Negli anni sono usciti i più svariati tipi di survival horror: ci sono quelli nei quali si spara tanto, altri in cui siamo impotenti di fronte alla minaccia di turno e non possiamo fare altro che nasconderci, altri ancora che escono dalle dinamiche classiche del genere presentandosi come graphic novel e poi svelare di essere tutt’altro. E poi c’è Blood Typers, che cerca di riscrivere – letteralmente – le regole del survival horror. Il perché? Scopriamolo nella recensione!
Benvenuti sul set della morte
Blood Typers ci catapulta in un misterioso studio cinematografico abbandonato, i Corpus Studios, dove un gruppo di personaggi – attori, tecnici e comparse – si ritrova bloccato in una sequenza di set maledetti, dominati da presenze mostruose, trappole, e visioni distorte. A guidarli (o forse ingannarli) è una voce fuori campo, un regista invisibile che pare orchestrare ogni loro movimento.

Possiamo tranquillamente dire che la trama non è il punto forte del titolo, che presenta una narrazione volutamente frammentaria: ogni “scena” di gioco rappresenta un set tematico (es. il manicomio, il teatro infestato, il laboratorio sci-fi), e i dialoghi – rigorosamente doppiati – si sviluppano tramite registrazioni e battute reattive, tra tensione, ironia pulp e citazioni horror da B-movie anni ’90.
Come è scontato che sia, lo studio cinematografico è pieno zeppo di zombie, e il tutto è solamente una scusa per ucciderli tutti. Fino a qua sembrerebbe tutto molto normale, ma ecco che arriva il twist che rende Blood Typers unico (o quasi) nel suo genere.
Blood Typers: scrivi o muori
Qualcuno si ricorderà sicuramente l’era degli sparatutto su binari tanto di voga nelle sale arcade, dei quali Time Crisis ne era il massimo esponente. Ma un altro titolo ha sempre avuto un posto speciale nel cuore degli appassionati: The House of the Dead. Soprattutto il secondo capitolo, che ebbe un discreto successo e che perciò Sega volle riproporre in una versione casalinga completamente fuori di testa: The Typing of the Dead. Questa versione del gioco eliminava dall’equazione la pistola con la quale sparavamo contro il nostro crt e la rimpiazzava con la tastiera.

Ebbene sì, per uccidere gli zombie che affollavano il nostro monitor dovevamo digitare il più velocemente possibile le parole che apparivano su schermo. In Blood Typers faremo la stessa identica cosa, ma non solo per sparare, ogni altra azione all’interno del gioco avrà bisogno di un input dalla nostra tastiera per essere eseguita. Perciò, immaginatevi un Resident Evil, (quello originale per PS1) ma con decine di parole sparse per la mappa di gioco: digitandole ci avvicineremo nella loro direzione, oppure potremo interagire con gli oggetti sparsi per i vari livelli.

Fino a qua tutto molto intuitivo e semplice, ma la parte difficile arriverà quando verremo assaliti da decine di cadaveri ambulanti e l’orrore scaturisce proprio da queste sezioni. Più saremo spaventati e agitati durante gli scontri e più sarà difficile riuscire a digitare le giuste parole per affrontare gli zombie, creando un circolo vizioso sul quale l’intero gioco si basa. Non mancano però momenti di frustrazione, durante i quali tutta la tensione verrà messa in secondo piano da sequenze di trial and error non molto divertenti da affrontare.

Blood Typers non può considerarsi un survival horror senza gli immancabili puzzle ambientali e la gestione dell’inventario. Ovviamente anche in questo caso si fa tutto con la tastiera, persino combinare gli oggetti richiederà di dover unire due nomi digitandoli, e se pensate che il gioco metterà in pausa quando apriremo l’inventario, beh, vi sbagliate di grosso.
Breve nota di chiusura, Blood Typers ha una modalità multiplayer, ogni livello può essere giocato in compagnia di amici ed è qua che il titolo dà il meglio di sé dal punto di vista dell’intrattenimento: il senso di terrore scompare quasi completamente, ma lascia lo spazio al caos più totale e dà vita a momenti esilaranti che porteranno, quasi sicuramente, alla morte vostra e dei vostri compagni.
Nostalgia portami via
Come è di moda in molte delle produzioni che hanno visto la luce negli ultimi anni, anche Blood Typers non lesina nello sfruttare il fattore nostalgia per dare vita al proprio mondo. Il titolo abbraccia un’estetica low-poly che ricorda molto quella della PlayStation 1 (con un po’ di cell shading), condendo il tutto con animazioni legnose che però rafforzano l’effetto b-movie che permea l’intera opera. Anche gli intermezzi in 4:3 sono un’aggiunta ben gradita, un vero e proprio salto nel passato che non può che essere apprezzato dai gamers degli anni ’90.

Nonostante il comparto audio non sia molto variegato il tutto è pur sempre ben confezionato, con effetti sonori di qualità e una colonna musicale minimale che riesce nel proprio intento, ossia creare suspense e terrore nei momenti opportuni.