Se avessi dovuto indicare un titolo di cui non mi aspettavo assolutamente il ritorno, meno che meno a 26 anni di distanza dall’ultimo capitolo inedito, quasi sicuramente il primo gioco a venirmi in mente sarebbe stato Fatal Fury.
Infatti, l’ultimo capitolo del celebre picchiaduro di SNK risale al lontanissimo 1999 ed era uscito per la mai troppo rimpianta Dreamcast; approfittando della nostalgia che da anni imperversa nel mondo del gaming, il celebre produttore nipponico ha ben pensato di tirare a lucido una delle sue serie più famose e riproporla, consci anche del fatto che per milioni di giocatori potrebbe trattarsi anche del primo Fatal Fury con cui giocare.
Per questo nuovo debutto, in SNK hanno fatto le cose in grande, pubblicizzando il lancio persino durante il match di apertura di Wrestlemania 41: infatti l’ingresso di Jey Uso (destinato qualche minuto più tardi a diventare il nuovo campione dei pesi massimi) è stato anticipato dall’apparizione del dj serbo Salvatore Ganacci che peraltro è uno dei personaggi presenti nel gioco.
A chi, come il sottoscritto, ha un lungo curriculum videoludico e conosce la serie, posso dire che non è un sogno o un illusione: City of Wolves è un Fatal Fury a tutti gli effetti ed in quanto tale ne cattura appieno l’essenza. Nei fatti, non c’è quasi nessuno stacco rispetto a Mark of the Wolves, uno dei migliori picchiaduro 2D di sempre, nonchè predecessore di questo nuovo capitolo.
Terry Bogard, Mai Shiranui… ma anche CR7
Trattandosi di un picchiaduro, City of Wolves non ha una vera e propria trama; tuttavia i vari personaggi godono di una breve storyline all’interno di una delle modalità principali (se non la principale), ovvero Episode of South Town.
In questa modalità ci troveremo ad affrontare avversari di livello sempre maggiore, spostandoci all’interno di una mappa e al tempo stesso costruendo il nostro personaggio, con un tocco GDR che per quanto faccia strano trovare in un picchiaduro non guasta.
Come detto, ogni personaggio ha una sua storia, ma non aspettarti grandi approfondimenti o effetti speciali: è possibile notare come oltre alla fedeltà alle proprie radici di gioco essenziale, City of Wolves non goda di un grandissimo budget, per cui la storia si dipana quasi tutta sotto forma di fumetti da leggere sulla mappa e qualche video.

Le storyline sono comunque un interessante diversivo e sono coerenti con i personaggi: ad esempio Terry Bogard porterà avanti le sue solite indagini mentre Salvatore Ganacci dovrà organizzare un concerto, ma non ci spingiamo troppo oltre dato che si tratta di un pretesto per menare le mani.
Le altre modalità di gioco disponibili sono divise tra offline e online: la brutta notizia è che l’online è veramente pessimo, quella buona invece riguarda il comparto offline, ma ci arriveremo.
Online avremmo teoricamente la possibilità di giocare un gran numero di partite, tra casuali, classificate, all’interno di una stanza ecc; il problema è che l’online sembra essere davvero poco curato con i server che non reggono, l’impossibilità di trovare un avversario facilmente (nonostante il crossplay) ed in generale spesso si soffre di fastidiosi lag.

Offline, modalità sempre preferibile, specie con un amico accanto da ricoprire di insulti alla bisogna, abbiamo la modalità Arcade che ci restituisce un’esperienza originale da sala giochi, un pratico allenamento completo per affinare le nostre mosse ed infine il classico versus per sfidare il già citato amico o la IA.
Completano il tutto un editor di colori per i personaggi, il jukebox per riascoltare le tracce audio e un completo menu per le impostazioni.
Per quanto riguarda il roster, troviamo tutti i personaggi già visti nei titoli precedenti: Terry, Marco, Mai e tutti gli altri sono presenti ed in più, come già detto (inizialmente solo per la modalità South Town) abbiamo anche due special guest di riguardo nei panni di Salvatore Ganacci e nientemeno che Cristiano Ronaldo.
Gameplay di Fatal Fury
Trattandosi di un picchiaduro, è il gameplay a fare la parte del leone: in questo caso la base, solidissima, è quella dei capitoli precedenti . Anche qui torna la meccanica Just Defend, che ci incentiva a effettuare le nostre parate con tempismo perfetto così da recuperare in maniera più veloce; considerato che la ricompensa in termini di combattimento è molto elevata, si tratta di una meccanica da studiare in maniera approfondita. Una delle aggiunte più interessanti, è quella del cosiddetto Rev Meter, ovvero una barra da riempire tramite attacchi, parate, contrattacchi per accumulare un potere particolare da liberare in modi diversi a seconda del personaggio utilizzato era attacchi devastanti.

A nostra disposizione anche un indicatore S. P. G. che ci consente di stabilire quando utilizzare un certo tipo di potere, in base alla nostra barra della salute: possiamo scegliere se impostarlo all’inizio a metà o alla fine della barra della vita, aggiungendo anche un pizzico di strategia agli scontri. Ma Fatal Fury, come da tradizione, è pieno di altre meccaniche: se colpiremo un avversario dopo che avrà fallito il suo attacco diventerà vulnerabile per un certo periodo di tempo oppure potremmo utilizzare la guardia per sviluppare i nostri attacchi. Se per un neofita può sembrare tanta carne al fuoco, un gameplay incredibilmente tecnico è sempre stato alla base di Fatal Fury e anche City of the Wolves non fa eccezione. Per fortuna la modalità allenamento ci aiuta a padroneggiare tutte le tecniche disponibili.

In ogni caso i giocatori alle prime armi è presente uno schema di comandi semplificato, che ci consente di combattere utilizzando meno combinazioni di tasti. L’aspetto negativo di utilizzare questo sistema semplificato è che alcune mosse come le finte , non saranno disponibili. Ne consegue che nonostante lo sforzo sia apprezzabile, i giocatori che sceglieranno questo schema di comandi, non proveranno la vera esperienza di gioco di un Fatal Fury.
Segnali di stile: grafica e comparto audio
Nonostante sia chiaro come non siamo in presenza di un titolo con un budget faraonico, SNK ha fatto un ottimo lavoro sia per quanto riguarda il comparto sonoro che per quello visivo. Tanto gli ambienti quando i lottatori non sono più in un puro 2D ma in un 2,5 D che rende bene lo spirito della serie. Le animazioni in così in combattimento che dopo sono ben realizzate e il feeling della serie come già detto, è presente anche qui si sarebbe potuto fare qualcosa di meglio nella modalità South city, magari consentendoci di girare la città o con qualche schermata più sviluppata rispetto a dei semplici fumetti, ma visto il genere del gioco va bene così. Anche il sonoro è stato curato in maniera egregia, per quanto riguarda le musiche con l’intervento dello stesso Ganacci. In definitiva, specialmente per i giocatori appassionati della serie, siamo davanti ad un prodotto completo.
