L’universo di Warhammer 40,000 è da sempre considerato uno dei più vasti e affascinanti universi narrativi mai creati. Nato come gioco da tavolo negli anni ‘80, ha saputo evolversi fino a diventare un vero e proprio fenomeno culturale che spazia tra romanzi, fumetti, miniature e naturalmente videogiochi.
Se da un lato l’attesa per titoli moderni come Warhammer 40,000: Space Marine 2 ( dove puoi trovare la nostra recensione) cresce di giorno in giorno, dall’altro gli appassionati non hanno dimenticato i grandi classici. Tra questi, Warhammer 40,000: Dawn of War occupa un posto speciale. Uscito per la prima volta nel 2004, sviluppato da Relic Entertainment, è considerato ancora oggi una pietra miliare nel genere degli RTS (Real Time Strategy). Con la nuova Definitive Edition, il titolo ritorna sotto i riflettori. Ma la domanda sorge spontanea: vale ancora la pena giocarci nel 2025?

Warhammer 40.000 Dawn of War – Un ritorno dopo anni
Il vero cuore pulsante della Definitive Edition di Warhammer 40,000: Dawn of War non risiede tanto negli inevitabili ritocchi tecnici, quanto piuttosto nella straordinaria ricchezza di contenuti che porta con sé: un pacchetto monumentale che raccoglie quattro campagne principali, ognuna in grado di garantire decine di ore di gioco, a cui si affianca un comparto multigiocatore che già all’epoca della sua uscita era apprezzato e frequentato e che oggi torna disponibile con un’offerta imponente di oltre duecento mappe e la possibilità di scontri fino a otto giocatori simultanei sia offline che online.
L’evoluzione delle campagne rappresenta uno degli elementi più stimolanti di questa edizione, poiché consente di osservare da vicino l’evolversi di un approccio narrativo e ludico che parte da una struttura lineare, tipica dell’RTS classico e incarnata dall’originale e dalla sua espansione Winter Assault, per arrivare con Dark Crusade e Soulstorm a una concezione più articolata, in cui la progressione non è più una mera sequenza di missioni, ma una vera e propria mappa strategica in stile Total War.
In questo scenario, il giocatore non si limita a vincere battaglie isolate, ma conquista territori, difende le proprie posizioni, accumula risorse da amministrare e plasma i propri eroi, che possono acquisire nuove abilità ed equipaggiamenti, dando vita a un livello “meta” che arricchisce il gameplay di profondità e rigiocabilità, trasformando ogni campagna in una sorta di guerra galattica su larga scala.
Per chi ha seguito la storia del medium negli ultimi vent’anni,Warhammer 40,000: Dawn of War è un nome che non ha bisogno di presentazioni, un titolo che ha lasciato un segno riconoscibile nella scena degli strategici in tempo reale e che, nel 2004, seppe coniugare in maniera magistrale l’estetica cupa e inconfondibile dell’universo grimdark di Warhammer 40.000 con un gameplay brutale e diretto, capace di differenziarsi nettamente da giganti come Command & Conquer o Starcraft.

La sua forza non stava nella costruzione lenta e metodica di basi o economie, bensì nella conquista rapida e spietata di punti di controllo che determinavano il flusso delle risorse: un approccio che privilegiava l’immediatezza del combattimento, trasmettendo al giocatore la sensazione costante di muoversi in un conflitto incessante e senza tregua, perfettamente in linea con l’anima feroce dell’ambientazione di Games Workshop.
A rendere l’esperienza di Warhammer 40,000: Dawn of War ancora più peculiare era il sistema delle unità: non più semplici soldatini isolati da gestire singolarmente, ma vere e proprie squadre, capaci di essere rinforzate in tempo reale, adattabili al contesto bellico attraverso l’aggiunta di armi speciali, dal devastante lanciafiamme al micidiale lanciamissili, così da fornire una flessibilità che restituiva la sensazione di comandare autentiche formazioni da guerra piuttosto che una collezione di pedine digitali. Tale caratteristica, unita a un ritmo serrato e a una brutalità visiva inedita per l’epoca, contribuì a definire un’identità unica che ancora oggi traspare con forza in questa edizione rimasterizzata.
Un altro elementoo che non si può trascurare riguarda la varietà delle fazioni disponibili, un vero e proprio caleidoscopio di filosofie di guerra che trova la sua massima espressione nella presenza di nove eserciti, ciascuno caratterizzato da un’estetica peculiare, da meccaniche esclusive e da uno stile di gioco inconfondibile. Gli Space Marine incarnano la disciplina e la versatilità dell’élite imperiale, mentre gli Orki offrono il piacere caotico e devastante di masse indisciplinate ma travolgenti.
I Necron, con la loro avanzata inesorabile di guerrieri meccanici apparentemente immortali, trasmettono un senso di ineluttabilità, contrapposto alla filosofia dei Tau, che fanno della superiorità tecnologica e della potenza di fuoco a distanza la propria arma vincente. A completare il quadro di Warhammer troviamo le Sorelle Guerriere, animate da un fervore religioso che si traduce in abilità particolari, e i Drukhari, spietati e rapidi predoni interstellari che prediligono l’aggressività più brutale.

Questa diversità non si riduce a un semplice orpello estetico o a differenze superficiali, ma diventa una costante sfida al giocatore, chiamato a ripensare tattiche e strategie a seconda dell’avversario, costringendolo a un continuo adattamento. È proprio in questo dialogo tra stili e filosofie militari differenti che Dawn of War raggiunge una delle sue vette più alte, riuscendo a trasmettere la sensazione di un universo bellico variegato, complesso e intrinsecamente competitivo.
La Definitive Edition, dunque, non è soltanto un’operazione nostalgica, ma una riedizione che, pur senza rivoluzionare il cuore dell’esperienza originale, permette a un pubblico moderno di avvicinarsi a un classico imprescindibile in una forma più accessibile, compatibile con le tecnologie odierne e arricchita da un’offerta contenutistica di straordinaria ampiezza.
Una rivisitazione poco coraggiosa
Occorre chiarirlo fin da subito: Warhammer 40,000 Dawn of War: Definitive Edition non è un remake, non è una reinvenzione, e nemmeno un aggiornamento radicale del suo sistema di gioco. Il cuore dell’esperienza rimane quello del 2004, con le sue meccaniche RTS solide ma datate, e con tutti i pregi e difetti di un titolo che, per quanto seminale, porta sulle spalle vent’anni di età. Dove l’intervento è stato realmente consistente è sul fronte tecnico e grafico, e questo non è un dettaglio di poco conto.
Il gioco ora gira nativamente a 64 bit, supporta pienamente la risoluzione 4K e sfrutta un sistema di illuminazione completamente ridisegnato. Ombre in tempo reale, texture ad alta definizione, shader aggiornati e un nuovo sistema di materiali restituiscono unità ed ambienti più nitidi, leggibili e in linea con gli standard visivi odierni , ma il colpo d’occhio resta apprezzabile: i modelli, pur squadrati e statici, sono meno fangosi, le superfici più pulite e i campi di battaglia più chiari.
L’intervento degli artisti è stato, in questo senso, rispettoso. Non hanno snaturato lo stile cupo e gotico che definiva Warhammer 40,000: Dawn of War, ma lo hanno reso più definito e coerente con le possibilità tecniche attuali. È un equilibrio delicato: aggiornare senza alterare, restaurare senza cancellare. E sotto questo profilo, il lavoro svolto è convincente.

Se sul piano grafico di questa riedizione di Warhammer si notano progressi tangibili, sul fronte della qualità della vita e del gameplay le novità sono decisamente più contenute. Le meccaniche rimangono intatte, i sistemi di base non hanno subito rielaborazioni, e alcuni difetti storici non sono stati corretti. Il pathfinding, ad esempio, è stato leggermente migliorato, con unità che oggi tendono a evitare i comportamenti più illogici dell’originale, ma rimane lontano dalla perfezione: capita ancora che truppe scelgano percorsi tortuosi invece della via più diretta.
Anche il sistema dei dialoghi in missione non è stato rivisto: capita spesso che le battute delle unità si sovrappongano ai dialoghi di trama, rendendo difficile seguire l’una o l’altra cosa. È un difetto noto da due decenni, che avrebbe meritato un intervento risolutivo.
Dove si percepisce invece un passo avanti in questo capitolo di Warhammer concreto è nell’interfaccia e nella compatibilità generale. L’HUD è stato riprogettato per adattarsi ai moderni formati panoramici, con ridimensionamenti più eleganti e una leggibilità decisamente superiore rispetto al vecchio 4:3. I menu sono più rapidi, i tempi di caricamento ridotti, e l’interazione in generale appare più scattante, con uno zoom della telecamera più dinamico e una selezione delle unità più precisa.

Il supporto ai sistemi moderni è finalmente privo di frizioni: niente più file di configurazione da modificare o incompatibilità frustranti. Inoltre, la Definitive Edition di questo Warhammer include un gestore di mod integrato, pensato per agevolare la comunità che da sempre mantiene vivo Dawn of War. Le prestazioni, infine, sono solide: il gioco gira senza difficoltà anche su macchine di fascia media, sfrutta pienamente l’hardware contemporaneo e garantisce fluidità costante, certo qualche freeze e rallentamento abbiamo notato ma tutto sommato si mantiene bene .
Sul piano sonoro, invece, i miglioramenti sono pressoché assenti. Gli effetti audio e la colonna sonora sono rimasti quelli originali, con il pregio di conservare l’identità del gioco, ma anche con il difetto di evidenziare il peso degli anni. La musica accompagna ancora efficacemente le battaglie, con quei toni epici e marziali che hanno reso celebre la colonna sonora, ma la qualità complessiva non è stata rinnovata né rimasterizzata in modo percepibile. Anche il doppiaggio, per quanto funzionale e in alcune lingue molto curato (incluso l’italiano), soffre di una certa rigidità, e la gestione sovrapposta dei dialoghi peggiora ulteriormente l’esperienza.