo si difende abbastanza bene in entrambe le modalità anche se è quella portatile a spiccare di più. Infine, il titolo è completamente privo della lingua italiana anche se non c’è molto da leggere.
