Se sei una persona con un pizzico di nostalgia, la mente aperta e la passione per le storie interattive che si modellano sulle tue decisioni, Quantum Witch è un titolo che non puoi ignorare. La prima cosa che colpisce è lo stile visivo: grafica semplice ma estremamente curata, con un tocco retrò che richiama immediatamente progetti come UFO 50. A questo si affianca una narrazione leggera e giocosa, ma capace di toccare corde più profonde senza mai diventare pesante. E soprattutto: no, non è un culto!
Quantum Witch: una partenza onirica
Quantum Witch inizia con un breve tutorial sotto forma di sogno e subito ci getta in un mondo strano, surreale ma al tempo stesso tangibile. Scopriamo così di avere la responsabilità di alcune pecore, i faer, che hanno rotto il recinto e seminato il caos nel villaggio e il tuo primo compito è riportarle a casa, mentre la nostra metà (il cosiddetto bonded one) si occupa delle riparazioni.

Non il solito side-scroller
All’inizio Quantum Witch sembra richiamare titoli old school come Contra o Mega Man e a spanne anche vagamente Castlevania, ma presto ci si accorge che non ci sono nemici da abbattere né piattaforme mortali da saltare; in un certo senso si può dire che ti trovi dinanzi a una visual novel atipica, anzi quasi un mix tra visual novel e platform, dove le scelte contano e il gameplay si sviluppa attraverso piccoli enigmi ambientali e dialoghi bizzarri.
Il tono del gioco viene fissato fin da subito: ironico, eccentrico e a tratti etereo. Ci sono momenti toccanti, ma sempre alleggeriti da trovate divertenti e da riferimenti pop come Princess Peach o Pac-Man. Persino il primo luogo visitabile, una chiesa piena di seguaci che venerano una sorta di dio-lampada, mette il giocatore davanti a una scelta chiave: unirsi al culto o scappare a gambe levate?
Una ventata di freschezza
Al di là della comicità, Quantum Witch riesce anche a toccare temi più profondi, come il rapporto con la religione e i traumi ad essa legati, ma lo fa sempre con tatto e leggerezza.

Inoltre, il gioco è permeato da storie d’amore saffico: la queerness non è trattata come “tema”, ma come parte naturale del mondo di gioco. Una rappresentazione fresca e spontanea che si sente rara e preziosa.
Dal cast stravagante (che include, non scherzo, persino una gamba gigante come personaggio) fino allo scheletro che funge da guida se ti perdi, ogni incontro è una piccola sorpresa.

Anche in un mondo compatto, capire dove andare o dove si nasconde l’ultima pecora non è sempre immediato, e lo scheletro serve da aiuto senza mai togliere la soddisfazione della scoperta. Quantum Witch ha anche un proprio sistema del tempo: di notte, eventi e personaggi cambiano, raddoppiando le possibilità esplorative. Le decisioni influenzano costantemente ciò che si può vedere o fare, senza però mai cadere nella ripetitività o nel grinding.
Breve, ma con tanti motivi per rigiocarlo
Una prima partita dura circa 4 ore, abbastanza per completarla in una singola sessione, ma le scelte multiple e i finali alternativi invogliano subito a rigiocare: chi non vorrebbe scoprire cosa succede unendosi al culto invece che rifiutandolo? Inoltre, la presenza delle “waveforms” , cioè una sorta di cose da fare per degli esiti possibili, spingerà i collezionisti a completare più run per scoprire davvero ogni sfumatura della storia.

Indie con cuore, anima e umorismo
In sintesi, Quantum Witch è un concentrato di creatività indie: una visione artistica chiara, un racconto eccentrico e commovente, nostalgia dosata con intelligenza e una ventata di aria fresca in un genere spesso troppo verboso.
Si percepisce chiaramente la passione della sviluppatrice NikkiJay, che con questo suo primo progetto in solitaria è riuscita a dare vita a un’esperienza unica, personale e sorprendentemente matura. Anche se Quantum Witch non è un tripla A come Metal Gear, resta un piccolo gioiello che merita tutta l’attenzione degli amanti delle produzioni indipendenti.