Sviluppato e pubblicato da Claymatic Games, Platypus Reclayed è la riedizione dopo 23 anni dell’originale Platypus, uno shoot’em up a scorrimento orizzontale molto classico nelle sue meccaniche ma che ha saputo catturare l’attenzione grazie a una resa estetica e a uno stile praticamente unici e d’impatto, tornati ora in veste ancora più moderna e accattivante. Noi siamo partiti per un nuovo viaggio fra nostalgia e plastilina su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione!
Platypus Reclayed un ritorno nostalgico
Platypus Reclayed è, come detto, la riedizione dell’originale Platypus datato 2022, creato da Anthony Flack che, dopo aver riacquistato i diritti della sua stessa creatura da Idigicon, ha deciso di proporre questo remake. Perché sì, non siamo davanti a una semplice remastered ma un vero e proprio remake che vede una riprogrammazione totale dell’opera con hardware aggiornato e un lieve upgrade di armi, funzionalità e contenuti. Ma, come per l’opera originale, quello che rende l’opera realmente unica è la sua stessa realizzazione e il nome del team di sviluppo, Claymatic Games dovrebbe già fornirti un’idea…
Platypus è stato realizzato con la plastilina, poi fotografato e infine modificato digitalmente. Un procedimento che al cinema trionfa soprattutto nelle opere d’animazione in stop-motion, basti pensare alla serie di Wallace & Gromit. Ebbene, l’effetto plastilina nei videogiochi è abbastanza raro seppur non unico e, in Platypus Reclayed funziona alla grande. Complice l’innegabile upgrade tecnico, guidare una navicella di plastilina e sparare ad avversari sempre di plastilina con relative esplosioni plasticose è tanto nostalgico quanto originale e appagante.

La palette cromatica, la resa di fondali e delle navicelle stesse crea un mondo che, senza parole o dettagli o lore, ha un’identità propria e coerente. In realtà, una sorta di canovaccio ci sarebbe anche ma siamo dinanzi a un classicone: una fiorente città di nome Collosatropolis è prossima al collasso, divorata dal suo stesso inquinamento e da una crescita di palazzoni e conseguente grigiore che ne sfiora anche il cielo, macchiandone i colori. Ebbene, dinanzi a tale crisi, la città decide di puntare alla sua vicina, tale Mungola… peccato che i Mungoliani non hanno alcuna intenzione di soccombere.
Nasce così un conflitto che vede una mini squadriglia (il titolo è giocabile in solitaria o in co-op a due giocatori) di navicelle tra cui spicca la F-27 Platypus, da cui il titolo al gioco. Tale gioiellino, seppur non all’avanguardia ed esteticamente minimalista, è in grado di fronteggiare le flotte nemiche con eroico coraggio. Ad aspettarci ci sono quattro capitoli composti da cinque sessioni ciascuna con tanto di boss finale. Il tutto per una longevità abbastanza ridotta ma in linea coi congeneri.

Un classico in plastilina
Platypus Reclayed è uno shoot’em up a scorrimento orizzontale estremamente semplice, immediato, dalle meccaniche minimaliste e nostalgiche. L’opera non si discosta dalle sue origini e segue, come al tempo, i dettami classici del genere. Ciò significa che, dopo aver selezionato una delle navicelle disponibili (ognuna con una morfologia particolare e delle proprie statistiche) saremo subito gettati in azione. Una volta presi i comandi del buffo veicolo, potremo muoverci in tutte le direzioni ma sparare unicamente verso destra.
I livelli, come da prassi, scorreranno autonomamente mentre noi saremo chiamati a fronteggiare le flotte avversarie cercando di schivare i proiettili nemici e, al contempo, di sterminare quanti più avversari possibili. Questo perché il titolo ha un’anima fortemente arcade, dando molta importanza ai punteggi che, in alcuni casi, potranno ampliarsi se riusciamo a ottenere la frutta che alcuni nemici lasceranno cadere una volta esplosi.
Il punteggio servirà anche per ottenere “vite extra” in quanto al termine di ogni fase avremo una breve valutazione. Bada bene, Platypus Reclayed è un titolo semplice ma molto difficile. Non fa sconti e anche la modalità easy offre sfide da non sottovalutare. Nonostante un sistema di vite a cui si sommano i classici credit, il rischio di incorrere nel game over e dover ricominciare tutto il capitolo dall’inizio è concreto. Il motivo è che schivare tutti i colpi nemici, soprattutto nelle fasi più avanzate, è una sfida notevole tanto che per alcuni potrebbe risultare persino frustrante.

In modalità easy, oltre a qualche vita in più, avremo anche due cannoni extra che ampliano il raggio dei nostri colpi e che fungono da barriera ma che non respawneranno se non all’utilizzo di un credit. A prescindere dalla difficoltà, invece, distruggendo completamente ondate di nemici o particolari avversari più coriacei, potremo vedere su schermo una stella colorata e con una lettera. Quelli sono i classici power up del genere. Si tratta di armi temporanee che offrono una discreta varietà all’esperienza.
Si va da laser molto veloci a missili semi automatici passando per bombe che cadono dall’alto in basso a lanci di formaggi e ciambelle (hai letto bene, sì). Inoltre, tali power up, a seconda della navicella scelta, possono fungere da barriera e quindi, se colpiti, non perderemo una vita ma semplicemente il power up conquistato precedentemente. Essenzialmente il gioco è tutto qui e, seppur contenutisticamente sia abbastanza limitato, l’originale stile grafico e il livello di sfida, possono tenere l’appassionato incollato allo schermo per diverse ore.

Grafica e sonoro
Lo abbiamo fatto intuire più volte, lo stile grafico in stop-motion di Platypus Reclayed ci ha conquistato. Nella sua semplice originalità, l’opera colpisce nel segno e regala scenari a loro modo unici. Anche solo l’effetto di plastilina sul punto di rottura che si ottiene colpo dopo colpo sulle corazze nemiche regala un impatto visivo che soddisfa e ammalia. Il tutto è inoltre ammantato da un alone nostalgico, d’altri tempi che sa di artigianato, di manualità che trasuda passione per la propria creatura.
Se il mondo colorato delle plastiline usate per lo stile grafico di Platypus Reclayed ci ha pienamente soddisfatto, il sonoro si dimostra abbastanza adeguato e coerente con la situazione. Le tracce sono semplici ma mai ridondanti o fastidiose. Anche gli effetti sonori, seppur standard, svolgono il proprio compito. Molto gradita, inoltre, la presenza della lingua italiana anche se c’è molto poco da leggere.