C’è un’attrazione quasi istintiva, per certi versi inspiegabile, che il Giappone continua ad esercitare sul nostro immaginario collettivo. Negli ultimi anni, questo fascino si è tradotto in un crescente interesse videoludico verso produzioni capaci di mostrarci non solo il volto ipermoderno e spigoloso delle metropoli alla Yakuza, ma anche, e forse soprattutto, quello più remoto, radicato nella tradizione e segnato da un passato spesso trascurato nei libri di storia occidentali. Il Giappone feudale, con i suoi codici d’onore, le lotte dinastiche, le guerre intestine e la spiritualità che permeava ogni gesto quotidiano, è diventato un terreno fertile per racconti interattivi dal sapore epico.
In questo solco si inserisce Sengoku Dynasty, titolo che, più che rincorrere la spettacolarità a tutti i costi, tenta qualcosa di più ambizioso: restituire al giocatore una visione ampia e stratificata di un’epoca chiave per la definizione dell’identità giapponese. Parliamo del periodo Sengoku, una fase di profonda instabilità politica e sociale, dove il potere degli shogunati si sgretolava sotto il peso delle rivolte, e le province si laceravano in una guerra civile protrattasi per decenni.
Ed è proprio qui, in mezzo al caos e all’incertezza, che Sengoku Dynasty prende vita, fondendo elementi da sandbox, survival e life simulator in un unico ecosistema interattivo. Un’esperienza che, almeno sulla carta, sembra voler restituire il sapore crudo e autentico di una quotidianità fatta di sopravvivenza, cooperazione, costruzione e, naturalmente, aspirazione al potere. Lo scopriremo in questa recensione per la console di Sony PlayStation 5, vediamo come si comporta il titolo in questa versione console.

Sengoku Dynasty – Un Villaggio da Costruire nel Giappone Feudale
Sengoku Dynasty , la nuova produzione firmata Superkami in collaborazione con Toplitz Productions, tenta una strada che, a conti fatti, potremmo definire piuttosto ambiziosa e non esattamente consueta nel panorama attuale: quella di fondere in un unico impianto ludico elementi derivati dalla simulazione gestionale, dalla sopravvivenza pura, dal crafting più metodico e da una componente ruolistica piuttosto sfaccettata, il tutto all’interno di un’ambientazione storica densa di suggestioni come quella del Giappone feudale. Nonostante il mix possa apparire inizialmente disomogeneo o potenzialmente sbilanciato, il titolo riesce, almeno nelle sue prime ore, a dare una certa coerenza a queste componenti, mantenendo sempre viva una sottile traccia narrativa che, pur non rubando la scena, accompagna con discrezione l’intero svolgersi dell’esperienza.
Dopo una sequenza introduttiva ben realizzata sotto il profilo visivo e discretamente doppiata, Sengoku Dynasty propone subito una scelta tra cinque diversi livelli di difficoltà, che spaziano dalla modalità facile fino all’hardcore, passando per una opzione personalizzabile, prima di passare all’editor del personaggio, una delle poche fasi che lascia un po’ l’amaro in bocca: le opzioni disponibili risultano piuttosto limitate, tra set predefiniti di volti e la classica selezione del genere, senza offrire reali possibilità di definizione dettagliata del proprio avatar.
Una volta terminata la personalizzazione e scelto il nome, si viene catapultati all’interno di una porzione di mappa descritta come “regno contadino”, un’area rurale e apparentemente isolata, dove il nostro personaggio riemerge dopo un naufragio, mentre la compagna di viaggio Ako, elemento narrativo che fungerà da guida iniziale – viene data per dispersa in un’altra zona.

L’introduzione di Sengoku Dynasty vera e propria si sviluppa attraverso una sequenza che, di fatto, coincide con il tutorial: la costruzione di un primo campo base, utile a fornire i fondamenti delle dinamiche principali, diventa il punto di partenza per un’avventura che ci mette nei panni non solo di un sopravvissuto, ma di un futuro capo villaggio, responsabile della crescita di un insediamento e dell’accoglienza di rifugiati in cerca di stabilità e protezione. Il fulcro del gameplay si appoggia su meccaniche survival piuttosto riconoscibili: raccolta di risorse ambientali, creazione di strumenti da lavoro, costruzione di edifici funzionali e gestione dei bisogni primari del protagonista, come fame, salute e affaticamento.
Tutto questo, però, viene reso in modo equilibrato e mai eccessivamente gravoso, soprattutto nella modalità normale, dove l’accesso a cibo, acqua e materiali basilari è sufficientemente agevole, e le numerose missioni secondarie disseminate nella mappa offrono un accompagnamento graduale e ben dosato alla progressione del giocatore. Il gioco presenta anche quattro modalità di telecamera, tra cui quella in prima persona e le altre in terza allontanando sempre di più la camera cercando ampliare la visuale attorno a noi, utile per la costruzione.
Uno degli aspetti di Sengoku Dynasty che colpisce positivamente è il sistema di costruzione, che si rivela ampio, vario e sorprendentemente rifinito sotto il profilo estetico: le strutture, che spaziano da semplici rifugi a edifici complessi, non solo differiscono per forma e dimensioni, ma presentano layout distinti e consentono una personalizzazione piuttosto libera, capace di influenzare concretamente lo stile del villaggio.

Il ciclo produttivo in Sengoku Dynasty si evolve in maniera lineare ma appagante: si parte con la costruzione di elementi essenziali come capanne e pozzi, per poi espandersi verso magazzini, strutture artigianali e aree di culto, delegando progressivamente ruoli e compiti ai nuovi abitanti che si uniranno alla comunità. Questo sviluppo progressivo, scandito dal ritmo naturale delle azioni quotidiane, genera un senso di crescita organico e piacevolmente immersivo.
Certo, col passare delle ore e una volta superato l’entusiasmo iniziale legato alla scoperta delle meccaniche e alla costruzione dei primi edifici, Sengoku Dynasty tende, in alcuni casi, a rallentare sensibilmente nel ritmo, dando l’impressione, soprattutto per chi affronta l’esperienza in solitaria, di entrare in una fase piuttosto ripetitiva. La ciclicità delle azioni, per quanto ben integrate nel contesto survival, può iniziare a pesare quando ci si ritrova a gestire da soli ogni singolo aspetto del villaggio, dalla raccolta di materiali alla pianificazione degli edifici, senza qualcuno con cui condividere la fatica e il piacere della costruzione.
Non solo costruzione e sopravvivenza
Ed è proprio in questo contesto che entra la modalità cooperativa di Sengoku Dynasty , che rappresenta una delle aggiunte più riuscite e sensate dell’intero pacchetto. La possibilità di affrontare l’avventura fianco a fianco con un amico cambia radicalmente la percezione dell’esperienza: collaborare alla costruzione, spartirsi i compiti, esplorare insieme le zone più pericolose o semplicemente lavorare fianco a fianco per migliorare il proprio insediamento restituisce un senso di coesione e coinvolgimento che, da soli, tende inevitabilmente a disperdersi. Il multigiocatore non solo allunga sensibilmente la longevità complessiva e poi al lancio del gioco su console, ci sarà anche il cross-play, per poter giocare con altre piattaforme.
La componente narrativa, pur non occupando il centro della scena, si fa sentire attraverso un buon numero di dialoghi e interazioni con gli NPC sparsi nella mappa. Questi ultimi non sono doppiati integralmente, ma offrono comunque espressioni vocali giapponesi che contribuiscono a rafforzare l’atmosfera e a rendere l’ambientazione più credibile, anche se talvolta il tono delle voci può risultare slegato dal contenuto testuale. Il mondo di gioco di Sengoku Dynasty piuttosto vasto e ricco di varietà, propone una struttura orizzontale che spinge all’esplorazione: mercanti, villaggi alleati, accampamenti nemici e punti d’interesse sono distribuiti con logica e invogliano a muoversi costantemente, lasciando sempre la sensazione che ci sia qualcosa di nuovo dietro l’angolo.

Il sistema di combattimento di Sengoku Dynasty , per contro, si presenta in forma abbastanza basilare e funzionale, privo di meccaniche troppo elaborate: si alternano colpi leggeri e pesanti, si può schivare, bloccare e tenere sotto controllo la stamina. Le sensazioni pad alla mano risultano discrete ma non memorabili, complice un feedback visivo e sonoro non troppo incisivo e un’intelligenza artificiale nemica che, nella maggior parte dei casi, tende a reagire con lentezza, lasciando ampio margine di manovra. Spesso, infatti, basta allontanarsi di poco per interrompere lo scontro o colpire a distanza per evitare del tutto il corpo a corpo.
A completare il quadro c’è un albero delle abilità piuttosto articolato, che consente di specializzare il proprio personaggio in diversi ambiti: dalla costruzione alla gestione spirituale del villaggio, passando per il combattimento e altre diramazioni legate al progresso della comunità. È un sistema pensato per adattarsi a stili di gioco diversi e che, sebbene non stravolga le regole del genere, riesce comunque a offrire una buona flessibilità nelle scelte.
In definitiva, Sengoku Dynasty riesce a proporre un’esperienza articolata, densa di contenuti e con una progressione che, pur lenta e metodica, riesce a restituire un senso di appartenenza crescente, portando il giocatore a costruire, scoprire e difendere qualcosa che , col tempo , assume un valore quasi personale.

La Bellezza del Giappone – Tra immersione e problematiche
Da un punto di vista prettamente visivo, Sengoku Dynasty riesce a restituire un colpo d’occhio decisamente gradevole, che – pur senza ambire a vette estetiche straordinarie – sfrutta in modo intelligente l’ambientazione storica in cui si muove. L’immaginario del Giappone feudale, con i suoi paesaggi naturali intrisi di quiete e spiritualità, viene qui reso attraverso ambientazioni ricche di vegetazione, colori caldi, foreste dense, colline dolci e scorci che, seppur non sempre dettagliatissimi, riescono a evocare quella sensazione di armonia visiva che molti appassionati riconosceranno immediatamente. Non si tratta, chiaramente, di una produzione dal forte impatto scenico in stile Ghost of Tsushima, ma l’atmosfera complessiva riesce comunque ad affascinare, appoggiandosi a una direzione artistica sobria ma coerente.
Tecnicamente parlando, il comparto grafico di Sengoku Dynasty si mantiene su un livello dignitoso, anche su console di ultima generazione come PlayStation 5. Pur senza fare miracoli, il titolo si difende grazie a un uso misurato degli effetti di luce, una buona varietà di biomi e una costruzione degli ambienti che sa trasmettere quel senso di immersione tipico delle produzioni basate sull’esplorazione. Tuttavia, non mancano alcune fragilità: texture non sempre nitide, pop-in di elementi dello scenario, piccoli rallentamenti in alcune fasi più concitate e, in generale, una pulizia visiva non sempre impeccabile. Si tratta comunque di criticità che non vanno a compromettere in modo significativo la fruizione del gioco, ma che vanno segnalate, soprattutto in relazione a certi standard odierni.

Sul fronte delle performance generali, sono emersi alcuni bug legati a compenetrazioni tra oggetti, animazioni talvolta erratiche, NPC che si comportano in modo anomalo o che si incastrano in elementi dello scenario, e sporadici freeze. Nulla che renda il titolo ingiocabile o frustrante, ma abbastanza frequente da far notare come ci sia ancora del lavoro di ottimizzazione da completare. L’interfaccia utente, pur non brillando per originalità o eleganza, svolge il suo compito senza inutili complicazioni: i menu sono leggibili, le icone ben disposte e, soprattutto, non si rischia di perdersi tra schermate caotiche, come accade talvolta in giochi dello stesso genere.
Per quanto riguarda il comparto audio, ci si trova davanti a una colonna sonora che fa il suo dovere senza strafare: le musiche accompagnano le varie fasi del gioco in maniera discreta, con toni che si adattano bene all’ambientazione storica e che aiutano a creare un sottofondo coerente, senza diventare mai invadenti o troppo ripetitive. Gli effetti sonori – sia nella raccolta delle risorse, che nella costruzione o nei combattimenti – sono piuttosto essenziali, non particolarmente elaborati, ma comunque funzionali. Va segnalato, tuttavia, qualche episodio isolato in cui l’audio scompare per qualche secondo, specialmente durante transizioni o caricamenti ambientali, anche se si tratta di inconvenienti piuttosto rari.

Infine, sul piano della localizzazione, va sottolineata l’assenza totale della lingua italiana, sia nei testi che nei dialoghi. Sengoku Dynasty è interamente in inglese, e pur includendo una buona quantità di informazioni, spiegazioni e opzioni testuali, il livello linguistico utilizzato non è particolarmente ostico: chi possiede una comprensione basilare o intermedia della lingua può tranquillamente affrontare l’intera esperienza senza particolari difficoltà, anche se la mancanza di una localizzazione completa potrebbe frenare i giocatori meno avvezzi.