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Le tante anime della stazione di polizia di Resident Evil 2

Emanuele Ribaudo 6 anni fa 2 commenti 10
 

E’ possibile che un edificio si infesti da solo? A giudicare dal remake di Resident Evil 2 si direbbe di si.

Vagando per la stazione del RPD totalmente ricostruita, pur mantenendo l’originale stravaganza, mi è parso a tratti che le incarnazioni passate della struttura si sforzassero di ritornare alla luce. E non parlo soltanto del suo impiego originario come museo, una soluzione raffazzonata messa in piedi dallo scrittore Noboru Sugimura per giustificare i busti e le statue di marmo, gli stemmi su porte e chiavi e i dipinti che affiancavano gli armadietti per le armi e le montagne di carta dopo il fallimento di quello che sarebbe passato alla storia come Resident Evil 1.5; mi riferisco anche a tutto il male che ha risieduto nella stazione dall’uscita del gioco su PlayStation nel 1998.

La lobby d’ingresso, assurdamente barocca e sovradimensionata, ha onorato della sua presenza non meno di 5 giochi; da Resident Evil 3 al bistrattato Operation Raccoon City, passando per la miniserie multigiocatore Outbreak, tutti orbitanti intorno allo stesso momento nella cronologia della serie.

Se provi a googlare “Stazione di Polizia di Raccoon City” o meglio ancora il corrispettivo in lingua inglese, l’algoritmo ti mostrerà un miscuglio di interni presi di vari titoli, l’atmosfera militare dell’abbandonato Resident Evil 1.5 legata a Resident Evil 3 che riarrangia le 24 ore precedenti agli eventi narrati in Resident Evil 2.

Tutto questo ci fa rendere conto come ci siano più stazioni anche all’interno dello stesso Resident Evil 2; tanto nel gioco del 1998 quanto nel remake, la caratteristica più ambiziosa è quella dello zapping, per dirla con Hideki Kamiya, in cui le meccaniche della storia portano entrambi i protagonisti ad interagire parallelamente con gli stessi ambienti ma in presenza di differenti nemici e oggetti.

Stazione di Polizia 1998
Tutto ebbe inizio qui: la stazione di polizia per come appariva nell’originale Resident Evil 2

Approcciando il remake da veterano della serie, puoi quasi sentire le tante versioni della stazione aleggiarti intorno alle caviglie come ectoplasmi, che affondando le dita tra i capelli di Leon. Una delle qualità più importanti del gioco, lasciando da parte qualunque spoiler, è che continua a farti chiedere dove si collega al retaggio della serie  e come invece se ne distacca.

Questo naturalmente crea dei problemi pratici ai giocatori di vecchia data, che personalmente ritengo aggiungano un po’ di pepe al gameplay del remake: la tua conoscenza degli ambienti precedenti può essere usata dai programmatori contro di te; la nuova abilità dei Licker di attaccare attraverso mura e soffitti può diventare preoccupante, consentendogli di sfruttare l’abbondanza di angoli bui creati dalla combinazione tra telecamera sulla spalla e torcia. Il problema principale è che il Licker non si arrende quando lo lasci indietro, a tale scopo il tuo migliore amico per gli incontri ravvicinati è il solito fucile a pompa.

Ciò detto, c’è qualcosa nel processo di rivisitazione di questo spazio già ampiamente rivisto che evoca il concetto freudiano di perturbante o “unheimlich” ovvero di ciò che spaventa perchè è percepito come familiare ed estraneo allo stesso tempo; è interessante cercare tracce della vecchia stazione di polizia nel remake dove i puzzle sono stati rielaborati, le stanze mutilate e spostate che creano una sensazione di disorientamento e disagio, mentre annaspiamo davanti a qualcosa di indefinito e represso, quasi nascosto.

Stazione di Polizia 2019
Oggi invece tutto appare così: familiare ma al tempo stesso diverso

Mettendo piede nell’area di accoglienza, mi muovo automaticamente per evitare un monumento ai caduti che i programmatori hanno già eliminato; proseguendo verso il retro della lobby mi rendo conto che non c’è più una scala d’emergenza che porti al piano superiore, ora raggiungibile dallo scalone principale. Insomma sono perseguitato dallo spettro di ciò che era, che luccica al di sotto della superfice come i circuiti scoperti dalla pistola hacker di Ada Wong.

La stazione di polizia è, come sempre del resto, un tentativo di nascondere un’altra struttura al proprio interno: l’ingresso ai laboratori di armi  biologiche. La disposizione spaziale dell’edificio e i suoi decori hanno un’esplicita risonanza psicologia nel modo in cui rispecchiano la mentalità del capo del dipartimento Brian Irons, che è responsabile (lo scopriamo da alcuni documenti dietro le quinte) di molti degli strani artefatti in cui ci imbattiamo nell’esplorazione.

Tutta la struttura è contraddistinta da sculture neoclassiche: una parata di figure pulite, simmetriche quasi mitologiche di marmo bianco ed immacolato; un netto contrasto con i corpi impuri e putrescenti che vagano trascinandosi per le stanze del RPD. Un contrasto sottolineato dalla sensazione di raccapriccio causata dai puzzle originali, molti dei quali raffigurano atti di carneficina o chirurgia.

Ci sono gemme chiamate “cuori di vergine” da inserire nel petto di fanciulle di pietra o teste da spingere dentro pannelli: se l’estetica dei puzzle venera la forma umana, l’atto di risolverli rivela la carne per la carne, nient’altro che una somma di parti da rimontare a piacimento.

Tristemente, il remake si rimangia queste considerazioni: con tanti anni di franchise alle spalle, preferisce sfuggire le metafore e trovare logiche empiriche ai voli pindarici del gioco del 1998. Il puzzle con gli scacchi, ad esempio, ha ora una spiegazione all’interno del gioco ed è per certi versi divertente.

Il remake, in ogni caso, accresce un’altra qualità dei puzzle originali: la sensazione che gli stemmi sulle porte, le statue e le gemme siano tutti insieme parte di un unico, grande rituale.

Uno degli enigmi delle statue del gioco originale faceva riferimento al resuscitare un “Tyranos”, probabilmente un errore di trascrizione del greco tyrannos, che in inglese si traduce Tyrant; vale a dire il nome in codice dellla creatura Umbrella più malvagia, meglio noto come Mr X.

Risolvendo questo puzzle si ha il brivido dato non solo dal liberare la strada verso il laboratorio, ma anche quello dettato dalla consapevolezza di evocarne le sue creature sulla superficie. Pur senza anticipare nulla, ti dico solo che il remake riprende questo concetto concentrando molto del puzzle nella lobby.

Questo rende da un lato il backtracking da effettuare per recuperare i pezzi del puzzle più scorrevole, avvicinandosi al tempo stesso al gameplay di giochi più recent; dall’altro lato crea la vaga sensazione di stare costruendo una qualche sorta di centrifuga occulta, letteralmente pezzo dopo pezzo.

Dea Dipartimento RDP
Pur essendo l’ultima dea, purtroppo non è la Speranza

Ciò che rende la pluri reincarnata stazione di polizia di Resident Evil 2 inquietante riflette qualcosa di fondamentale sugli edifici in generale, per lo più destinati a sopravvivere ai loro creatori (Sugimura è morto nel 2005) e ad assumere nuove dimensioni nelle mani di altri.

Secondo Eraclito non potrai mettere piede due volte nello stesso fiume, Panta Rhei, tutto scorre: questo sembra valere anche per i luoghi in cui lavoriamo e viviamo, tutti soggetti a diverse necessità anno dopo anno, svuotati e modificati dagli occupanti successivi.

Ogni edificio può essere davvero un po’ spettrale; per fare un esempio famoso, il Tate di Londra una volta era una centrale elettrica e ci sono dei momenti, in modo particolare quando si varca l’enorme hall di ingresso, in cui potresti quasi udire il fracasso delle enormi turbine ora assenti.

Forse un po’ tutti i remake appaiono un po’ spettrali, a seconda di quello che gli viene immesso. Molto della stazione di polizia di Resident Evil è stato reinventato da gioco a gioco, quindi la nostra conoscenza degli ambienti originali è mutata laddove sono subentrate nuove dinamiche di gioco.

C’è una stazione che appartiene alle mie partite giovanili ed è costituita da una serie di punti ciechi rispetto ai quali sono sempre in svantaggio, con meno proiettili a disposizione di quanti ne servano per abbattere uno zombie. Ma c’è anche una stazione che conosco per averla vista nelle speedrun di Youtube, in cui le munizioni vengono in massima parte ignorate e gli zombie dribblati come fossero coni in mezzo al traffico.

Il remake di Capcom, in definitiva aggiunge un altro, nuovo livello di conoscenza ad un edificio che ha attraversato molti artwork  ed ere videoludiche.

Lontano dall’essere un mero aggiornamento stilistico della stazione, che rende quelli precedenti obsoleti, si tratta di una nuova e diversa occasione per immaginare un posto incredibile, entrato nel cuore degli appassionati.

 

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2 commenti 2 commenti
  • Sara Graci ha detto:
    31 Gennaio 2019 alle 20:53

    Assolutamente vero, inquietanti gli ambienti… a pensarci non lo diresti mai: stazione di polizia posto inquietante… invece quei geniacci di Capcom son riusciti nel loro intento nel farci letteralmente “paurare” sotto XD

    Rispondi
    • Emanuele Ribaudo ha detto:
      31 Gennaio 2019 alle 23:05

      Si, ci hanno fatto paurare abbastanza!!! XD

      Rispondi

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