Bentrovato per un nuovo appuntamento con il nostro Showcase; il terzo da quando abbiamo lanciato la nuova serie o, se sei un amante della numerazione consecutiva come gli appassionati di fumetti, il 49esimo da quando abbiamo iniziato questa avventura.
Anche oggi analizzeremo 3 titoli, molto diversi tra di loro: Everdeep Aurora, un platform molto particolare,l’FPS fungino Mycopunk e il gestionale Zombie Cure Lab.
Con tanta carne al fuoco, in attesa della grigliata di ferragosto direi di entrare subito nel vivo delle recensioni senza troppi preamboli.
Everdeep Aurora (Steam)
Giocando con il titolo di Nautilius Games, mi è venuta più volte in mente un’espressione tipica del linguaggio britannico, resa famosa da un brano degli Europe (e un altro dei Testament) e da una serie a fumetti dei Transformers, ovvero more than meets the eye.
Come potrai facilmente intuire, se sei pratico della lingua della perfida Albione, con questa frase si intende descrivere qualcosa che ha una sostanza molto più complessa di quanto non appaia a prima vista; ed è proprio quello che succede con Everdeep Aurora.

Avviando la partita incontriamo la nostra protagonista, una gattina di nome Shell che si risveglia su una panchina dove si era addormentata, apparentemente in un mondo diverso, trovando un biglietto della madre che l’attende al solito posto. Uno dei problemi è che non sappiamo dove sia questo solito posto né tantomeno abbiamo ulteriori indizi su come procedere. Il primo abitante che incontreremo sarà una simpatica rana che ci fornirà una indispensabile trivella per scendere nei meandri del mondo di gioco e ci offrirà il suo aiuto ogni qualvolta ne avremo bisogno.
In definitiva, Everdeep Aurora sembra un platform molto semplice che ci vede scavare sempre più in profondità alla ricerca della madre di Shell e del loro solito posto; tuttavia, guardando oltre i primi minuti di gioco troveremo un gameplay che ci invita alla sperimentazione e all’esplorazione, il tutto mantenendo comunque un gameplay semplice.
I movimenti a nostra disposizione sono infatti limitati al camminare, saltare e scavare; inutile dire come scavare sia l’azione principe del gioco, senza la quale non potremo avanzare sulla mappa o nel gioco. La trivella, da usare con la giusta parsimonia per non scaricarla del tutto prima di trovare una postazione di ricarica, va utilizzata per liberare la strada intorno a noi, incontrare i vari NPCe svelare occasionalmente segreti e puzzle nascosti lungo la mappa.
L’ambiente di Everdeep Aurora è probabilmente l’elemento più interessante dell’intero gioco; pur non essendo particolarmente ampio, è ricco di elementi ed eventi e l’unico dubbio nell’attraversarlo è se stiamo procedendo correttamente visto che saremo costantemente al buio in senso metaforico e fisico.
La progressione è necessariemente verticale, anche se ci capiterà spesso di tornare sui nostri passi (o di deviare) per soddisfare la nostra curiosità o cercare la retta via; spesso sono gli stessi NPC ad incoraggiarci ad esplorare, affidandoci i compiti più disparati. I blocchi distrutti, infine, si ricostituiscono nel momento in cui lasceremo la schermata, impedendoci di rimanere bloccati perchè abbiamo inavvertitamente distrutto il percorso.
Come spesso avviene per questo tipo di titoli, gli spagnoli di Nautilius hanno optato per una grafica minimale in pixel art, che ha comunque un proprio stile e trasuda carattere. Anche la colonna sonora è adeguata all’azione su schermo.
Games Showcase #49, le pagelle di Everdeep Aurora
Pur essendo un titolo apparentemente semplice, Everdeep Aurora prova a fornire ai giocatori un’esperienza, un viaggio quanto più possibile diverso dal solito. Ogni salto, percorso e NPC ha uno scopo ben preciso, che porta da qualche parte e costituisce un ponte tra la varia “umanità” che popola questo strano mondo. Non è nemmeno un titolo particolarmente semplice da affrontare, ma se giocato con il giusto spirito può dare vita ad un’esperienza interessante.
PRO
- Titolo molto particolare
CONTRO
- Spesso si procede alla cieca
VOTI
Profondità – 7.5
Gameplay – 6
Grafica – 6
Sonoro – 6
Complessivo – 7.5
MycoPunk (Steam)
Uno dei generi più inflazionati di recente è quello degli FPS, che viene quindi ripreso da numerosi sviluppatori indipendenti.
MycoPunk, nello specifico, è uno di quei giochi che partendo dai grandi classici del genere come Blade Runner o Neuromante, prende l’estetica cyberpunk, la contamina con funghi mutanti, ribellione biologica e ambientazioni post-ecologiche, e la trasforma in qualcosa di disturbante e affascinante al tempo stesso.
Sviluppato da un piccolo team di creativi (probabilmente sotto l’effetto di qualche funghetto buono), MycoPunk è un’avventura con elementi di survival e crafting, immersa in un mondo che sembra uscito da un incubo psico-botanico.
Trattandosi di un mondo post apocalittico di qualche tipo, qualsiasi ambientazione luminosa è bannata; MycoPunk è ambientato in una città dove la vegetazione fungina ha colonizzato ogni cosa; per cui dovremo avanzare tra grattacieli ricoperti di muffe, strade intasate da colonie fungine, neon che filtrano a malapena attraverso le spore sospese nell’aria. La civiltà non è crollata del tutto ma è mutata, degenerata; in definita si è corrotta come in The Last of Us.
Diversamente da quanto si potrebbe pensare, il mondo di gioco non è esplorabile in open world, ma tramite hub interconnessi, ciascuno con le sue micronarrazioni, NPC bizzarri e mutazioni da osservare (o temere). Le scelte che il giocatore compie possono influenzare lo stato dei distretti e le reazioni dei personaggi.
Il cuore pulsante di MycoPunk è la sua narrazione frammentata e visionaria. Purtroppo, cosa che non amo particolarmente, non tutto viene spiegato: molte informazioni arrivano da graffiti, sogni, dialoghi criptici e documenti deteriorati. Ci si muove in un ecosistema narrativo dove ogni elemento è potenzialmente un indizio o un’allucinazione, lasciandoci sempre nel dubbio de quello a cui assistiamo è realtà o meno.
Per quanto riguarda il gameplay abbiamo una miscela di generi, che trova il suo punto forte nell’equilibrio tra esplorazione, dialogo, gestione delle risorse e crafting biologico. Il giocatore impersona un corriere micotico che cerca di sopravvivere tra fazioni in guerra, coltivazioni psicotrope e impianti biomeccanici ormai corrosi; sopravvivenza che ruota intorno alla raccolta di funghi mutanti, alla possibilità di compiere scelte in grado di influenzare la trama, installare impianti in grado di potenziarci e craftare armi.
La difficoltà in sé non è brutale ma la gestione della contaminazione e delle risorse aggiunge un costante senso di tensione pur non avendo un gameplay rivoluzionario, calato però in un contesto innovativo.
MycoPunk ha uno stile particolare disegnato a mano, con pixel art animata su livelli multipli, ambienti oscuri e invasi da effetti organici. Gli sprite sono ricchi di dettagli ma spesso distorti o parzialmente mangiati da muffe e spore animate; l’effetto complessivo è piacevole.
Il comparto audio è molto buono;tra musiche ambient profonde a momenti glitch e industriali. Alcuni suoni sono campionati da processi biologici reali (come la crescita accelerata dei funghi o la fermentazione di colture batteriche) e usati come sottofondo costante, creando un’atmosfera tesa ma coinvolgente.
Games Showcase #49, le pagelle di MycoPunk
MycoPunk è un gioco per chi cerca qualcosa di davvero diverso. Non è il classico gioco cyberpunk, un semplice survival o walking sim narrativo ma un un’esperienza che mescola generi, sensazioni e influenze, costruendo un mondo in cui l’organico ha divorato il sintetico, e la coscienza stessa del giocatore viene messa alla prova.
Perfetto per chi ha amato Scorn, Hyper Light Drifter, Disco Elysium o le atmosfere de La Cosa e The Last of Us, ma con un’anima tutta sua, marcia e poetica.
PRO
- Ambientazione originale e immersiva
- Sistema di crafting e potenziamenti biologici ben integrato
- Narrativa non convenzionale
CONTRO
- Trama a tratti criptica e poco chiara
- Sistema di combattimento un po’ rigido nei movimenti
VOTI
Spore – 7
Gameplay – 6
Grafica – 6
Sonoro – 6.5
Complessivo – 6.5
Zombie Cure Lab (Steam)
Nel panorama ormai affollato dei giochi a tema zombie, Zombie Cure Lab porta una ventata d’aria fresca. L’idea alla base è tanto semplice quanto originale: stavolta non vanno uccisi zombie, ma curati. Non vestiremo i panni dell’eroe armato fino ai denti, ma quelli di un team di scienziati e sopravvissuti che, in un mondo devastato, cerca di ripristinare l’umanità un non morto alla volta.

Il gameplay è un mix riuscito di gestionale, survival e city builder: si inizia con una base modesta e poche risorse, il nostro compito è far crescere un centro di ricerca e recupero costruendo strutture, coltivando cibo, generando energia e gestendo i bisogni di ogni singolo membro del team.
Durante il giorno si espande la colonia, si raccolgono risorse e si curano i “pazienti”, mentre la notte bisogna difendersi dagli attacchi zombie, in uno scenario sempre più difficile. Come avrai inutito, anziché eliminare gli zombie, il vero scopo è catturarli per avviare il processo di cura.
Una delle trovate più interessanti del gioco è la trasformazione degli zombie in humbies, ovvero ibridi parzialmente curati, ancora visivamente zombie ma in grado di lavorare nella colonia. Gli humbies portano manodopera extra e capacità potenziate ma sono anche instabili: vanno nutriti, gestiti emotivamente, e possono creare problemi se trascurati. Un po’ dei tamagotchi zombie
Questo sistema introduce una gestione del rischio molto interessante: più humbies hai, più risorse puoi produrre ma cresce anche la difficoltà di tenerli sotto controllo.
Al centro del gameplay troviamo il sistema di ricerca e progresso tecnologico. Attraverso l’accumulo di risorse e la cura degli humbies, puoi sbloccare nuovi edifici, tecnologie, trattamenti medici avanzati e miglioramenti generali alla colonia.
Ogni fase della ricerca porta la tua base un passo più vicina al vero obiettivo: una cura definitiva per l’umanità. È un loop gratificante e ben bilanciato che motiva il giocatore a continuare.
Zombie Cure Lab ha un’estetica cartoonesca e colorata, che ricorda certi gestionali da mobile o da browser, ma è sorprendentemente dettagliata per un gioco indie. Le animazioni sono semplici ma funzionali, e riescono a dare personalità anche agli humbies.
L’interfaccia è piuttosto intuitiva e offre tutti gli strumenti necessari per monitorare la colonia. Tuttavia, nelle fasi avanzate può diventare un po’ troppo affollata e necessiterebbe di qualche semplificazione o filtro.
Attualmente il gioco è ancora in fase di sviluppo, quindi alcune meccaniche sono ancora in evoluzione, ma la roadmap indicata dagli autori mostra aggiornamenti frequenti e obiettivi ambiziosi.
Games Showcase #49, le pagelle di Zombie Cure Lab
Zombie Cure Lab non è solo un gioco di zombie: è una riflessione creativa sulla scienza, sulla gestione delle risorse e sulla speranza. Con il suo approccio pacifico, il gioco stimola un tipo di strategia più riflessiva e originale rispetto ai classici titoli post-apocalittici.
Ha ancora margini di miglioramento, ma se gli sviluppatori continueranno con lo stesso impegno, potrebbe diventare un piccolo gioiello del genere.
PRO
- Idea originale e ben sviluppata
- Buona profondità gestionale
CONTRO
- IA dei personaggi da rifinire
- Interfaccia leggermente caotica
VOTI
Zombificazione – 6.5
Gameplay – 6
Grafica – 6
Sonoro – 6
Complessivo – 6.5