Sviluppato da Spaceboy e pubblicato da QUByte Interactive, Hannah è un platform adventure in 3D a tema horror con telecamera “fissa” che prende palesemente ispirazione dall’impostazione ludica promossa da Little Nightmare e similari. Noi abbiamo vissuto questra straniante e oscura avventura nei panni della giovanissima Hannah su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto a vivere nuovi orrori?
Hannah un viaggio oscuro tutto da svelare
Lo abbiamo già accennato e lo ripetiamo, Hannah è un titolo che deve molto a Little Nightmares sia per atmosfera che per stile e struttura ludica. Eppure, il gioco riesce a dire la “sua”, lo fa mutando leggermente la formula e offrendo una storia dotata di finali alternativi a loro volta legati alle nostre azioni e scelte, molte delle quali legate alla raccolta dei vari collezionabili sparsi in giro. Nel dettaglio, abbiamo un titolo che, a differenza di Little Nightmares 3, di cui puoi recuperare anche la nostra recensione, punta a un’esperienza unicamente single player proprio come i primi due capitoli dell’IP Bandai.
La protagonista indiscussa è Hannah che da anche il titolo al gioco e forma al mondo in cui andrà a vivere la sua stravagante ed estraniante avventura. Parliamo di percorsi prevalentemente lineari suddivisi in capitoli e dalla longevità complessiva in linea col sottogenere di appartenenza. Di base, quello che andremo a vivere su schermo è un viaggio esteticamente disturbante che mixa in modo personale i ricordi della protagonista con i suoi peggiori incubi, deformando la realtà e restituendo un mondo distorto, prevalentemente cupo e a tratti disgustoso.

Seguendo quindi le orme di Little Nightmares, anche Hannah punta a raccontare una trama non proprio cristallina e anzi qui ulteriormente frammentata a seconda del finale verso cui andremo a indirizzarci. In nostro soccorso però, arrivano le VHS, dei particolari collezionabili che, se raccolti tutti e montati davanti a un enorme e vecchi televisore, ci permettono di assistere a frammenti di ricordi raccontati con scenari e personaggi in 2D quasi stile fumetto che riguardano, ovviamente, Hannah e la sua famiglia .
Nonostante gli inevitabili e ovvi richiami, Hannah riesce a raccontare una sua storia, scandita dai pezzi della sua adorata e preziosa bambola da recuperare, e a farla funzionare discretamente bene, catturando e trascinandoci in un lento e oscuro crescente dove i ricordi plasmano il mondo il quale diventa a sua volta parte integrante del racconto oltre che elemento pulsante e “vivo” del gameplay. Il risultato finale è quindi positivo anche se l’opera poteva spingere di più su alcune idee creative in modo da dare forma a un’identità più “unica” e coriacea e meno derivativa.

Più platform che horror
Hannah segue lo schema di Little Nightmares ma, a differenza di quest’ultimo, risulta leggermente più interattivo con molte più fasi platform e anche un numero di enigmi discretamente più elevato. Il problema è che entrambi gli elementi prestano il fianco a qualche critica. Gli enigmi esordiscono in modo abbastanza banale e ripetitivo, richiedendo prevalentemente di spostare casse e dar vita a percorsi verticali da scalare. Per fortuna, il titolo nasconde altre sfide ben più creative, varie e sinceramente intriganti da affrontare includendo anche sfide sulla “fisica” oltre a quelle legate allo studio di ciò che compone il livello stesso.
Un esempio riguarda l’area del “ballo” dove l’incedere è scandito in base alla maschera che andremo a recuperare in giro. Questo è solo un esempio di tanti piccoli momenti che provano a sorprendere le aspettative dell’utente che a sua volta andrà anche ad affrontare percorsi opzionali con tanto di floppy disk da recuperare. Quest’ultimo è il secondo tipo di collezionabile presente in Hannah e che va a potenziare, insieme ai finali multipli, la longevità complessiva del titolo e a incitare all’esplorazione cauta e minuziosa.
Tutto ciò giova a favore del level design che, nonostante sfrutti abbastanza bene la prospettiva della protagonista in miniatura in un mondo deforme e pieno di oggetti più grandi del dovuto, purtroppo, viene afflitto da una telecamera automatica (ma di cui potremo gestire tre livelli prestabiliti di zoom) non sempre comoda e che, unita ad alcune fasi platform imprecise, può dar vita a momenti abbastanza frustranti. In compenso, la varietà di situazione e i cambi di scenari, unito a un buon numero di tipologie di enigmi e anche di nemici, rende il tutto costantemente interessante da vivere e affrontare, curiosi dallo svelare la prossima trovata stravagante e disturbante degli sviluppatori.

Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Hannah presta il fianco alla sua natura indie e difficilmente può rivaleggiare con IP ben più famose e floride. Eppure, nel suo piccolo riesce a regalare scenari discretamente disturbanti ed efficaci oltre che abbastanza originali. Tutto a favore di un’atmosfera orrorifica e macabra efficace e gradevole da esplorare. Peccato, invece, per bug grafici di vario genere e legati tanto ad alcune animazioni un po’ grezze quanto a problemi di compenetrazioni errate o mancato feedback in alcune fasi platform. Ma quando tutto funziona come dovrebbe, Hannah riesce a nascondere quasi del tutto la sua natura da indie e a offrire un’esperienza discretamente fluida e convincente.
Il sonoro è gradevole ed efficace oltre che coerente con la messa in scena, un valido complice per plasmare un’atmosfera generale comunque riuscita e in linea col genere. Rumori di fondo, versi strazianti e disumani, danno forma a un mosaico acustico che funziona. Infine, da segnalare la graditissima e per nulla scontata presenza dei sottotitoli in lingua italiana, elemento prezioso per comprendere al meglio il mondo di Hannah e il suo passato.
